di Maurizio Coletti

Filtrano le prime indiscrezioni sui lavori della commissione "scientifica" incaricata di fissare il limite oltre il quale la nuova legge sulla droga prevede pene severe e carcere.
Secondo l'ineffabile Giovanardi, il gruppo di esperti si starebbe orientando sulla quantità di 23 spinelli come dose consentita.
Se le conseguenze non rischiassero di essere tragiche, sarebbe una situazione molto comica.
Giovanardi non anticipa nulla sulle quantità permesse per altre sostanze: eroina, cocaina, extasi, amfetamine illegali e altro ancora. Ma già si attendono rivelazioni sconcertanti ed un tantino divertenti. Dov'è l'imbroglio? Negli stessi meccanismi della legge cialtrona, approvata nel modo che sappiamo.
Il mandato da rispettare nelle intenzioni del duo Fini-Giovanardi era a diversi livelli. Il primo era puramente declamatorio: dire di avere fatto una legge sulla droga. Mandato rispettato, ma pare che l'idea di utilizzare questo spot in campagna elettorale sia da scartare; Fini e tutta An hanno fatto timidamente apparire qualche manifesto, ma non sembrano intenzionati a cavalcare la belva. Demerito di una legge fatta con i piedi e zeppa di incongruenze, di punti di illegittimità, di assurdità. E merito di un'opposizione di movimento che ha continuato e sta continuando a manifestare, protestare, informare, discutere. Meno merito dell'opposizione in Parlamento, trascinata per i capelli e non convinta dell'utilità della battaglia. Il secondo mandato era quello di sostenere finanziariamente quei gruppi e quelle organizzazioni che hanno sempre appoggiato il governo Berlusconi sul tema specifico ed oltre. Questo punto doveva essere identificato nell'ipotesi di vera privatizzazione dell'assistenza ed era contenuto nelle norme che permetterebbero la cosiddetta certificazione anche a carico delle strutture private (invece che lasciarla come compito al servizio pubblico) ed il conseguente accesso diretto ai pazienti. I quali, "dichiarati" tossicodipendenti, potrebbero optare per la stesa struttura che lo ha certificato, senza passare per la definizione di un piano di trattamento, finora onere dello stesso servizio pubblico.
Qui, le cose sono più complicate: si vanno a toccare in profondità le competenze delle Regioni e queste sono poco disponibili. Non si capisce poi chi debba pagare il conto.
Finora, il settore delle dipendenze in ogni Asl ha un budget (nettamente insufficiente, ma questa è un'altra storia) con cui pagare i costi dei trattamenti. Non è pensabile, quindi, che una voce di questi stessi vada fuori controllo. Piccolo inciso: la legge non ha previsto alcun finanziamento aggiuntivo sia di carattere straordinario, che a regime; quindi, qualora l'ipotesi di servizi "privati" per le dipendenze prendesse piede, si dovrebbe capire chi paga.
Non solo, ma l'assembramento di entusiasti del provvedimento si va assottigliando sempre più. Chi aveva partecipato alla governativa Conferenza di Palermo, si sfila. È il caso della Fict, potente organizzazione di comunità terapeutiche di tipo religioso. Muccioli ha già dichiarato il suo profondo disgusto. Della pattuglia, resterebbe solo don Gelmini, che pubblicamente ha ringraziato Fini per la sua "creatura".

Il terzo mandato era quello di mostrare la faccia dura; punto di partenza di Fini ("dobbiamo affermare che non esiste il diritto a drogarsi"), si doveva articolare nel togliere al magistrato l'incombenza di decidere sulla rilevanza penale del possesso di una determinata quantità di droga. Una "minima quantità consentita" insomma, per definire un uso personale o un'azione di spaccio.
Come ogni principio un po' vuoto, altisonante e declamatorio, la sua messa in pratica è piuttosto difficile.
Tutti sanno che l'assunzione di sostanze non è quantificabile con precisione: ci sono i consumatori occasionali, quelli continuativi, gli abusatori, i dipendenti, i poliassuntori. E tracciare una linea di demarcazione è assai difficile, soprattutto quando al di là della linea c'è la galera. Il più severo dei genitori preferirebbe un operatore accanto al suo ragazzo in crisi, piuttosto che un agente di custodia. Su questo punto, i conti elettorali pesano, da qui la marcia indietro.
All'inizio (quando la legge era interamente attribuibile a Fini) si prevedeva ope legis e per ogni sostanza, il quantitativo esatto di principio attivo "tollerabile" per far scattare misure amministrative e non penali.
Ma le società scientifiche, gli operatori, gli esperti iniziarono un fuoco di sbarramento di eccezioni e contestazioni, tutte molto fondate. L'eccezione più ricorrente era che il soggetto che si procurava una data sostanza non era certo nelle condizioni di conoscerne l'esatto contenuto, ma proprio da quel contenuto dipendeva il destino del malcapitato.
Passati allo "stralcio Giovanardi" e preso da gran fretta, il duo decise di snellire la proposta e (come sappiamo) di inserirne ben 21 articoli all'interno di un decreto in scadenza sulle Olimpiadi invernali di Torino.
Giovanardi annuncia, soddisfatto, che la questione delle quantità delle sostanze sarebbe stata affrontata e risolta da un gruppo di tecnici. L'importante era eliminare ogni distinzione tra le droghe: tutte in una sola tabella. Unico esempio in Europa.

Così, nasce un provvedimento monco: si stabiliscono i principi, ma gli indicatori che differenziano il destino del povero tapino colto in flagrante sarebbero stati decisi da esperti.
Già qui ci sarebbe molto da eccepire, visto che un gruppo di tecnici si sarebbe trovato a decidere chi avrebbe avuto "solo" il ritiro della patente, quello del passaporto, l'obbligo di residenza e chi (per qualche centigrammo) avrebbe visto spalancarsi le porte delle galere. Compito semmai da attribuire al giudice che interpreta la legge, non certo alla commissione nominata dal duo.
Commissione che, come già annunciato da qui, sembra una sezione di An: paludati esperti, ma tutti di provata fedeltà.
La "commissione" si mette al lavoro, ma si trova di fronte gli stessi nodi incontrati nell'analogo tentativo inserito nella proposta Fini: come calcolare queste benedette quantità consentite? Secondo il principio attivo? Secondo il peso? Secondo le caratteristiche del soggetto e della sua dipendenza o del suo consumo, incrociati con altre variabili ambientali, verrebbe da rispondere. Questa è stata la tendenza della magistratura prima dell'approvazione del decreto. Ma il Governo interviene a stabilire che l'approccio deve essere differente: non si lascia a pericolosi magistrati questo compito.
La commissione sta annaspando, non riesce a trovare una soluzione.
E, da qui, qualsiasi cosa ne esca fuori (quando ne uscirà fuori) sarà tragicamente ridicola.
Giovanardi, quindi, anticipa trionfante che il limite è a 23 spinelli.
Badate bene: non per passarla liscia, ma per evitare una pena carceraria ed essere condannato agli arresti domiciliari per un tempo non banale.
E per le altre sostanze? Giovanardi annuncia che presto saranno resi noti i quantitativi.
Allora e solo allora sapremo quanti tiri di coca sono accettabili prima di passare per le celle.
Ma quanto lunghi?
E l'alcool? Colpevolmente, dopo averne indicato il profilo nei criteri della formazione delle tabelle (includono "ogni altra sostanza che produca effetti sul sistema nervoso centrale ed abbia capacità di determinare dipendenza fisica o psichica"), non ne fanno cenno nell'elenco.
Occorre pensare a recuperare questa mancanza e decidere in fretta se considerare il vino (i superalcolici vanno direttamente in tabella) per quantità od anche per qualità; barolo, barbaresco o chianti?

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