Il governo Draghi contiene tutti i partiti (a parte Fratelli d’Italia), ma al contempo li esclude dalla stesura del Recovery Plan. La partita più importante è affidata a una sorta di Consiglio d’amministrazione interno all’Esecutivo e composto dai tre ministri tecnici più importanti: Daniele Franco all’Economia, Vittorio Colao all’Innovazione tecnologica e Roberto Cingolani alla Transizione ecologica.

Il primo sarà il guardiano della finanza pubblica, mentre il secondo e il terzo smisteranno la maggior parte dei 209 miliardi in arrivo da Bruxelles: le regole del programma Next Generation Eu prevedono infatti che il 37% delle risorse sia impiegato in progetti green e il 20% per il digitale. Nell’ambito di questo Cda, la poltrona di amministratore delegato spetta naturalmente a Mario Draghi, che - per blindare in modo definitivo la missione - ha anche tenuto per sé la delega ai rapporti con l’Unione europea.

Né salvatore della patria né tecnocrate al servizio del Male. Mario Draghi nelle vesti di presidente del Consiglio, con ogni probabilità, non svolgerà nessuno di questi due ruoli. Subito dopo il conferimento dell’incarico da parte di Mattarella, il dibattito intorno all’ex numero uno  della Bce si è polarizzato: su una curva viaggia la narrativa ufficiale, che dipinge Draghi come l’eroe senza macchia, in grado di risollevare da solo le sorti dell’Italia; sull’altra ci sono gli estremismi opposti (di destra e di sinistra) che vedono nel futuro premier l’emanazione delle banche, di Bruxelles, dei “poteri forti” determinati ad affamare il popolo per saziare i padroni.

Matteo Renzi vuole un governo istituzionale. Mario Draghi, o chi per lui. Il nome poco importa: l’obiettivo del capo di Italia Viva non è trovare una figura che assicuri l’esecuzione di un programma di governo ambizioso, ma lasciare dietro di sé il vuoto. Ossia far esplodere il progetto zingarettiano di un’alleanza stabile fra Pd e Movimento 5 Stelle - che il leader dem vorrebbe rendere strutturale a livello nazionale e locale - azzoppando la carriera di Giuseppe Conte, unica figura (almeno per ora) in grado di tenere insieme dem e grillini.

L’azzardo di Matteo Renzi ha forzato la mano a Giuseppe Conte, che ora - a sua volta - gioca la sua partita alla roulette. L’operazione responsabili si è rivelata finora un fallimento e ormai il tempo è quasi scaduto. Mercoledì (o giovedì: è possibile un rinvio di 24 ore) sarà il giorno del giudizio per il governo, perché il Parlamento voterà la relazione sulla Giustizia del ministro Bonafede e la maggioranza rischierà di andare sotto.

Nonostante gli inviti alla prudenza in arrivo da più parti, Conte sembra deciso a non rallentare. Pensa di poter trovare in aula i voti necessari a disinnescare anche questa trappola, per poi lavorare a un governo Ter, rafforzando la maggioranza.

Nessuno vuole le elezioni, ma tutti sembrano lavorare per ottenerle. Il comportamento di Pd, M5S e Iv ricorda quello di Zeno Cosini, protagonista del capolavoro di Italo Svevo, quando - una ad una - corteggia tutte e tre le sorelle Malfenti. Le prime due rifiutano di sposarlo, la terza accetta. Secondo i critici, però, nei primi due casi è Zeno a sabotarsi, perché il suo inconscio lo spinge fin dall’inizio verso l’ultima ragazza, Augusta. Che è anche la meno attraente.    


Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy