di Elena Ferrara

Al posto del vecchio libretto rosso di Mao - buono per tutti gli usi - arrivano, sempre in Cina, i libretti verdi e rosa delle guide turistiche. Stampati in cinese, mentre sorgono come funghi le agenzie di viaggio che, al posto dei vecchi treni che ospitavano le gite di massa, propongono viaggi individuali. È un boom e può essere anche uno tsunami sociale. Secondo le più recenti previsioni ci sarebbero, in totale, circa cento milioni di potenziali viaggiatori già pronti con le loro valigie a superare la grande muraglia per sbarcare nelle altre nazioni dell'Asia e dell'Europa come avvenuto negli anni passati con 35 milioni di turisti in giro all'estero. Una valanga umana, invece, ancora più imponente, si riverserebbe all’interno della stessa Cina tenendo conto che già nel 2001 i dati statistici avevano fatto rilevare che c'erano stati 780 milioni di cinesi impegnati in viaggi entro i confini. Sviluppo progressivo e costante, quindi, con l'elenco delle nazioni con le quali Pechino ha precisi accordi turistici che sale a quota 132. In pratica cade fragorosamente quella cortina che impediva ai cinesi di andare in vacanza in modo autonomo, senza la mediazione del sindacato o delle autorità locali. Oggi, tra l'altro, c'è una parte della popolazione che si può permettere di organizzare il tempo libero sfruttando una sorta di "ferragosto" collettivo. Più precisamente un periodo che comprende le feste più importanti e riconosciute a livello nazionale: la prima settimana di ottobre, che segna l'anniversario della Repubblica Popolare; il periodo sacro del Capodanno cinese e la festa dei lavoratori del primo maggio. In pratica tre settimane in cui tutto si ferma. Chiudono uffici e fabbriche con i luoghi del turismo tradizionale che segnano il tutto esaurito. Scene di comune turismo europeo, quindi. Mentre sempre più si evidenzia il divario tra ricchi e poveri. Ma è anche vero che c'è un'altra immagine che domina. Quella della prosperità esteriore che è "trasmessa" dai grattacieli di Pechino e di Shanghai.

Restando sempre sul piano dell’analisi sociologica c'è da rilevare - in questa Cina attuale - che c'è una ingiusta distribuzione della "ricchezza" che ha implicazioni politiche enormi, prima fra tutte il costante declino della coesione sociale con linee di confine che separano un tipo di persone da un altro. Così, mentre il governo centrale insiste nel sostenere che si stanno affrontando le radici politiche delle disuguaglianze il cinese medio cerca di guadagnare tempo per sfuggire alla maledizione del sottosviluppo. Di conseguenza il turismo diviene una sorta di ago della bilancia che segna la tappa dell'evasione.

La Mecca di questa voglia di viaggiare è la Città Proibita, seguita a ruota dalla grande Muraglia, dall'esercito di terracotta e dalle crociere sui fiumi vari, Giallo o Azzurro che siano. La Città proibita, quindi, al primo posto. Si riempiono la piazza Tien An Men e la strada Changan che taglia Pechino. Si affollano le vie Ljulichang dove si trovano gli antiquari e i centri commerciali della Wangfujing come quelli del Bajhuo Dalou che è la meta preferita del cinese medio. Altro obiettivo è la Grande muraglia che è visitata da una Cina che non ha mai viaggiato per sfruttare il tempo libero.

Così i 6400 chilometri di questa costruzione vengono perlustrati in lungo e in largo. Si va con gruppi organizzati sclusivamente per il turismo nazionale. Visite che partono da Badaling (54 chilometri a nordovest di Pechino) a Mutianyu a 20 chilometri dalla capitale. Mete del turista sono poi quelle delle Montagne Gialle, nella provincia di Anhui e della regione di Shandong, dove si trova la montagna sacra di Taishan. Grande curiosità nei confronti del Tibet con le grandi città monastero, ora raggiungibili grazie ad un treno che parte da Pechino e che segna, con i suoi binari, la tappa della completa integrazione tibetana nella Cina popolare...

C’è poi dell'altro nel boom del turismo interno. Perché da qualche anno sta prendendo piede anche quello invernale. Nel 1999 i cinesi che avevano messo un paio di sci ai piedi non arrivavano a 5mila: oggi sono 5 milioni. Le località sciistiche erano sei, di cui tre al confine col Pakistan. Oggi sono oltre 200, tra cui Yabuli, nella provincia del Heilongjiang, la più grande di tutta l’Asia. Siamo, quindi, nel pieno di una rivoluzione che non ha nessun colore politico di stampo maoista.

Ricostruisce solo la mappa di una cultura secolare divenendo anche un moderno laboratorio di movimenti sociali. I risultati di questi sconvolgimenti si notano anche in Europa e in Italia. Dove i primi gruppi di turisti arrivano da Pechino battendo, quanto a numeri, le comitive della "occidentale" Hong Kong o della Shangai sede del commercio mondiale. Il made in China tanto vituperato porta anche un turismo che, almeno questo, non è contraffatto.

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