di Carlo Benedetti

Prodi - con un bliz a Mosca per firmare un maxi accordo sul gas - non è il “petroliere rosso” Hammer. E Putin non è Lenin. Cambiano i secoli e la Russia di oggi non è quella degli anni post-rivoluzionari. E le modalità dell’interscambio tra Est ed Ovest non si rifanno al sistema di produzione asiatico. Così il premier italiano raggiunge la capitale russa ostentando il nostro tricolore, ma in realtà sa di essere avvolto dalla bandiera gialla dominata dal cane a sei zampe. Mostra tutta l’ansia di essere uomo abile, desideroso di imprimere una svolta nelle relazioni economiche. Ma il trionfo è dell’Eni che porta a casa un progetto denominato South Strem che sarà una sorta di affare del secolo. Si tratterà di un sistema di gasdotti che dalla Russia meridionale porterà il gas in Bulgaria e in Grecia con diramazioni verso l’Italia, con una potenza di 30 miliardi di metri cubi di gas l’anno. Contenti, quindi, i dirigenti dell’Eni; soddisfatto Prodi che, affogando nel mare dei problemi italiani, trova un po’ di respiro grazie al gas russo. E felice è Putin che nel momento in cui sigla l’accordo dichiara che la collaborazione con l’Italia: “E’ così ampia che ora è facile spaziare fra i vari temi. Penso - dice - che quest’anno l’interscambio supererà il livello record dei 30 miliardi di dollari. E si tratta - conclude - di un rapporto diversificato che abbraccia l’energetica, le alte tecnologie, lo spazio e l’industria aeronautica.”.
E così all’ombra del South Strem (un pacchetto azionario del 50% andrà all’Eni) Prodi si carica ancor più affermando che “Le relazioni con la Russia non sono mai state cosi buone” e che, di conseguenza “Non riguardano soltanto gli affari, in quanto la collaborazione politica confluisce su una serie di valori comuni. Questa - dice - è la base dell’amicizia fra i due paesi”.

South Strem - dopo mesi di trattative difficili - è quindi più che mai sinonimo di Russia-Italia. Le firme in calce all’intesa sono dell’amministratore delegato dell’Eni Paolo Sacconi e del presidente del Gazprom russo, Alexei Miller. Tutti affascinati dal gasdotto che dovrà passare sotto il Mar Nero per allacciare le pipeline della Russia all’Unione Europea. Ma se Mosca e Roma si diffondono in ampi sorrisi e strette di mano a Bruxelles il commissario europeo dell'Energia, Andris Piebgals, si mostra reticente e pragmatico.
Dice: "Siamo contenti, perché ci sarà un'altra via di rifornimento per l'Unione che prova come sia attraente il mercato europeo e come vi sia interessata la Russia". Ma non va oltre. Inglesi e francesi, invece, si mostrano scettici, distaccati, preoccupati. Non digeriscono l'ulteriore "apertura" italiana alla penetrazione energetica russa perchè temono l'irruzione incontrollata del Cremlino sui mercati europei. Ecco, quindi, che petrorublo e gasrublo spaventano la City londinese e inquietano la Borsa parigina. Con l'Italia che è accusata di essere il "grimaldello" dei russi.

E subito l’uomo dell’Eni, Scaroni, ammette che la "benedizione" di Prodi e di Putin sull’intera operazione, pur essendo auspicata, necessita ora di un ulteriore appoggio. E cioè quello relativo ad un accordo politico che porti Italia e Russia a lavorare insieme a tutti i Paesi interessati per consentire la realizzazione del gasdotto. In pratica Scaroni - pur segnando la svolta del cambiamento - lancia una sorta d'appello all'Ue per un'implicita richiesta di collaborazione: "Un'infrastruttura del genere che attraverserà dai sei agli otto Paesi, richiede - fa notare - un intenso lavorìo diplomatico e commerciale". Di conseguenza chiede che le attese non vadano deluse.

Intanto l’intero programma del South Strem comincia a muoversi macinando tecnici e dollari. Le carte del progetto mostrano le tappe dell’attraversamento del Mare Nero a partire dalla costa russa di Beregovaya. E precisamente il punto da cui inizia un altro impianto "gemello" ma corto meno della metà, il Blue Strema, realizzato dalla Saipem, sempre dell’Eni. Il gasdotto riemergerà in Bulgaria, dopo un percorso sottomarino di 900 chilometri a profondità massime di oltre duemila metri.

In termini finanziari, tutto questo metanodotto comporterà un investimento di almeno 15 miliardi di Euro spalmati su un piano di costruzione che si protrarrà per circa tre anni e che dovrà prevedere anche alcune varianti. Ci sarà, infatti, una direzione verso nord-ovest con terminali in Germania (via Bulgaria, Romania, Serbia, Ungheria, Austria, Repubblica Ceca) ed una linea che dovrebbe passare attraverso il sud-ovest raggiungendo la Puglia (attraverso Bulgaria, Macedonia, Albania). Ma su tutto l’intero progetto ci sono anche alcune ombre di natura geopolitica che suscitano anche reazioni di prudente scetticismo. Il Cremlino così appoggia la variante dell’attraversamento della Serbia mentre gli italiani opterebbero per la Romania.

Infine c’è sul tappeto la questione della presidenza della South Strem. Russi ed italiani mantengono in merito un assoluto silenzio e non avanzano - per il momento - candidature. Ma si sa che Putin ha in tasca il nome del suo amico, l'ex cancelliere tedesco Schroeder, che, tra l’altro, è già a capo del consorzio baltico North Strem.
E mentre viene avanti la giostra dei nomi (caratterizzata anche da alcuni bracci di ferro) si vanno costruendo le nuove nomenklature del maxi-accordo con la stampa di Mosca che corre a rileggere la Storia dei rapporti economici, finanziari e commerciali con l’occidente. E così spunta il nome di quel miliardario rosso che fu, a partire dagli anni della Rivoluzione, il punto d'incontro tra il mondo bolscevico e quello capitalista. Armand Hammer, appunto. Un americano prestato alla Russia e definito di volta in volta Barone rosso, Portatore d'Acqua del Cremlino, Grande Truffatore, Grande Filantropo, Spennatore di azionisti. Fondatore della Occidental Petroleum e cliente privilegiato dell’industria petrolifera dell’Urss.

Anche l’Eni di questi giorni - dopo i grandi programmi di estrazione del gas russo - si ritrova sulle orme di Hammer e si presenta come la nuova Occidental Petroleum in versione italo-europea. Pianta la sua bandiera gialla nel cuore della Russia così come Hammer, a suo tempo e nel pieno della guerra fredda, sviluppò i suoi grandi affari con Mosca violando le regole di una geopolitica che voleva l’Urss all’angolo. E così il passo dell’Eni - benedetto da Prodi - potrebbe incontrare qualche ostacolo da parte americana. Ma il “gioco”, ormai, è fatto. Tanto che Putin salutando Prodi in partenza per l’Italia gli ha voluto ricordare la posizione assunta da Mosca riguardo al Trattato sugli armamenti convenzionali. Lo ha fatto per sottolineare che la moratoria approvata significa che la Russia non intende rispettare da sola un trattato che è ignorato dai paesi atlantici. Un’affermazione buttata giù mentre l’aereo di Prodi lasciava l’aeroporto di Vnukovo. Ma le parole dette al premier italiano erano già in rotta verso la Casa Bianca.

Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy