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di Fabrizio Casari
Il primo posto della Juventus in classifica, a un punto sopra il Milan, è il risultato finale di una giornata di campionato piuttosto movimentata. Iniziata con la sconfitta della Roma a Udine e con il pareggio stentato del Napoli sul campo dell’Atalanta, proseguita con la vittoria della Juventus contro la Lazio, quella del Palermo sulla Fiorentina e dell’Inter sul campo del Siena, conclusasi poi con il Milan che ha travolto il Chievo al Meazza. Ma non senza un po’ di cardiopalma, visto che Catania, Inter e Napoli hanno segnato i gol decisivi per il risultato all’ultimo minuto di gioco.
Una vittoria, quella della Juve sulla Lazio, costruita come al solito con una partita piena di fervore agonistico e sostanza tattica. La Lazio ha avuto benzina fino al 20 della ripresa e idee per pochi minuti, mentre la Juve non ha mai mollato né campo né iniziativa. La squadra di Conte, infatti, ad eccezione di Pirlo e Buffon non possiede fuoriclasse, né mostra una tecnica calcistica di prima classe, ma occupa benissimo il campo, corre per novanta minuti e aggredisce fisicamente con un pressing a tutto campo gli avversari.
Una squadra, insomma, figlia del calcio di Conte, tutto corsa e determinazione agonistica, senza fronzoli e senza altri schemi che non sia l’intelligenza calcistica di Pirlo e la forza di Marchisio. Certo, la solidità della coppia difensiva Bonucci-Chiellini e la capacità di allungare la squadra da parte di Pepe, Vucinic e Matri incidono complessivamente sul gioco bianconero, che utilizza bene le fasce nelle due fasi senza scoprire mai la verticale di centrocampo; ma è soprattutto la capacità di corsa e pressing insieme ad una mentalità guerriera che caratterizza la qualità dei bianconeri.
Quello dell’Olimpico è stato dunque un esame superato da parte dei bianconeri, che martedì saranno a Napoli per il recupero della partita non giocata con i partenopei causa allagamento; un’altra eventuale vittoria potrebbe rappresentare un ulteriore allungo di punti e prestigio per la compagine bianconera. Se, infatti, dovesse uscire con una vittoria dal San Paolo, la Juventus - che ha già battuto Milan, Inter e Lazio - legittimerebbe non solo il primato, ma anche le ambizioni di vittoria finale. Certo, mancano ancora decine e decine di punti alla fine del torneo e Lazio, Udinese e Napoli restano compagini di prima fascia, ma ad oggi è difficile pronosticare un tema diverso che non sia quello della lotta tra bianconeri e Milan per il campionato.
Come previsto, infatti, i rossoneri nel posticipo hanno fatto il loro e sono a un punto dalla Juve. Del resto il Milan contro il Chievo al Meazza poteva solo vincere. Dopo pochi minuti era già in vantaggio e si apprestava a scrivere il copione previsto, facilitato comunque da un pessimo Chievo e da una serie di rimpalli fortunati e la consueta generosità arbitrale sul rigore. Sono tre punti importanti quelli della squadra di Allegri per non perdere troppo terreno nei confronti della Juventus, soprattutto se domani a Napoli la squadra di Conte dovesse vincere e si portasse a quattro punti sopra. Ma lo stato di forma straordinario del Milan ribadisce che sarà tra rossoneri e juventini la lotta per la vittoria del titolo. Chissà se sarà proprio l’ex Ibrahimovic a decidere la classifica finale...
Il gol di Castainos rilancia l’Inter che scavalca la Fiorentina: l'Udinese é partita difficile, ma un risultato positivo é necessario se vuole spostarsi nella zona alta della classifica. A Siena non è stata facile per i nerazzurri: la squadra di Sannino, tutta 4-4-2 e polmoni, difende in nove e attacca con cinque uomini e trovare varchi utili per attaccarla è difficile, soprattutto con i ritmi blandi dei nerazzurri. Che però non perdono mai il controllo della partita, tramite possesso palla (67%) e buona sistemazione in campo.
Parte del merito va assegnato a Ranieri, che ha scelto di far giocare gli ultimi dieci minuti a trazione anteriore, facendo uscire un centrocampista (Cambiasso) per una punta (Milito) che si aggiungeva così a Pazzini e Castanois. Il gol del ragazzo olandese, di pura rapidità e istinto, premia dunque i nerazzurri che erano scesi in campo senza Maicon, Lucio, Chivu, Snejider e Forlan. Assenze numerose e pesanti, verso cui nessuna squadra al mondo potrebbe reagire con sufficienza. Per questo i tre punti in trasferta valgono moltissimo per la rincorsa interista.
Desta poca sorpresa il risultato di Bergamo, dove il Napoli ha potuto pareggiare grazie al solito Cavani praticamente a tempo scaduto. Mazzarri ha utilizzato di nuovo il turnover, viste le fatiche accumulate contro il City e quelle che l’aspettano contro la Juve e, come sempre, turnover significa rinunciare alla vittoria. Ciononostante, nella prima mezz’ora di gioco è il Napoli ad impressionare e la superiorità tecnica dei napoletani sui bergamaschi è evidente; ma nella ripresa la musica è cambiata e l’Atalanta ha giocato da provinciale pura, pressando a tutto campo e correndo veloce. Il Napoli ha sofferto e il suo ex, Denis, ha brillato. Il pareggio è arrivato e Mazzarri può dire di essersela cavata, mentre Colantuono ha confermato che la sua squadra è in grado di mettere alle corde chiunque quando gioca in casa.
A Udine é andato invece in onda un film già visto: l’Udinese non prende gol e batte tutti coloro che transitano per il suo campo. Stavolta è toccato alla Roma, che ha schierato la quattordicesima formazione in quindici partite. Appena c’è un passo avanti, arrivano due indietro. Luis Enrique, francamente, non convince: la squadra è priva d’identità, la difesa alla mercè di ogni attacco la storia del tutti all’attacco per novanta minuti è, appunto, storia buona per i giornalisti compiacenti. Non convincono nemmeno alcune scelte, come quella di rinunciare a Heinze nonostante l’infortunio di Burdisso e lo schierare, di nuovo, giocatori in ruoli che non gli appartengono.
Insomma, l’integralismo di Luis Enrique desta perplessità e le vittorie che vengono osannate sono in realtà conquistate contro le piccole, ma non appena sale il livello degli avversari, la Roma va sotto. A questo si aggiunge poi la rissa interna, dove Osvaldo sferra un pugno a Lamela e si guadagna dieci giorni di sospensione. Pare che il diverbio sia stato il prodotto di un mancato passaggio del giovane argentino a Osvaldo a Udine, ma l’episodio dimostra come il clima festoso che si legge e si sente sia molto diverso da quello che reale. Le incertezze tattiche, i ruoli invertiti e la precarietà generale stanno scoperchiando i nervi, sarà bene che Baldini intervenga prima che sia troppo tardi.
Montella, invece, che di Luis Enrique fu predecessore, all’ultimo momento beffa il Lecce e raccoglie i tre punti. Pareggio tra Cagliari e Bologna (con Ballardini che stavolta non protesta, visto il gentile regalo dell’arbitro) mentre il Novara torna a vincere battendo il Parma e il Cesena sconfigge il Genoa. Amaro, invece, il ritorno di Delio Rossi a Palermo, dove la Fiorentina perde due a zero e non da mai l’impressione di poter cambiare il risultato. Il Palermo di Mangia conferma ancora una volta come la sua squadra sia molle in trasferta quanto micidiale in casa. Il fattore campo è poco importante solo per i commentatori.
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di Fabrizio Casari
Vincono la Juventus, Inter e Roma, pareggiano Napoli, Lazio e Milan. La Juve, che ha letteralmente asfaltato il Palermo, vola quindi al primo posto in compagnia della Lazio. Sia la zona alta che quella bassa della classifica si muovono quindi, ma a questo punto della stagione conta ancora poco. Importantissimo sarà invece leggerla tra un mese, quando sarà finito il ciclo pesantissimo di partite di fila tra campionato e coppe.
Il Milan a Firenze è stato fermato sia dall’arbitro (che ha annullato un gol regolare di Seedorf) che da una Fiorentina che sembra aver sentito subito il nuovo clima determinatosi con l’avvento di Delio Rossi sulla panchina. Ma se i rossoneri hanno dimostrato scarsa concretezza, la Fiorentina esce con merito dall’incontro. Nonostante l’assenza di Jovetic, infatti, i viola hanno disputato una buona gara e le mosse di Rossi hanno imbrigliato non poco i rossoneri, che comunque in alcuni momenti hanno offerto un calcio spettacolare. E’ il Milan, quindi, che recrimina sulla mancata vittoria a Firenze, vista anche la qualità (ma alcune fin troppo leziose) delle sue giocate, ed è la Fiorentina quella più soddisfatta del risultato finale.
Napoli e Lazio hanno dato vita ad un match di buona qualità, ma va detto che alla Lazio mancavano una pleora di giocatori decisivi, a cominciare da Klose, cannoniere micidiale. Il Napoli, a sentire Mazzarri, ha disputato una partita straordinaria (ma Mazzarri ha la singolare caratteristica di leggere allo stesso modo tutte le partite: Napoli grandissimo sempre, a prescindere). Reja non ha nemmeno provato a vincere: ha mandato la squadra in campo per ottenere un pareggio e così è stato. Ci si può chiedere se l’inserimento di Rocchi avrebbe potuto dare maggiori possibilità di vincere, ma sarebbe ozioso per un tecnico che è sembrato voler privilegiare l’assetto di centrocampo e il conseguente equilibrio, più che rischiare di esporsi per tentare di vincere. Resta il risultato, buono per la Lazio e sufficiente per il Napoli, che pare ormai aver decisamente abbassato il livello di efficacia casalinga.
Discorso diverso a Milano, dove l’Inter, grazie ad un errore arbitrale a suo favore sul gol di Thiago Motta (prima volta quest’anno che la svista non nuoce ai nerazzurri) ha avuto ragione di un Cagliari che, passato dalle mani di Ficcadenti a quelle di Ballardini, non ha mostrato nessun passo avanti, anzi. Perché se il problema dei sardi continua ad essere quello del gol, va detto che, con Ficcadenti, i punti comunque arrivavano. L’Inter ha dato timidi segnali di risveglio, offrendo addirittura sprazzi di buon gioco e solo il portiere cagliaritano Agazzi ha impedito con due miracoli due gol di Pazzini e Zarate che hanno visto sbattere sulla traversa due tiri molto belli. Dietro una buona prova della difesa, ma la gara non è sufficiente a offrire uno spaccato veritiero circa le condizioni degli uomini di Ranieri. Troppo poco consistente l’incisività in attacco del Cagliari.
Il Cesena trova finalmente la sua prima vittoria nel derby regionale contro il Bologna, grazie ad un gol di Parolo frutto di un tiro stupendo da fuori area infilatosi all’incrocio dei pali. Ottimo il colpo del Chievo a Catania, mentre non sorprende troppo la vittoria del Parma sull’Udinese, che si conferma squadra bifronte tra le partite in casa e quelle in trasferta. Il Genoa batte il Novara con un uomo in meno e il Siena riesce a pareggiare con l’Atalanta, che pure era stata avvantaggiata da un rigore inesistente.
Nel posticipo domenicale la Roma batte, come prevedibile, il Lecce all’Olimpico. La squadra di Luis Enrique è ora quinta in classifica e sembra confermare la sua crescita. Un gioco offensivo che finalmente sta trovando i punti necessari alla sua consacrazione. Peccato aver annullato un gol regolare di Osvaldo in sforbiciata volante, gesto tecnico purissimo, da antologia del calcio.
Purtroppo però, a segnare la giornata di campionato sono soprattutto le sviste arbitrali, trasversali e decisive quasi ovunque. Da Milano a Firenze, da Siena a Roma, errori di valutazione di guardialinee e arbitri sulle letture delle posizioni di fuorigioco e di falli da rigore hanno contribuito in maniera importante a disegnare risultati e polemiche. Un numero troppo diffuso, quello degli errori, per dar vita a pensieri maliziosi; ma proprio la quantità eccesiva di casi deve assolutamente far suonare un campanello d’allarme circa l’inaffidabilità generale della classe arbitrale.
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di Fabrizio Casari
Lazio e Udinese guidano la corsa, il Milan che ormai in campionato è un rullo compressore, segue a un punto. I rossoneri hanno letteralmente asfaltato gli etnei di Montella, domostrando di aver superato i problemi d’inizio stagione. La forma smagliante di alcuni suoi giocatori ed una panchina di alta qualità, consente ai rossoneri di riproporsi come la squadra più forte del torneo e nemmeno l’uscita anzitempo dal campionato di Cassano minaccia seriamente questo dato, dal momento che il rientro in forma di Pato e l’immissione con continuità di El Sharawi potrebbero avere ragione del buco lasciato dal fuoriclasse barese. La nuova testa della classifica, complice il mancato svolgimento di Napoli-Juventus per impraticabilità del campo, racconta quindi di squadre che stentano in Europa ma viaggiano a mille in campionato.
Perché l’Udinese, reduce da una sonora sberla presa dall’Atletico Madrid, si è rapidamente ripresa battendo 2 a 1 il Siena e la Lazio e il Milan, che pure in Europa non hanno certo incantato, tornano subito a dare dimostrazioni di forza ai danni di Parma e Catania. La giornata ha raccontato però anche della Roma, che si ritrova battendo il Novara di Tesser, e del Palermo che ha steso il Bologna nell’anticipo. Ai giallorossi, interpreti di un pessimo primo tempo, sono servite le correzioni di Luis Enrique, che quando decide d’inserire attaccanti che danno la profondità e di smetterla con gli esperimenti poco sensati, restituisce alla Roma la sua forza e la sua pericolosità. Se il tecnico spagnolo capirà che il campionato nel quale gioca è quello italiano, la Roma potrà tornare a giocare un ruolo di primissimo piano.
Le brutte notizie, invece, arrivano dalla Fiorentina e dal Cagliari, entrambe sconfitte da Chievo e Atalanta; sono due sconfitte che rischiano di avere uno strascico importante sulle panchine di Mijailovic e Ficcadenti, che sembrano essere davvero in bilico. Non è poi detto che il nuovo allenatore porti necessariamente venti di vittoria alle squadre, come si è visto proprio ieri: l’esordiente Arrigoni, infatti, non ha salvato il Cesena, battuto in casa dal Lecce.
L’Udinese, ad ogni modo, sembra inarrestabile e le critiche a Guidolin, che aveva scelto di schierare le riserve a Madrid, hanno avuto così una risposta diretta e inequivocabile: Udine non è in grado di tenere il passo nelle due competizioni e ha scelto di puntare sul campionato italiano. Una scelta coraggiosa quanto ponderata, nella consapevolezza che la velocità e la fluidità del gioco bianconero non dispone di risorse umane sufficienti per affrontare al meglio i due tornei.
Anzi, mentre in Italia, complice il livello non eccelso del torneo, l’Udinese può permettersi di recitare un ruolo di primo piano, in Europa, per un complesso di fattori che hanno a che vedere anche con l’abitudine alle competizioni internazionali, al peso politico della società ed alla struttura complessiva della squadra, difficilmente il cammino potrà protrarsi a lungo. Da qui la scelta evidente, pur se mai confessata, di privilegiare il campionato italiano e, fin qui, la scelta pare essere confortata dai risultati.
Quella di scegliere su quale competizione puntare maggiormente è comunque una questione che riguarderà tutte le italiane impegnate in Europa: Milan, Napoli, Lazio e Inter. Per i nerazzurri, unici ad avere un ruolino di marcia migliore in Europa che in Italia, il ragionamento è esattamente l’opposto di quello dell’Udinese: la squadra di Ranieri sembrerebbe più in grado di dire la sua in Champions che non in campionato: esperienza, capacità di giocarsi il massimo delle energie in un numero ristretto di partite, fascino della competizione e immagine di cui godono (sono ancora i campioni del mondo in carica fino a Dicembre) spingono, forse inconsciamente, a offrire prestazioni migliori in Europa. Ma, ove così fosse, si tratterebbe comunque di una scelta a breve termine, perché ci sono almeno sei squadre in Europa talmente superiori all’Inter che - presto o tardi - il cammino dei nerazzurri è destinato ad interrompersi. A quel punto, la posizione in classifica in Italia determinerà le possibilità di disputare la Champions il prossimo anno.
E anche il Milan, che sembra davvero avere un volto italiano decisamente migliore di quello europeo, pur godendo di tutte le qualità sopra descritte dell’Inter, dovrà decidere in che modo proseguire la sua stagione, ma certo la quantità di campioni di cui dispone lo pone in posizione più avvantaggiata rispetto ai cugini. Ovvio che il mercato di Gennaio potrebbe alterare significativamente quanto detto finora, ma non appare semplice: non sembrano stagliarsi all’orizzonte offerte e disponibilità finanziarie delle due milanesi tali da sovvertire il quadro. Si tratta di vedere, per le due milanesi, come riusciranno a svecchiare un organico decisamente avanti con gli anni. Ma é bene sapere che le differenze tra un organico giovane (di cui sono composte soprattutto le squadre minori) ed uno più maturo (solitamente presente nei grandi club) si vede soprattutto ad inizio torneo e dura fino alla sosta natalizia. E' da Gennaio in poi che il ritmo di chi ha molto corso per mettere punti preziosi in cascina scende e riprende invece quota l'aspetto tecnico e tattico che si fonda anche sulla classe e sull'esperienza di cui le grandi dispongono.
Discorso diverso per quanto riguarda il Napoli, che più che privilegiare dovrà adeguarsi. Difficilissmo, infatti, il passaggio del turno e il conseguente proseguimento dell’avventura europea; nel caso ciò avvenisse, però, il Napoli per assetto complessivo diverrebbe la più seria candidata al titolo. La Lazio, invece, pur disponendo anch'essa di un organico decisamente poco giovanile, ha trovato in Klose un cecchino implacabile ed il leader in campo di cui aveva bisogno. Il limite resta quello di essere una squadra ottima nei primi 12-12 giocatori, ma con un pesante dislivello qualitativo con la sua panchina. Squalifiche, infortuni e cali di forma rischiano quindi di limitare fortemente le ambizioni biancoazzurre, ma il dato è che gli aquilotti giocano bene e vincono spesso. Non è da tutti.
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di Fabrizio Casari
E’ una domenica che sembrerebbe inconsueta, a guardare nel recente passato calcistico, quella nella quale cadono Inter, Napoli e Roma, cioè tre delle cinque squadre accreditate per la vittoria all’inizio della stagione. Ma é forse il segnale di come questo torneo sia davvero diverso da quello degli ultimi anni, che viveva della grande rivalità tra Roma e Inter. La domenica odierna segnala la crisi (definitiva?) dell’Inter e l’incompiutezza del progetto della Roma (entrambe nella seconda parte della classifica, con i nerazzurri addirittura in zona retrocessione) e indica anche le difficoltà di chi, come il Napoli, dopo lo scorso campionato si ritrova nelle vesti di una “grande” e, con ciò, subisce le attenzioni spasmodiche ad ogni passo falso. Una Lazio stratosferica asfalta il Cagliari al Sant’Elia e conferma come i biancazzurri siano entrati nel vortice virtuoso della maturità. Klose, come al solito, ma anche Rocchi, che festeggia il suo centesimo gol in serie A. E la classifica torna, per la prima volta dopo Calciopoli, a riproporre una testa composta da Milan e Juventus con Lazio e Udinese nel ruolo d’incognite più o meno affidabili.
Quella del Meazza e tra Inter e Juventus è stata una bella partita. Le premesse erano chiare: la squadra più in forma del torneo contro quella più in difficoltà; ma le motivazioni di una classica come il “derby d’Italia” hanno avuto ragione di questa differenza e hanno offerto una partita equilibrata che ha fatto vedere la migliore (o meglio, la meno peggiore) Inter della stagione contro la più saggia ed equilibrata Juventus dell’anno. La differenza in campo è stata quella che intercorre da una somma d’individualità e una squadra compatta. L’Inter paga certamente il discreto numero d’infortunati (Julio Cesar, Ranocchia, Samuel, Thiago Motta, Poli, Forlan e ora Maicon) e se a ciò si aggiungono anche prove come quelle di Chivu e Snejider (quest’ultimo, va detto, gioca con una gamba dolorante), cui si somma l’errore (onestamente riconosciuto) di Ranieri di sostituire Zarate con il più che acerbo Castagnois, allora davvero tutto diventa una salita impossibile.
La Juventus, dal canto suo, ha giocato una partita intelligente, senza votarsi all’attacco ma giocando un contropiede favorito da due linee a protezione della propria porta, reparto meno affidabile della squadra. L’abilità di Conte è stata quella di tenere la squadra molto corta e con un buon pressing, per poi ripartire con velocità. L’errore di Ranieri, invece, è stato non capire che tre centrocampisti contro quattro comunque soffrono, se poi sono ultratrentenni la sofferenza è eccessiva. Inoltre, la difficoltà dell’Inter è quella di concretizzare azioni d’attacco, proprio perché schemi d’attacco se ne vedono pochi e il fraseggio nello stretto al limite lo poteva fare con Eto’o e Milito, non con Pazzini, che ha bisogno di cross dal fondo.
Due strade diverse, dunque, per le eterne rivali: la Juventus ottiene un’iniezione di fiducia e autostima che rafforza ulteriormente le possibilità di una compagine che, giocando una partita a settimana, ha il tempo di costruirsi, provarsi, riposare e ripartire. Non ha ancora il profilo di una grande ma gli anni neri sembrano alle spalle. L’Inter, invece, che definitivamente alle spalle ha il dominio degli scorsi anni, pur mostrando miglioramenti sul piano fisico, è eccessivamente incerrottata e resta comunque un’incompiuta, con troppi giocatori non all’altezza della storia nerazzurra, buoni al massimo per la panchina, non per l’undici titolare. Moratti dovrà mettere mano al portafogli in maniera evidente, magari smettendola di cercare la scommessa del futuro per concentrarsi su quanto già sperimentato ancorché giovane. La squadra che vinse tutto è finita, oggi quella che c’è deve lottare per uscire dalla zona retrocessione.
Il Milan ha affondato una Roma troppo leggera e poco incisiva, che nell’assenza di Totti e nella partita sottotono di De Rossi, ha avuto a disposizione solo le piroette inutili di Pizarro, inabilità ad alti livelli di Bojan e Josè Angel e le distrazioni di Juan. La difesa della Roma è sconcertante nella sua fragilità sui calci piazzati e tenere il pallone nella metà campo non basta se poi in difesa e in attacco non bruci mai sul tempo gli avversari. Del resto quando Ibrahimovic per tutta la partita e Cassano per la frazione che ha giocato alzano in quel modo il livello della classe in campo, c’è poco da discutere di moduli e di assetti.
Il Milan sembra quindi definitivamente tornato, con quattro vittorie consecutive sembra voler ricordare a tutti che è ancora la più forte perché, quali che siano meriti e limiti, possiede in numero maggiore delle altre i giocatori che fanno la differenza. La Roma resta un progetto che appare però fatto di scarsa concretezza e costruito su una terra eccessivamente friabile. Luis Enrique non convince e il suo modo di tenere in campo la squadra non spaventa nessun avversario; il possesso palla estenuante si svolge peraltro solo nel centro del campo e non mette mai i giallorossi in condizione di schiacciare gli avversari. Che poi a Roma ci sia una grande fiducia presso questo nuovo corso è cosa che attiene alle stranezze del mondo pallonaro.
Il Catania di Montella (al quale non venne accordata fiducia proprio a Roma) ha steso il Napoli recuperando dopo essere stata sotto di un gol. Quello di prendere un gol nei primi minuti sta diventando un’abitudine per i siciliani, ma certo che vedere la classifica e scoprire che il Catania si trova nei primi 6 posti c’è da strabuzzare gli occhi. Mazzarri si è detto contento della prestazione, che ha definito la migliore della stagione in trasferta.
Un altro dei misteri di Napoli dopo quello del sangue di San Gennaro. Perché il Napoli ha solo un punto in meno della scorsa stagione, ma la sensazione che offre è quella di una squadra già emotivamente stanca. I numerosi infortuni (Gargano, Donadel, Britos e Pandev) e una panchina poco interessante mettono a dura prova la tenuta fisica dei partenopei, che dovranno ora uscire imbattuti da Monaco per poter proseguire in Europa ed approfittare della sosta per riprendere energie decisive per il proseguimento della stagione.
L’Udinese non stecca e torna seconda alle spalle della Juventus grazie alla vittoria di misura contro il Palermo, che evidentemente soffre lontano dalle mura amiche. Umiliato dal Siena cade rumorosamente invece il Chievo, che fino a poche settimane fa aveva ben altra marcia. Il Bologna stende l’Atalanta per 3 a 1 e la Fiorentina si risolleva con fatica grazie ad un gol di Lazzari che consente la vittoria su un Genoa che viaggia a corrente alternata. Mihajilovic ha salvato così, aòmeno per ora, la sua panchina. Cosa che invece non è riuscito a fare Giampaolo dopo la sesta sconfitta del Cesena in nove gare. Campedelli lo ha esonerato e la sensazione è che Giampaolo sia solo il quinto in nove giornate, altri ben presto ne seguiranno il destino. Il primo vero record di quest’anno.
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di Fabrizio Casari
La Juventus in testa al campionato, dice che, pur senza incantare, la squadra allenata da Conte è diversa da quella dell’anno scorso. Per dire che è diversa anche da quelle degli ultimi quattro anni bisognerà attendere la chiusura del campionato. La partita con la Fiorentina, che semplicemente aveva dimenticato di scendere in campo per tutto il primo tempo e per gli ultimi venti minuti della partita, è apparsa infatti equilibrata nella prima fase della ripresa, con gli urli di Mihajilovic forse ancora nelle orecchie dei giocatori.
Il tecnico viola vede la sua panchina sempre più lontana e non potrebbe che essere così: da un anno e mezzo a Firenze, progressi sul piano del gioco e del carattere non se ne sono visti e per una tifoseria che ha negli occhi ancora la squadra di Prandelli, diventa tutto più difficile.
Il primato della Juventus, tuttavia, non sembra scolpito nel marmo. E’ sì il risultato di una squadra che lotta e corre rabbiosa, ma anche di un calendario molto agevole, con cinque partite su otto in casa e sette su otto con avversari non certo di prima fascia. Bisognerà quindi attendere gli impegni più difficili per poter dare un giudizio più completo. Per ora si vedono luci ed ombre. Il gioco dei bianconeri si basa su una grande aggressività in ogni zona del campo, molta corsa e anche una buona capacità di costruire occasioni per le sue punta. Ma dal punto di vista tecnico e tattico la squadra non incanta e la sua difesa, se messa alla prova seriamente, denuncia difetti che Conte dovrà ad ogni costo correggere.
La sfida di sabato prossimo contro l’Inter arriva però nel momento migliore per la Juventus: una squadra in grande forma contro una in convalescenza, una compagine da corsa contro una da rallenty, una squadra che gode di favori contro un’altra che vede solo torti. Se Conte espugnerà il Meazza, però, allora i bianconeri potranno tentare di consolidare un primato in classifica che, ad oggi, è reso precario dalla presenza di sei squadre in tre punti.
La Roma torna sconfitta da Genova. La partita dei giallorossi ha segnato una retromarcia rispetto alle ultime esibizioni: la squadra ha smesso di velocizzare le sue azioni come aveva fatto nelle ultime gare e ha ricominciato a giocare come all’inizio del torneo, cioè con un possesso palla esasperato quanto sterile. Dopo la sconfitta nel derby, la trasferta di Genova rappresenta un altro schiaffo alle ambizioni della compagine guidata da Luis Enrique, che ha invece affermato di aver visto la Roma più bella. D’altra parte da un punto di vista mediatico la Roma vive una magia inspiegabile, con la stampa romana che la esalta e i dirigenti che spiegano come giochi benissimo e quale roseo futuro l’attenda. L’ottimismo è certo indispensabile, ma un bagno di realtà che tentasse di tenere in parallelo le parole e i risultati ottenuti sarebbe a questo punto necessario.
Il Napoli torna a vincere al San paolo grazie a due splendidi gol, quello di Lavezzi in particolare. Era un risultato atteso, considerando che l’Udinese era priva dei suoi attaccanti e che il Napoli doveva per forza sfoderare una buona prestazione tra le mura di casa, onde evitare rumors fastidiosi. E, sempre a propositi di risultati prevedibili, il Milan ne fa altri quattro, stavolta al Parma, che pare aver definitivamente perso lo smalto d’inizio stagione. La tripletta milanista questa volta è di Nocerino, non proprio il più raffinato calcisticamente della compagnia, ma che sta sostituendo Gattuso con la stessa qualità e che, considerato il costo del cartellino, si sta rivelando come uno dei migliori acquisti delle scorse sessioni di calciomercato milanista.
La Lazio viene fermata dal Catania di Montella, che è una delle quattro provinciali che stanno mostrando calcio a buon livello. Venirsi a prendere un punto all’Olimpico non è cosa di tutti i giorni e i siciliani dimostrano che l’assenza di angoscia per la classifica permette di giocare in scioltezza, di costruire collettivo e identità calcistica senza troppa fretta. La squadra di Reja, invece, si è bloccata sul più bello, quando avrebbe potuto scalare la vetta della classifica. Ad un Klose in grande forma si aggiunge però un Cissè che non ne azzecca una e, con Hernanes acciaccato, la tecnica e la fantasia dei biancocelesti resta negli spogliatoi.
L’Inter interrompe la sua marcia verso la guarigione pareggiando a Bergamo. Un buon risultato, certo, considerando la qualità dell’Atalanta (che senza la penalizzazione sarebbe seconda in classifica) e soprattutto considerando che la velocità con la quale gioca la squadra bergamasca è l’arma più pericolosa per un’Inter che la velocità non sa nemmeno cosa sia. L’Inter ha pareggiato grazie a Castellazzi, ha rischiato di vincere grazie a Snejider e Zarate, ma ha rischiato di perdere grazie a Chivu, che ha scelto di festeggiare il suo 31 compleanno con una prestazione da incubo: in occasione del pareggio atalantino si è fatto superare da Denis sbagliando tempo e posizione, poi ha pensato d’ingaggiare una battaglia fisica contro Marilungo in area. Il giocatore atalantino è il primo a commettere fallo e il più lesto a cercare il contatto per avere la scusa per cadere: sa benissimo che ormai buttarsi a terra nell’area dell’Inter e ottenere un rigore sono due momenti della stessa azione.
E’ il quinto rigore fischiato contro l’Inter in otto gare. La tendenza è evidentemente frutto di una indicazione più o meno verbalizzata da parte del Palazzo, visto che in altre partite falli più evidenti non vengono mai trasformati in penalty. L’Inter ha davanti a sé due strade: o continuare a tacere, bofonchiare al limite, e vedersi relegata dagli arbitri nella seconda parte della classifica, oppure scegliere di aprire uno scontro duro e senza ripiegamenti con il Palazzo. Non mancano le sedi, italiane e internazionali, dove Morati può portare documentazione ormai evidente a sostegno di un andazzo, se non lo si vuole definire complotto.
Ma, indipendentemente da quello che l’Inter farà (alla fine sono affari suoi), è da incorniciare lo spettacolo penoso che coinvolge stampa e arbitri. Negli anni precedenti abbiamo assistito a guerre sui giornali per molto, molto meno di quanto accade contro l’Inter, ma quest’anno la stampa tratta con indifferenza compiaciuta i torti ai nerazzurri, che tanto non hanno azioni nelle case editrici che possiedono i giornali, men che mai qualsivoglia ruolo nel sistema mediatico generale, che è semmai proprietà dei nemici dell’Inter. Quanto agli arbitri, sono rimasti in campo solo i peggiori di queste ultime due generazioni. Incapaci di arbitrare, dimostrano però una grande capacità d’ascolto: una particolare, minuziosa attenzione, a dove soffia il vento e a quali direzioni prende.