di Fabrizio Casari

Una giornata di campionato giocata quasi ovunque sotto una pioggia battente, che ha dimostrato come i pronostici servono solo per essere contraddetti dai risultati. Diverse le vittorie esterne affatto prevedibili; prima tra tutte quella della Juventus contro il Milan al Meazza, quella della Lazio in casa del Palermo e quella dell’Inter incerottata contro il Genoa a Marassi, per non dire della trasferta vittoriosa del Napoli a Brescia, dell’Udinese a Bari e della Sampdoria a Cesena, pure se in recupero. Insomma, gli scommettitori più audaci avranno avuto di che festeggiare.

La gabbia di Brocchi e Ledesma a Pastore ha bagnato le polveri del Palermo, che quando non gode delle invenzioni straordinarie del fuoriclasse argentino si riduce ad essere una discreta squadra di calcio, anche se definire discreta qualcosa di Zamparini può sembrare un ossimoro. Ma il fatto è che i biancocelesti hanno dato una lezione di tattica ai rosanero e la cosa era tutt’altro che semplice. Magari non sarà una fuga defintiva, ma intanto la classifica vede la Lazio ancora al comando con 22 punti, seguita dall’Inter a diciotto e dal Milan a 17, con alle spalle la Juventus in coppia con il Napoli a 15. Più scontate le vittorie casalinghe del Cagliari contro il Bologna e della Roma contro il Lecce, che almeno riporta un minimo di serenità nell’ambiente giallorosso.

Fino a un certo punto comunque, perché c’è da dire che la reazione isterica di Francesco Totti dopo la sua espulsione certifica una volta di più l’estrema immaturità psicologica e la fragilità di nervi del capitano della Roma. Sarà anche un momento delicato per il giocatore e per il club, ma quello contro il Lecce é il cartellino rosso numero 14 in carriera ed è chiaro che le giustificazioni valgono solo per i suoi tifosi e le radio a sostegno. Totti salterà il derby e, probabilmente, anche le successive due giornate; non solo per il rosso (diretto) ma soprattutto per la reazione spropositata e ingiustificabile all’uscita dal terreno di gioco.

Certo, vedremo all’opera i perdonatori ufficiali e ufficiosi, quelli attenti al business della comunicazione che ha come target il tifo romanista; né più né meno di quelli che a Torino argomentavano la settimana scorsa la richiesta di non sanzionare Krazic per condotta antisportiva. Del serbo si sosteneva che è “un bravo ragazzo” - ma l’accusa non era di rapina a mano armata, ma di condotta antisportiva - e di Totti si sosterrà che è stato provocato: ma stavolta non potrà accusare Balotelli e non potrà dire di aver difeso “l’onore di Roma”, per giunta senza che la città glielo abbia mai chiesto.

La rottura tra il presidente della Sampdoria Garrone e Cassano ha prodotto i commenti che ci si attendeva. Cassano è stato messo fuori rosa e gli “esperti di mercato” (categoria estranea sia all’esperienza, sia al mercato) sono già a distribuire quote sulla futura collocazione di Fantantonio da Bari. Sulla lite tra il giocatore ed il patron si sa poco. Da un lato c’è chi ha sottolineato come Cassano non riesca ad emanciparsi da se stesso, riproducendo cassanate anche quando sembrerebbe aver definitivamente abbandonato l’impervia strada del suo ego infantile che gli ha impedito una carriera altrimenti straordinaria. Dall’altro lo stesso giocatore, che ha detto di aver chiesto scusa a Garrone ma ribadisce il rifiuto a presenziare ad una serata con Garrone per non meglio precisati problemi in famiglia.

Stando alla ricostruzione fatta dalla Gazzetta dello Sport, quali che siano i problemi che ognuno ha, quelle di Cassano sono state offese gravi e pesanti, prodotto autentico del tasso di nota eleganza del giocatore. Davvero nel caso di Cassano sembra potersi dire come la natura sia stata generosa nel fornirgli piedi straordinari ma che purtroppo si sia fermata lì. Peccato. Ad ogni modo, la Samp, ove non dovesse reintegrare Cassano, è pronta a rimetterci 18 milioni di Euro subito, salvo recuperarli in mancati stipendi e premi.

Il Milan si avvia al confronto con il Real Madrid in condizioni tutt’altro che eccelse. Non bastano i gol di Ibrahimovic (peraltro non frequentissimi) e l’infortunio di Thiago Silva, la scarsa forma di Pato, i dubbi su Robinho e le perplessità su Ronaldinho indicano nei brasiliani il ventre molle della squadra. Un assetto ancora da trovare, una fisicità ridotta e, soprattutto, una difficoltà nel creare gioco e fantasia che pochi avevano previsto. Partita delicata, quindi e non solo per il blasone dell’avversario, la società più vittoriosa di tutti i tempi. Certo, giocare al Meazza non è come giocare al Bernabeu, ma Mourinho al Meazza è di casa e non c’ha mai perso.

Ma le caratteristiche di questo turno, oltre ai numerosi segni “due” sulla schedina, sono stati gli infortuni verificatisi in campo. In primo luogo quelli più duri, traumatici, di Martinez e De Ceglie in Milan-Juventus; poi quelli muscolari di Julio Cesar e Cambiasso in Genoa-Inter. Per i due giocatori juventini si parla di stop di due e tre mesi, mentre per i nerazzurri si tratta dell’ennesimo stop. Quella degli infortuni all’Inter sta diventando il problema principale di Benitez. Sono certamente prodotto di un’annata straordinariamente intensa sotto il profilo atletico e psicologico, certo, ma anche frutto di un cambio dei metodi di allenamento.

La preparazione atletica che aveva scelto Mourinho negli ultimi due anni prevedeva solo il lavoro con il pallone tra i piedi: il resto era tattica e studio dell’avversario. Metodo intelligente, giacché è perfettamente inutile lavorare sui carichi muscolari quando si gioca ogni tre giorni e ci si aggiungono anche gli impegni con le nazionali. Chiaro che il lavoro di scarico non può essere svolto e la muscolatura indurita è esposta pericolosamente sia ai traumi che al freddo e all’umidità.

Non si capisce perché Benitez abbia ritenuto di riportare la squadra in palestra, visto che - tolto Coutinho o Snejider - l’Inter è muscolarmente dotata. Semmai il limite strutturale è l’età media molto alta, ma proprio questo imporrebbe un lavoro atletico impostato sulla brillantezza e non sul fondo. A riprova di ciò, la squadra gioca lentamente, non è certo la velocità la sua caratteristica.

Le difficoltà dei nerazzurri in campo sono evidenti, ma questo sarà materia per un ragionamento da farsi più avanti. Per adesso c’è che all’Inter è in scena un’incredibile catena d’infortuni, sono ormai 15 i giocatori che hanno frequentato l’infermeria in questi due mesi: Julio Cesar, Cordoba, Samuel, Chivu, Zanetti, Cambiasso, Mariga, Stankovic, Thiago Motta, Milito, Pandev, Suazo, Mancini. Solo Lucio, Eto’o, Biabiany e Coutinho non si sono mai fermati. Ma l’aspetto peggiore è che ben sette di essi si sono fermati per il bicipite femorale, cosa che testimonia proprio quanto esposto precedentemente.

A Londra, contro il Tottenham, mancheranno Julio Cesar, Cambiasso, Stankovic, Thiago Motta e Mariga. Il terso portiere sarà Alberto Gallinetta, classe ’92, come Coutinho. Il giovanissimo Biabiany si sentirà quasi uno zio, visto che di anni ne ha 22. E tra i ventuno giocatori partiti per l’Inghilterra molti non sono certo al top, come Milito, Pandev e Lucio.

Benitez farà bene a cambiare direzione, perché la relazione tecnica inviata al presidente, che come minimo è seccato, non è che un’analisi tesa a difendere scelte già rivelatesi sbagliate o, quanto meno, incaute. A Londra l’Inter non potrà comunque perdere, pena rischiare di finire il girone al secondo posto e ritrovarsi quindi in una situazione complicata, affrontando al girone successivo le squadre piazzatesi al primo posto, cioè le più forti. Sì, dovrà darsi da fare Benitez, prima che Moratti non interiorizzi definitivamente di aver commesso un errore nello scegliere il pacioso spagnolo per continuare a vincere dopo la grande fuga dello Special One di Setubal.

 

di Fabrizio Casari

Sarà l’aquila che stavolta si è fermata sugli spalti e non ne ha voluto sapere di rientrare in gabbia, sarà un buon clima, sarò che Lotito parla meno, ma la Lazio non si ferma. Anzi, piazzata in solitudine a 19 punti in classifica, pare crederci sempre di più, come se di partita in partita si rendesse conto che questo campionato sta scrivendo una storia diversa.

Se la fine dello scorso campionato i biancoazzurri aspettavano notizie dagli altri campi per sapere in quale serie avrebbe giocato questo torneo, oggi si può permettere di guardare le partite di Inter e Milan con assoluta rilassatezza. Nemmeno la Lazio di Eriksson aveva realizzato 19 punti in otto partite.

Controllo palla, buon gioco e anche una discreta fortuna, mai estranea completamente ai successi di chiunque. Ma la Lazio, va detto, ha meritato ogni punto fin qui conquistato. Reja sembra aver trovato la soluzione magica per un turn-over da tutti rispettato, ma soprattutto sembra rivelarsi decisivo il non dover giocare le coppe e non dover dare giocatori alle rispettive nazionali.

Tutt’altra storia per la Roma, che non riesce a superare il pur modesto Parma e certifica una vera e propria difficoltà a vincere. La sconfitta di coppa con il Basilea in casa aveva fatto pensare alla trasferta di Parma come occasione di riscatto, ma la partita dei giallorossi al Tardini ha dato solo indicazioni di una squadra pure volenterosa; grintosa ma confusa, incapace di finalizzare negli ultimi 30 metri. Considerando che la difesa non sia proprio impenetrabile, le due fasi del gioco soffrono in maniera evidente. Quella con l’Inter (ottenuta con un colpo da biliardo a partita finita) e quella con il Genoa sono state, fino ad ora, le uniche due vittorie in otto giornate di campionato. E le operazioni finanziarie intorno alla società, forse, cominciano ad influire seriamente nel clima interno. Ranieri viene confermato in diretta Sky da Pradè, certo: ma chi conferma Pradè?

Tra Inter e Sampdoria finisce uno a uno. I nerazzurri hanno attaccato per tutta la partita ad una Sampdoria che deve aver ripassato a dovere il catenaccio di Nereo Rocco. Il gol della Samp è peraltro viziato da un fallo di Cassano ai danni di Chivu non sanzionato, mentre il gol di Eto’o (c’erano dubbi?), molto bello, è frutto dell’arrembaggio interista verso la porta di Curci. Ieri sera il camerunense ha salvato la squadra da una sconfitta casalinga che non arriva da tempo immemore. Ma l’Inter segna poco (sei gol in quattro partite) e se non rientrano i suoi infortunati il campionato rischia di diventare faccenda complicata. Ottimo Coutinho, che ha seminato il panico tra i difensori blucerchiati e gigantesco Lucio, che ha fatto il difensore e il centrocampista.

La Juventus non è andata oltre al pareggio con il Bologna, complice anche un rigore fallito da Iaquinta. D’altra parte il rigore era un regalo dell’arbitro De Marco e dunque è bene che non cambiato il risultato che altrimenti sarebbe risultato falsato. Krazic ha davvero imparato molto da Nedved, anche le cose che andrebbero evitate. Ieri pomeriggio la somiglianza del serbo con Nedved è sembrata evidente a chiunque. Si spera sia sanzionato dal giudice sportivo. La Vecchia signora aggancia il Napoli (che giocherà il posticipo di lunedì sera con il Milan) a 12 punti e il Bologna di Malesani ottiene invece tre pareggi in quattro partite. E’ già molto: l’organico dei Felsinei va bene per tentare la salvezza, non altro.

Buone notizie invece per la Fiorentina, che finalmente ritrova la vittoria nell’anticipo contro il Bari. Va rilevato che le vicende penose di Mutu, grande calciatore e pessimo uomo, pur avendo aggiunto altre preoccupazioni nella famiglia Della Valle, non sono riuscite a deprimere ulteriormente la Viola. Il Palermo di Delio Rossi le prende a Udine: non basta un bellissimo gol al volo di Pinilla e i rosanero, dopo la figuraccia in Europa League, non riescono a rialzarsi. Così, mentre Zamparini starà già pensando a chi licenziare, i friulani escono dalle zone più basse della classifica.

Il Chievo batte il Cesena e si trova al quarto posto in classifica. Alzi la mano chiunque avesse previsto tutto questo prima che il campionato cominciasse. Il Genoa batte il Catania e lo scavalca in classifica. I gialloblù di Gasperini hanno vinto meritatamente, ma la squadra continua a giocare a corrente alternata. Il Lecce, dal canto suo, batte il Brescia e si trova insieme al Palermo e al Genoa a 11 punti in classifica. Non male per i salentini, no?

di Fabrizio Casari

Tre, forse quattro, le indicazioni che vengono dalla giornata di campionato: la vittoria dei ragazzi di Reja a Bari, la conferma di una Juventus che a suon di gol ritrova fiducia, classifica e prospettive, la vittoria dell’Inter a Cagliari, nonostante ormai i giocatori in infermeria siano tanti quanto quelli che vanno in campo, la ricomparsa della Roma che, nell’anticipo, ha trovato un’importante vittoria contro il Genoa.

Comiciamo dalla vetta. La Lazio non si ferma: vince due a zero a Bari contro la squadra di Ventura per confermare di non essere una meteora. Resta prima in classifica seguita da Inter e Milan e dall’inevitabile plotoncino in pochi punti che, in questa fase, caratterizza da sempre i campionati. Ma con le vittorie di Inter, Milan, Juventus e Roma si cominciano a delineare i valori tecnici, rimettendo così nell’ordine delle normalità gli exploit d’inizio torneo da parte delle cosiddette squadre-rivelazione.

Il Milan ha ritrovato Pato ed ha avuto ragione del Chievo. E anche se Ibrahimovic segna nella porta sbagliata, il ritorno del fuoriclasse brasiliano, con Robinho in buona forma e Ronaldinho che gioca in un inedito ruolo da traquartista ma con classe da vendere, la squadra di Allegri aspetta il Real di Mourinho con qualche ansia in meno. Resta l'impressione di una squadra da registrare in difesa; serviranno test più impegnativi per avere un dato certo.

La Juventus ha asfaltato il Lecce, certo più uno sparring partner che un ostacolo duro da affrontare, ma se anche Felipe Melo ritrova fiducia e condizione, con Krazic straordinario, Quagliarella in spolvero e Aquilani con le chiavi del centrocampo saldamente in mano, la squadra di Del Neri può competere davvero per questo titolo, invece che chiedere indietro quelli rubati. Le vedovelle di Moggi gufano, ma questa squadra potrebbe riuscire a dimostrare che non servono né il faccendiere losco di Civitavecchia, né le combine organizzate a mo’ di rete tentacolare per uscire dai campionati con trionfi.

L’Inter ha ragione del Cagliari prima colpendolo e poi governando ( ma con qualche rischio) il tentativo dei sardi di agguantare il pareggio. Uno stratosferico Eto’o, che sebbene acciaccato gioca un solo pallone invitante e lo trasforma in un gol di rara bellezza, dimostra che, al momento, nessuno è più forte di lui davanti alla porta. Una media di un gol ogni 40 minuti dice tutto.

Buona gara di Maicon, Lucio, Snejider e Coutinho. Poi, grazie a Julio Cesar e ad un Chivu finalmente all’altezza della sua fama, la squadra di Benitez porta via tre punti da un campo dove nessuno passeggia. La nota meno lieta sono i “buuh” razzisti dei tifosi cagliaritani contro Eto’o: è proprio vero che la madre degli idioti è sempre incinta. Partita sospesa per due minuti da Tagliavento, ma c’è da augurarsi che una multa pesante vada a molestare il conto in banca di Cellino.

La Roma, con Totti in campo per novanta minuti, batte un Genoa che, fino ad ora, in trasferta aveva dato impressioni migliori. Il rientro di Cassetti e una buonissima gara di Perrotta e Juan, accompagnano una partita che potrebbe diventare una data da incorniciare per questa stagione giallorossa. Anche perché un’eventuale sconfitta della Roma avrebbe significato una vera e propria crisi devastante per l’ambiente giallorosso. Vedremo già dalla prossima domenica se il vento è definitivamente cambiato.

Il Palermo di Delio Rossi maltratta per 4 a 1 il Bologna, mentre il Napoli del loquace Mazzarri non va oltre il pareggio con il Catania. L’Udinese vince a Brescia e finisce in parità tra Cesena e Parma. Desta invece preoccupazione l’ennesima sconfitta della Fiorentina, che si trova ora ultima, solitaria, in classifica. Forse la squadra allenata da Mihajlovic non meritava di perdere, ma la Sampdoria non ha rubato niente. La crisi della Fiorentina non può essere spiegata solo con l’assenza di Jovetic, che pur grandissimo non rappresenta l’unico valore dei viola. Semmai sembra che l’addio di Prandelli abbia lasciato in eredità una crisi d’identità nei viola, che non riescono a trovare più il bandolo della matassa.

Mihajlovic appare fiducioso: “Io sono sereno, ho la coscienza pulita e penso che stiamo lavorando bene: se i risultati non arrivano, è normale che sia più facile cambiare il tecnico piuttosto che i giocatori, ma io non mollo. La ruota girerà, per forza, ma ci siamo messi noi in questa situazione e sta a noi tirarcene fuori". Sarà, ma cinque punti in sette gare raccontano meglio di qualunque analisi la crisi di Firenze. L’allenatore serbo non teme l’esonero e i fratelli Della Valle hanno fama di prudenti; ma certo è che se la Fiorentina non riuscirà a sollevarsi dalla crisi che l’attanaglia, un cambio di panchina - almeno come misura della disperazione - ha buone possibilità di diventare il tema all’ordine del giorno per i gigliati. E già il nome di Dunga, ex ct del Brasile, comicia a roteare come una fionda.

 

di Fabrizio Casari

La Lazio è prima in classifica. Da sola, con due punti di vantaggio su Inter, Milan e Napoli che inseguono. Il racconto della sesta giornata propone quindi di nuovo la squadra di Reja al primo posto, ma stavolta da sola. La partita di cartello era quella tra Inter e Juventus, giocato nel posticipo. Il derby d’Italia è finito zero a zero, ma è stata una partita avvincente. Tattica ma veloce, con Eto’o e Stankovic a brillare nell’Inter e Felipe Melo e Krazic nella Juve. Il risultato è giusto, avrebbero potuto vincere entrambe le squadre, anche se nel finale l’Inter ha preso possesso del campo.

Benitez ha assolutamente bisogno di recuperare Milito; così com’è, complica la vita ai nerazzurri, che sono costretti a tenere il camerunense sulla fascia invece che al centro dell'attacco. Non che sulla fascia Eto’o non metta paura comunque, bene lo sa la Juventus che ha assistito ad azioni del fuoriclasse africano spaventose. Ma tenerlo sulla fascia toglie comunque ai nerazzurri il finalizzatore. Ad ogni modo le attenuanti ci sono e non sono generiche: fare a meno di Samuel, Zanetti, Thiago Motta e Pandev, con Milito malconcio e Biabiany e Cordoba che escono per infortunio, non sarebbe facile per nessuno.

La Juventus continua ad avere bisogno di un’ulteriore registrazione degli schemi difensivi, ma soprattutto sugli esterni. Però il suo centrocampo è davvero all’altezza di ogni avversario. Del Piero non ha molto da dare, ma insieme a Sissoko e Pepe compone una panchina di grande valore. Tatticamente gioca con un 4-4-2 che richiederebbe ali all’altezza e, forse, non ne ha una coppia a disposizione; far giocare insieme Pepe e Krazic esporrebbe molto il centrocampo e la difesa. La squadra comunque è veloce e pericolosa, si vede la mano di Del Neri. Un dato sembra certo: l’Inter, pur fortissima, non è la schiacciasassi dell’anno scorso e la Juventus, pur ancora in fase di costruzione, già non è più la squadra sconclusionata dell’anno scorso. Saranno loro, con il Milan e la Lazio, a giocarsi le prime posizioni fino alla fine.

La Lazio, con un gol di Mauri, batte il Brescia, che pare aver esaurito la dose di fortuna nella gara discutibile contro la Roma. L’assist per Mauri è venuto dal solito Hernanes, che si conferma ogni domenica che passa come l’acquisto più felice dell’ultimo calciomercato. Se poi si pensa che anche Boateng è laziale (gioca nel Milan ma il suo cartellino è in comproprietà tra Lazio e Genoa e non é detto che non approdi presto a Roma), si capisce che il centrocampo biancoceleste è davvero all’altezza delle grandi. Dove potrà arrivare la Lazio è presto per dirlo, ma certo è che chiunque dovrà farci i conti. L'unico vantaggio che ha avuto, fino ad ora, é stato quello di un calendario tutto sommato agevole, poi arriveranno le grandi.

Finisce con la vittoria per uno a zero per i rossoneri la partita tra Parma e Milan nell'anticipo della giornata. La sancisce, al 35° del primo tempo, un gol capolavoro di Pirlo, un bolide sotto l’incrocio da 35 metri. Boccone troppo tenero il Parma per un buon Milan che, nel primo tempo, divora sei o sette palle gol con Ibrahimovic che non riesce a segnare in nessun modo nonostante i diversi assist. E se Mirante ha negato allo stesso Pirlo il possibile due a zero, è anche da sottolineare come un rigore evidente sia stato negato al Parma. Si sa: i rigori sono rigori, ma quando si tratta del Milan lo sono meno. Non a caso in quest’occasione Galliani non protesta, non pubblica regolamenti; capisce da solo quando è meglio tacere. E, davanti a un Milan che non vinceva in trasferta dall’aprile scorso, il silenzio è d’obbligo.

La Roma, attesa alla conferma delle ultime due partite, perde l’appuntamento con la riabilitazione. Dopo un primo tempo sostanzialmente equilibrato, nella ripresa il Napoli s’impone. La squadra di Totti non mostra mai segnali di qualità individuale e collettiva in grado di modificare l’andamento del match e ripropone una lettura delle due precedenti vittorie (Inter e Kluje) con occhio meno enfatico. Se, infatti, quella con i nerazzurri era stata ottenuta con una buona dose di fortuna, ma senza mai mostrare una supremazia nel corso della gara, quella con i modestissimi romeni in Champions era apparsa comunque venata da incertezze che, per fortuna, non avevano disegnato un risultato diverso.

Quello che stupisce è l’estrema perforabilità della difesa, che sulla carta avrebbe tre centrali di assoluto livello. Ranieri, osannato per il cambio con Vucinic che aveva permesso il gol in pieno recupero con l’Inter, è di nuovo messo in discussione a causa della sostituzione di Borriello con lo stesso montenegrino. Insomma, l’equilibrio nei giudizi non è proprio pane consueto per l’ambiente e questo, oltre che una carenza di forma da parte di quasi tutti i suoi giocatori, contribuisce negativamente. La penultima posizione in classifica avrebbe invece bisogno di essere affrontata con spirito combattivo e unità interna, due elementi che sembrano mancare ai giallorossi.

Straordinario Palermo quello che, guidato dal suo fuoriclasse Pastore e dal solito Ilic (che si conferma un giocatore con i fiocchi) espugna Firenze. La Viola incassa così la terza sconfitta in sei giornate di campionato e nemmeno il gol di Gilardino risulta sufficiente a riprendere il cammino verso il successo. Peraltro, un Sirigu in forma strepitosa fa gli straordinari e para persino un rigore, che serve a non farci sentire, almeno per qualche giorno, le strampalatezze di Zamparini.

Si rivede il Genoa, che batte il Bari in extremis con un gran gol di Palacio e un’incornata finale di Toni che rende inutile il gol di Barreto su rigore (indiscutibile). Per il resto soltanto pareggi; quello del Chievo con il Cagliari e quello della Sampdoria contro il Bologna. Un Cassano polemico, che esce ignorando la sua panchina e il suo allenatore, annuncia maretta nello spogliatoio dei blucerchiati. Ormai pare una gara: chi viene sostituito protesta, chi lo sostituisce non commenta. Niente di nuovo, il solito filmino.

 

di Fabrizio Casari

La Lazio di Reja si trova prima in classifica insieme all’Inter. Chievo e Brescia seguono a un punto, il Milan a due. Le due notizie sono queste: per la prima volta da moltissimi anni, tutte le squadre che partecipano al campionato hanno già subito una sconfitta e, da tempo immemore, la Lazio non si trovava in testa alla classifica. La vittoria esterna sul campo del Chievo con il gol di Zarate (che non segnava da Febbraio) propone una squadra che ha davanti a sé un campionato che sarà ricco di soddisfazioni. Centrocampo e attacco biancoazzurri sono di ottima fattura e la difesa, pure non brillantissima, ha comunque un ottimo portiere.

L’uscita anticipata di Pellissier dal campo ha bagnato le polveri al Chievo, ma la vittoria appare meritatissima, anche solo per le occasioni avute dallo stesso Zarate. Se recupera l’attaccante argentino e se le polemiche che normalmente animano l’ambiente laziale non ci mettono la coda, la Lazio può davvero arrivare nelle posizioni alte della classifica. Hernanes è un signor giocatore, le cui movenze ricordano Falcao e la corsa di Floccari e Mauri rappresenta imprevedibilità e sostanza nelle manovre d’attacco.

La sconfitta dell’Inter dice che non c’era la fuga ipotizzata e la vittoria della Roma dice che non c’era nessun complotto. Due verità che riportano le cose nell’alveo del raziocinio, giacchè dopo quattro giornate di campionato, con 36 partite mancanti, sembrava come minimo azzardato parlare di fuga. Dal canto romanista, nessun complotto dura solo una settimana. Il risultato dell’Olimpico è largo per i giallorossi e stretto per i nerazzurri; il pareggio sarebbe stato il risultato più giusto. Il controllo della partita è stato a lungo dei campioni d’Italia, non a caso l’Inter ha tirato 15 volte in porta e la Roma due.

Ma la Roma di sabato sera è stata decisamente diversa da quella vista dall’inizio di stagione: con la squadra titolare in campo ha mostrato grinta, velocità, reparti ravvicinati e un portiere che, nonostante le paure delle ore precedenti la partita, ha fatto fino in fondo il suo dovere. L’Inter, dal canto suo, esce sconfitta ma non ridimensionata: ma l’idea di controllare la partita e, peggio ancora, ritenerla finita prima del fischio dell’arbitro, è da ingenui.

La differenza l’hanno comunque fatta i due allenatori: Ranieri ha inserito negli ultimi minuti Vucinic al posto di Totti, con il chiaro intento di provare a vincere; Benitez ha inserito Muntari al posto di Snejider, con l’intenzione di contenere. La notizia fastidiosa per la Roma è l’ennesima polemica di Totti sostituito; tutto chiarito, ma sarebbe bene evitare scene che non fanno il bene della Roma. Quella per l'Inter é il nervosismo di Chivu. Più seria per i nerazzurri è invece la notizia dell’infortunio di Milito, che difficilmente lo renderà convocabile per la partita di Champions con il Werder Brema. Thiago Motta, Zanetti e Milito assenti e Samuel, Santon e Lucio acciaccati: mercoledi da leoni obbligatorio per battere i tedeschi.

Il Milan, ancora una volta, non brilla. Vince perché Ibrahimovic mette il piedone sopra i due metri d’altezza e mette dentro uno dei pochi palloni interessanti. Senza Ibra, il Milan è poco meno che quello dell’anno scorso. E’ a due punti dalla testa, con Napoli e Catania, ma non da mai l’impressione di essere in grado di premere sull’accelleratore e dimostrarsi forte sul campo almeno la metà di quanto lo è sui media.

Il Napoli strapazza il Cesena, pur arrivando al pareggio grazie ad un rigore che è sembrato un regalo di natale anticipato: almeno per una sera De Laurentiis e Mazzarri non faranno polemiche. Ma proprio Mazzarri ha dovuto cambiare le sue scelte per cambiare il risultato: l’ingresso di Gargano e, soprattutto di Cavani (autore di una doppietta che lo porta insieme ad Eto’o in cima alla classifica dei cannonieri) hanno dato una vittoria ai partenopei che, comunque, è stata strameritata. Il Cesena, del resto, sembra aver lasciato a casa l’ispirazione delle prime giornate e, con il catenaccio, raccoglie solo sconfitte.

Un’altra notizia è rappresentata dalla vittoria della Fiorentina. Due a zero al Parma non sarà come espugnare Milano o Roma, però Mihajilovic aveva un disperato bisogno di tre punti che riportassero - oltre che una posizione in classifica migliore - un minimo di entusiasmo in una città che, forse, si è già rassegnata ad un campionato inferiore alle potenzialità che invece i viola hanno.

Il Palermo ormai azzecca una partita ogni due e viene fermato dal Lecce sul 2-2. La Sampdoria sembra aver dimenticato la strada della vittoria (non vince da un mese) ma almeno così l’Udinese conquista un punto. Il Catania spreca troppo e il Bologna agguanta un meritato pareggio. Il Bari, strapazzato dall’Inter sei giorni prima, stende il Brescia, che viaggiava al secondo posto in classifica, alla faccia della storia del calcio. Barreto sembra Ronaldo e, per sua fortuna, l’arbitro non è Ceccarini.


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