di Elena Ferrara

A Sofia c’è aria di ristrutturazione politica e si può affermare che per “Sua Maesta Re Simeone di Sassonia-Coburgo-Gotha" (conosciuto anche come Simeon Sakskoburggotski) la missione in Bulgaria volge al termine. La sua nobile casata, nel 1946, fu allontanata dal paese dopo la vittoria del referendum tra monarchia e repubblica. E così nel 1955 il giovane Simeone se ne andò in Egitto,. Ma a diciotto anni, si ricordò delle origini e si autoproclamò Re della Bulgaria vivendo in Spagna sino al 2001. Poi la fulminazione. Perché non rientrare nel Paese, accettarne le nuove regole, formare un partito di nostalgici e arrivare al sospirato potere? Ottima idea. Fondò il “Movimento Nazionale Simeone Secondo” (NDSV) che vinse le elezioni parlamentari. Divenne capo di un governo di coalizione tra NDSV e DPS (Movimento per i diritti e per le libertà – minoranza turca) in cui entrarono anche alcuni rappresentanti del Partito Socialista Bulgaro (BSP). Non più, quindi, re assoluto, ma pur sempre alla testa della Bulgaria. Riverito in patria e nel mondo. Anche per il fatto che la sua scalata da ex re-bambino rappresentò, in quel momento, un’assoluta novità sul piano politico internazionale. Perché tra i 20 monarchi del mondo cacciati dopo la Seconda Guerra Mondiale, era l’unico ex sovrano ad essersi candidato a elezioni politiche, ad averle vinte e ad aver conquistato il ruolo di primo ministro.

Abile uomo d’affari (propri) fa imboccare al paese la strada di un capitalismo sfrenato. E, in questo contesto, sviluppa subito una sua via italiana. Perchè è sotto la sua reggenza repubblicana che un grande gruppo come l’Unicredito, si sposa con la bulgara Bulbank. E’ un cuneo nei Balcani. Dirà Pamela Della Toffola del “Centrum” (una società di consulenza fondata da un gruppo di commercialisti triestini): “Le statistiche ufficiali parlano di oltre 600 aziende italiane che hanno investito da queste parti”. E si intende la Bulgaria. L'apripista – nella terra di Simeone - è così la trevigiana Stonefly. Seguita da aziende dell'abbigliamento veneto che iniziano a far andare telai e macchine in quella che un tempo i romani chiamavano Tracia. Tutti attirati da un costo del lavoro da 130 euro il mese, più basso anche di quello dell'ottava provincia veneta, Timisoara in Romania.

E sono in molti gli imprenditori del Nordest italiano che accontentano il “Re Simeone” dirottando i loro investimenti. C’è chi sbarca con mezzi e capitali ad Hascovo, 80 chilometri dal confine con la Turchia, per acquistare stabilimenti per la produzione di macchine enologiche. Ma non si vive di sole fabbriche. E così ci sono aziende italiane che approfittano delle leggi del monarca-repubblicano per acquisire terreni. Tutto avviene con il “trucco” delle società miste. E così la Bulgaria di Simeone si “internazionalizza”. Ma dura poco.

Simeone ha già fatto il pieno. Ma non di voti, perché alle prime elezioni europee (quelle che si svolgono dopo l’ingresso della Bulgaria nell’Ue) il suo partito tocca il minimo storico, ottenendo poco più del 6% e un solo seggio al parlamento di Bruxelles. Così l’NDSV è costretto ad ammettere la debacle e avvia la rifondazione perché il "sogno regale" di Simeon, stretto tra interessi personali e perdita di iniziativa politica, sembra essere definitivamente tramontato. E sono in molti a prevedere scenari di divisione e definitiva marginalizzazione politica. Ma i seguaci di Simeone non si danno per vinti.

La prima mossa consiste nel cambio di casacca. Perché NDSV non significherà più Nacionalno Dvizhenie Simeon Vtori (Movimento Nazionale Simeone Secondo, appunto), ma Nacionalno Dvizhenie za Stabilnost i Vazhod (Movimento Nazionale per la Stabilità e lo Sviluppo). Sarà comunque difficile – se non impossibile – modificare la struttura del partito e, soprattutto, cambiarne i sistemi di gestione. Il Movimento di Simeone, infatti, era tutto basato su rapporti personali, sulla promozione di cordate economiche, su gerontocrazie tradizionali. Un partito, quindi, di quadri e di raccomandati, fatto di scalate e di ricompense. Vero covo di intrighi dove l’unica merce di scambio valida erano i posti da occupare.

Le cronache della vita politica bulgare sono piene di notizie su scandali, attacchi e polemiche. Per questo il processo di rifondazione rappresenta più che altro un atto di morte del sistema politico. Lo stesso monarca Simeone si trova a dover assistere alla rivolta dei bojari. Non valgono più i tentativi di ricatti “familiari”, le cordate di amici e di furbetti della nomenklatura. C’è chi prende il largo e si dimette. Lo smembramento è in atto e a pagare è la stessa società civile bulgara. Quella contrapposizione – “comunismo-anticomunismo" – che era stata alla base dell’ideologia creata da Simeone e dai suoi seguaci, crolla. Sono messi fuori gioco anche quegli esponenti della cordata che si basava su presenze di giovani formatisi all'estero. Quadri che dovevano formare un sistema di governo liberale, ma che in realtà avevano trasformato il paese in una lobby di potere.

Ora la Bulgaria vive una situazione di stallo. Con una repubblica che è stata formata da un monarca e una nomenklatura che si era abituata ad operare in condizioni di favori personali. Tutto crolla? Un fatto è certo: quegli operatori economici e quei manager giunti da ogni parte del mondo (italiani in testa) cominciano a porsi molte ed inquietanti domande sul futuro bulgaro. Forse la monarchia dei Sakskoburggotski è proprio finita? Una risposta è certa: il Re è nudo.

E mentre il Re è nudo arriva in Bulgaria, per una visita ispettiva, il presidente americano Bush. E’ la sua ultima tappa europea e vuole concluderla con un alleato fedele. Che ai tempi dell’Urss non aveva mai dato problemi al Cremlino e che, ora, si comporta da vero suddito anche con la Casa Bianca. Temi in agenda quelli relativi alle basi militari statunitensi sul territorio bulgaro. Si tratta delle aviobasi di Bezmer (nei pressi di Yambol, nella Bulgaria sud-orientale), di Graf Ignatievo (a pochi chilometri da Plovdiv) e del poligono di Novo Selo (vicino a Sliven), oltre ai depositi militari che si trovano a Aitos, non lontano dalla città portuale di Burgas.

L'accordo che c’è con Sofia prevede l'uso congiunto delle basi ed ha una durata di dieci anni. Ogni sei mesi, a rotazione, verrà ospitato un contingente di militari americani di 2500 unità, a partire dal 2008. Gli Usa naturalmente non pagano nessun affitto per l'uso delle basi, ma sostengono le spese operative e di manutenzione. E la fedele Bulgaria tace e acconsente su tutto. Come ai vecchi tempi.

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