A seconda del Paese con cui fa affari, la Cina viene definita dall’Ue “rivale sistemico” o “partner strategico”. Questa schizofrenia politico-commerciale è una patologia diffusa in quel di Bruxelles, ma il leader che ne soffre in maniera più evidente è senza dubbio Emmanuel Macron. Dopo aver attaccato l’Italia per la sua adesione alla Via della Seta, il Presidente francese ha accolto a Parigi con tutti gli onori possibili il numero uno cinese Xi Jinping, siglando con lui una serie di accordi molto più ricchi di quelli stretti fra Pechino e Roma.

La situazione in Turchia continua a presentare molti profili di interesse da vari punti di vista. Uscito vincitore dal tentativo di golpe dell’estate 2016, Tayyp Erdogan, il volitivo e ambizioso Sultano, ha proceduto in modo efficiente e spietato a fare i conti con i suoi numerosi e variegati nemici.

 

Un primo raggruppamento di costoro è costituito dai cosiddetti “gulenisti”, adepti della setta diretta dall’omonimo leader islamico, da tempo risiedente negli Stati Uniti, e forte di un radicamento notevole in settori chiave dell’amministrazione pubblica e del mondo dell’impresa turchi. Fino a poco tempo prima del golpe i rapporti tra Erdogan e Gulen erano improntati alla massima cordialità e alla collaborazione senza riserve.

Due recenti episodi riportati dalla stampa americana aiutano a fare luce sulle divisioni interne all’amministrazione Trump in relazione al difficile negoziato in fase di stallo con la Corea del Nord. Gli esempi mettono in chiaro soprattutto la sostanziale impotenza del presidente nel prendere decisioni autonome di fronte alle pressioni di alcuni influenti consiglieri, in larga misura riconducibili agli ambienti “neo-con” dell’apparato di potere negli Stati Uniti.

Una presa di posizione inequivocabile da parte dei vertici militari algerini ha forse impresso in questi giorni una svolta decisiva alla crisi che da alcune settimane sta scuotendo il paese nordafricano. Il potente capo di Stato Maggiore, generale Ahmed Gaid Salah, ha cioè chiesto la rimozione di fatto del presidente, Abdelaziz Bouteflika, come gesto estremo per contenere le manifestazioni di piazza e gli scioperi in corso contro il regime.

 

La mossa del generale Salah segna dunque una rottura clamorosa tra due dei centri del “pouvoir” algerino, i vertici militari e il clan presidenziale, proprio mentre questi ultimi ambienti stavano lavorando a uno stentato piano di transizione che poco più di due settimane fa era stato presentato come un’iniziativa dello stesso Bouteflika. Com’è noto, l’82nne presidente algerino, in carica dal 1999, è apparso molto raramente e non ha mai parlato in pubblico dal 2013, quando è stato vittima di un ictus che lo ha reso gravemente invalido.

L’atteso ritorno alla democrazia formale della Thailandia si è trasformato per il momento in una delicata situazione di stallo nella quale le due principali forze politiche del paese asiatico si stanno confrontando per aggiudicarsi la possibilità di formare un nuovo governo. Il clima sempre più teso che si registra in queste ore è il risultato di un’elezione, concessa dalla giunta militare al potere a distanza di cinque anni dal colpo di stato, segnata da irregolarità e manipolazioni varie, nonché da un quadro costituzionale creato ad hoc per favorire le forze armate, gli ambienti della casa regnante e l’establishment tradizionale thailandese.


Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy