Al già complicato stato dei rapporti tra gli USA e molti dei loro alleati, il presidente Trump starebbe per aggiungere un nuovo elemento di destabilizzazione che rischia di produrre l’effetto contrario a quello ufficialmente voluto dalla Casa Bianca. Il governo degli Stati Uniti avrebbe cioè in preparazione un piano per far pagare a quei paesi che ospitano basi e contingenti militari americani l’intero costo del loro mantenimento, più un’ulteriore somma non ancora definita.

 

La notizia riportata dalla stampa d’oltreoceano riprende un argomento che ha fatto parte fin dall’inizio della retorica ultra-nazionalista dell’amministrazione Trump. Non solo, essendo questa un’idea attribuita principalmente all’ex consigliere neo-fascista del presidente, Stephen Bannon, conferma come gli ambienti di estrema destra a cui quest’ultimo appartiene continuino a esercitare una profonda influenza sulle politiche formulate alla Casa Bianca.

Dando concreto esempio di cosa intende la Casa Bianca quando parla di “aiuti umanitari”, il Venezuela ha subito una serie di attacchi informatici voluti, organizzati e successivamente rivendicati dal governo degli Stati Uniti. E' stato colpito il sistema automatizzato di El Guri, da cui dipende la distribuzione nell’80% del territorio nazionale dell’elettricità venezuelana.

 

Come succederebbe in qualunque paese del mondo che si trovasse improvvisamente privo della sue rete elettrica e, per conseguenza, informatica, il blocco dell’erogazione di elettricità ha mandato in tilt tutti i sistemi che poggiano sulla rete elettrica: dal sistema viario a quello informatico, dall’illuminazione delle strade, alle case private e agli edifici pubblici.

La recente decisione del governo conservatore britannico di aggiungere il braccio politico di Hezbollah alla lista delle organizzazioni terroristiche rappresenta una mossa di cui a prima vista appare molto difficile comprenderne il senso. Una serie di ragioni sono in realtà alla base del provvedimento firmato dal ministro dell’Interno, Sajid Javid, e ratificato dal Parlamento di Londra. La proscrizione della milizia/partito sciita libanese, tuttavia, resta senza alcun dubbio un gesto sbagliato, nonché potenzialmente controproducente per la stessa Gran Bretagna.

La brillante carriera del primo ministro canadese, Justine Trudeau, rischia di chiudersi prematuramente sotto le pressioni di uno scandalo crescente scoppiato in seguito alle accuse di avere esercitato influenze indebite a favore di una multinazionale delle costruzioni implicata in una vicenda di corruzione. Nelle ultime settimane, due ministri del gabinetto federale e il più stretto collaboratore del premier si sono dimessi a causa di questi eventi, mentre le forze di opposizione e una parte dei media chiedono a gran voce le dimissioni dello stesso Trudeau, i cui guai minacciano come minimo di avere conseguenze devastanti sulle prospettive elettorali del suo Partito Liberale.

 

I problemi per Trudeau erano iniziati ai primi di febbraio con la pubblicazione su uno dei principali giornali canadesi, The Globe and Mail, di rivelazioni che descrivevano come il primo ministro e alcuni membri del governo a lui vicini avessero fatto pressioni sul ministro della Giustizia, Jody Wilson-Raybould, per consentire alla compagnia SNC-Lavalin di chiudere una vicenda legale scottante con un patteggiamento che avrebbe evitato a quest’ultima una condanna criminale.

Reduce dal fiasco di Cucuta e da un tour nelle capitali del cartello di Lima, dove ha raccolto delusioni e sorrisi di facciata, l’autoproclamato presidente del nulla, Juan Guaidò, ha fatto ritorno in Venezuela. E’ arrivato atterrando all’aeroporto di Caracas, dove sperava ci fosse chissà quale spiegamento di forze in procinto di arrestarlo ma ha trovato solo uno stuolo di fotografi e cameraman dei soliti media di proprietà dei soliti noti al servizio degli arcinoti interessi.

 

La UE e il governo statunitense, avevano ammonito il governo di Nicolas Maduro che avrebbero reagito duramente nel caso Guaidò fosse stato arrestato ma si è rivelato l’ennesimo abbaiare alla luna. Nessuno, infatti, ha pensato di fermarlo, a Caracas non difetta intelligenza e non si fabbricano eroi di cartone.


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