“Ministro, chi le ha dato quel video?”. Per settimane Matteo Salvini si è sentito porre questa domanda. Il caso riguarda la ritorsione contro la giudice di Catania, Iolanda Apostolico, che ha rigettato il fermo di alcuni migranti tunisini nel Cpr di Pozzallo, definendo illegittimo il decreto del governo Meloni alla base del provvedimento. Per screditarla, il leader della Lega ha pubblicato online un video del 2018 in cui si vede la magistrata partecipare a una manifestazione contro il blocco dei migranti sulla nave Diciotti, con la folla che urla "assassini" e "animali" alla Polizia.  

 

Ora, la domanda principale non è “chi le ha dato quel video?”.

Fa poca differenza che siano stati i poliziotti, i servizi segreti o un funzionario qualsiasi del Viminale. I dubbi da chiarire sono piuttosto altri: chiunque abbia passato il video a Salvini, come faceva ad averlo? E, cosa ancora più importante, come faceva a sapere che la donna inquadrata era proprio Iolanda Apostolico?

Non è proprio credibile che i segugi digitali del ministro abbiano trovato quelle immagini ex post, mettendosi a cercare più o meno a caso finché non hanno trovato qualcosa di compromettente per danneggiare la credibilità della giudice.

Ben più verosimile, purtroppo, è che quel video esistesse già, e sia stato conservato per cinque anni in qualche server. Un asso da tirare fuori dalla manica in caso di bisogno.

Di qui nasce un nuovo fiume di domande, ancora più inquietanti: quanti altri video di questo genere vengono conservati dagli apparati di sicurezza italiani? Quando c’è una manifestazione di protesta contro l’operato di poliziotti e militari, i partecipanti vengono ripresi e schedati? A che scopo, visto che non hanno commesso alcun reato? Solo per essere additati al pubblico disprezzo quando fa comodo a un ministro o anche per altre finalità?

Sono questi i punti su cui non si è battuto abbastanza, e che invece - in un paese di teste minimamente pensanti - dovrebbero gettare l’opinione pubblica nello sgomento. Perché schedare le persone sulla base delle loro opinioni politiche è quanto di più illegale, illiberale e antidemocratico si possa immaginare. 

La questione è di enorme importanza e dovrebbe indignare le masse, generando un ampio dibattito pubblico. Invece si parla solo del fatto che la giudice - per buon senso, considerando il ruolo che ricopre - avrebbe dovuto evitare di farsi vedere in una manifestazione antigovernativa. A nessuno interessa il fondamento giuridico della sentenza.

Nessuno considera il fatto che quel pronunciamento è appellabile, e che un governo serio farebbe valere le proprie ragioni in punta di diritto anziché gettando una magistrata in pasto ai leoni da tastiera. Infine nessuno, ma proprio nessuno, ha il coraggio di dire che Salvini ha fornito una prova di un’aberrazione: il fatto che in Italia esiste un dossieraggio pubblico dei dissidenti politici.

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