di Roberta Folatti

Ci sono festival veri e "sofferti", frutto del lavoro duro di uno staff di persone che per mesi visiona film, contatta addetti ai lavori, cerca sponsor e luoghi della città fruibili (ed economicamente accessibili). E ce ne sono altri che hanno tutta l'aria di esser nati a tavolino, senza passione, come un business lucroso che di tutto si preoccupa tranne che del pubblico.
Esempio del primo tipo é il Milano Film Festival, che si svolge dal 16 al 24 settembre nel capoluogo lombardo. <L'undicesima del MFF è ancora una volta una risposta all'appiattimento che sentiamo generalizzarsi, una micro alternativa a mega schieramenti che in questa città vediamo rafforzarsi di anno in anno> scrivono quelli di Esterni, che con questa iniziativa coinvolgono soprattutto i giovani, sia tra i fruitori del Festival che tra gli artisti che presentano i loro lavori. Sono registi che arrivano dai posti più disparati come Brasile, Iran, Cile, Urugay, Australia, per un totale di cinquantun corti e sei lungometraggi in concorso, tutte opere prime. Poi c'è uno sguardo sul cinema indipendente americano, quello molto giovane e molto lontano dai circuiti più commerciali. Davvero degna di interesse anche la sezione "Colpe di stato" costituita da una serie di documentari che raccontano cosa si fa in nome della (presunta) democrazia.

Tra gli altri "Granito de arena" descrive la situazione degli insegnanti nella scuola pubblica messicana, che da vent'anni lottano per ripristinare giustizia sociale ed economica in quel settore, subendo brutali repressioni nel silenzio più assordante dei mass media mondiali. "Persons of interest" e "Outlawed" scavano nel groviglio di leggi che regolano l'immigrazione dopo l'11 settembre, riservandoci scoperte scomode e in qualche caso shoccanti. <La nostra urgenza di raccontare - spiegano gli organizzatori del MFF - nasce dalla consapevolezza che non si può stare in silenzio, fare finta che non succeda nulla fuori dal nostro metro quadrato di vita, far finta di credere che quello che ci dicono è quello che succede veramente. Perchè è necessario conoscere, sapere, capire, e non accontentarsi delle verità comode e addomesticate che ci arrivano ogni giorno dai media.>

All'interno della manifestazione milanese anche un omaggio a Cristian Nemescu, regista rumeno scomparso a soli 27 anni, lasciando una serie di intensi cortometraggi e il lungo "Marilena della P7", in concorso. Tutto questo circondato da occasioni di incontro, scambio, crescita, sia per gli addetti ai lavori che per il pubblico di appassionati.
Con tutti i limiti (anche economici) e le ingenuità di un gruppo giovane di organizzatori e dovendo combattere a volte con la leggera diffidenza di una città troppo affaccendata, il Milano Film Festival è comunque un'iniziativa interessante, che si evolve e si arricchisce anno dopo anno.
Ci sono invece situazioni che si auto-attribuiscono il nome pomposo di Festival, ma alla resa dei conti si dimostrano una mera successione di eventi slegati, senza un vero approfondimento e spesso anche mal organizzati con scarso rispetto del pubblico. Posso citare - per esperienza diretta - il Festival Storia e Ambiente di Bologna, e in particolare la sezione dedicata al cinema.

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