di Sara Michelucci

La vita della cantante cilena Violeta Parra trasmigra nel film diretto da Andrés Wood, Violeta Parra Went to Heaven. Basata sull'omonimo libro biografico di Ángel Parra, figlio della famosa artista cilena, il quale ha collaborato alla realizzazione del film, la pellicola si è aggiudicata il Sundance Film Festival e ha ottenuto la nomination come miglior film straniero agli Oscar del 2012. Un tendone, a Santiago del Cile, è il luogo dove fanno visita a Violeta Parra le persone che hanno influenzato la sua vita. Tutti i segreti di questa affascinante figura femminile verranno man mano a galla, attraverso gli incontri che avrà nella sua vita.

Gioie e dolori, paure e slanci vitali si mescolano in quest’opera densa di umanità e mostrano una figura decisamente interessante e magnetica. Il regista mette in risalto le molteplici opere di questa artista, specchio della sua anima e del suo modo di vivere e pensare. Spazio ampio anche ai ricordi, con gli amori di gioventù e quelli di età matura. È un viaggio, quello che la scrittrice mette in atto per far scoprire se stessa, attraverso i personaggi che l’hanno fatta ridere e piangere.

La vita straordinaria della musicista cilena è messa ampiamente in risalto, senza essere eccessivamente didascalici, ma riuscendo a regalate agli spettatori la visione di un personaggio complesso, ma umano al tempo stesso. L’artista è uno di noi. Ama e soffre proprio come chiunque altro e questo lo mette sullo stesso piano delle persone comuni. Senza dimenticare, però, la forza e la grandezza del talento che accompagna le vite di alcuni.

Molto densa l’interpretazione dell’attrice Francisca Gavilán, che entra appieno nel personaggio, conferendogli un’emozione in più. Al centro non solo il tema dell’amore, ma anche quello dell’ingiustizia sociale, presente nelle canzoni, cantate quasi come un lamento, dell’artista sudamericana.

Violeta Parra Went to Heaven
(Cile, Argentina, Brasile, 2013)

Regia: Andrés Wood
Sceneggiatura: Eliseo Altunaga
Fotografia: Miguel Abal e Miguel Ioann Littin Menz
Montaggio: Andrea Chignoli
Musiche: Violeta Parra
Scenografia: Bakhteyar Qaharov

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Sara Michelucci

Sono passati ben 28 anni. E quando Val (Al Pacino) esce di prigione si imbatte nel suo vecchio socio di affari, Doc (Christopher Walken). Passano una nottata tra alcol e baldoria, ritrovando anche un altro vecchio amico, Hirsch (Alan Arkin), che ai tempi delle loro scorribande era solito fare l’autista. Per Val si tratta di una vera e propria rimpatriata, fino a che capisce che Doc è stato contattato dal boss Claphands per ucciderlo come vendetta per la morte accidentale del figlio.

Un cast decisamente da urlo quello scelto Fisher Stevens, che sveste i panni di attore (lo ricordiamo nella celebre serie Ultime dal cielo), per mettersi dietro la macchina da presa e dirigere la commedia Uomini di parola. La storia che decide di raccontare, mette in risalto il vissuto di questi tre uomini, che ingurgitano Viagra, ricordano il passato e sono ancora una volta pronti a sfidare il destino.

È una storia di amicizia, ma anche di vendetta, congeniata in maniera tale che si assiste a una introspezione dei personaggi, con la capacità di caratterizzarli al punto giusto, senza essere banali. Al centro dell’attenzione, anche il tempo che passa, il mutamento del fisico e dello spirito e il peso delle esperienze passate che non rimangono semplicemente sullo sfondo, ma emergono nelle azioni dei tre.

La condanna a cui Doc deve sottostare, ovvero quella di dover uccidere l’amico fidato, per salvare la sua vita, crea un tempo sospeso che risulta essere piuttosto interessante e che mette di fronte lo spettatore a una serie di scelte e di avvenimenti che lo lasciano sul filo del rasoio.

Il film forse perde un po’ di colpi nella seconda parte e nel finale non proprio brillantissimo, ma nel complesso non dispiace. Sarà anche per la bravura attoriale dei tre divi di Hollywood, i quali non deludono e ancora una volta riescono a portare al massimo i personaggi che sono chiamati a interpretare.

Uomini di parola (Usa 2012)
Regia: Fisher Stevens
Sceneggiatura: Noah Haidle
Distribuzione: Koch Media
Interpreti e personaggi: Al Pacino; Christopher Walken; Alan Arkin; Julianna Margulies

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Sara Michelucci

Il Giappone ancora una volta ispira il cinema americano. Ma se i fumetti manga sono i preferiti di Quentin Tarantino, i Kaiju, i colossali “mostri misteriosi” del cinema nipponico sono la base su cui si fonda Pacific Rim, film diretto da Guillermo del Toro. Il mondo è sotto l'attacco di giganteschi mostri, noti come Kaiju, emersi da un portale interdimensionale sul fondo dell'Oceano Pacifico. La guerra contro di loro è destinata a distruggere milioni di vite e consumare le risorse umane future.

Per fronteggiarle vengono creati enormi robot antropomorfi alti circa 90 metri chiamati Jaegers, di solito controllati simultaneamente da due piloti le cui menti sono collegate a una rete neurale. Gli attacchi dei Kaiju sono quasi tutti concentrati sugli stati che affacciano sull'Oceano Pacifico, le nazioni più potenti del Pacific Rim impiegano gran parte delle proprie risorse per aderire al progetto Jaeger e la loro costruzione.

I Kaiju si adattano ben presto ai loro nuovi avversari, diventando più eterogenei, aggressivi e organizzati. La feroce risposta dei mostri spinge nuovamente l’umanità sull’orlo dell’estinzione. A ribaltare le sorti della guerra sarà l'ultimo manipolo rimasto degli ormai sottovalutati piloti di Jaegers. Tra loro spiccano i due protagonisti: un ex pilota caduto in disgrazia ed una giovane recluta.

Il film è sicuramente interessante, anche da punto di vista tecnico, realizzato completamente su pellicola digitale e con una interessante saturazione del colore che si ottiene grazie all’utilizzo dell’Epic, la speciale videocamera che si usa per il 3D. Del Toro riesce nella sua impresa di girare un film d’azione dai contenuti non scontati e con una regia buona, che non stanca lo spettatore, ma gli regala momenti di puro spettacolo. Un omaggio alla cultura giapponese, senza cadere nella retorica, ma mostrando invece una certa dose di maturità di del Toro dietro la macchina da presa.

Pacific Rim (Usa 2013)
regia: Guillermo del Toro
sceneggiatura: Travis Beacham
attori: Charlie Hunnam, Idris Elba, Rinko Kikuchi, Ron Perlman, Clifton Collins Jr., Max Martini, Robert Maillet, Burn Gorman, Larry Joe Campbell, Diego Klattenhoff, Brad William Henke, Charlie Day
fotografia: Guillermo Navarro
musiche: Ramin Djawadi
produzione: Legendary Pictures
distribuzione: Warner Bros

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Sara Michelucci

Azione e avventura nel nuovo film The Lone Ranger, prodotto da Walt Disney Pictures e Jerry Bruckheimer Films e diretto da Gore Verbinski. La pellicola, che vede protagonisti Armie Hammer e Johnny Depp, è basata sulla omonima serie radiofonica. Una fiera di contea è la location che dà inizio al film, in una San Francisco degli anni Trenta, dove un giovane ragazzo di nome Will sta frequentando una mostra Wild West.

Will si imbatte in un manichino apparentemente normale, che si rivela essere, invece, un guerriero indiano, Tonto (Johnny Depp), il quale racconta la storia di John Reid (Armie Hammer), un avvocato che divenne leggenda. Si torna indietro fino al 1869, quando Reid, uomo di legge, tornato nel vecchio west per consegnare alla giustizia Butch Cavendish.

Durante la spedizione, però, la banda di Cavendish, riesce a dirottare il treno che deraglia subito dopo, con la conseguente fuga di Butch e l’uccisione del fratello di John, il Texas Ranger Dan Reid. L’avvocato viene salvato da Tonto, un indiano, e da un cavallo bianco. Da qui inizia un’avventura fatta di imprese epiche e rocambolesche, vissute dai due eroi impegnati nella lotta all'avidità e alla corruzione.

I due daranno vita a una coppia solitaria, che cercherà giustizia. Il western torna così a ricalcare uno dei temi più cari a tale genere, con una nuova originalità. La struttura narrativa è decisamente ben congeniata e articolata, senza essere però ridondante e i personaggi ‘servono’ bene il racconto. Dopo Pirati dei Caraibi, Verbinski riesce a dare un tocco più raffinato alle avventure che i suoi personaggi si trovano a compiere. E al famoso eroe mascherato è data nuova vita.

regia: Gore Verbinski
sceneggiatura: Ted Elliott, Terry Rossio, Eric Aronson, Justin Haythe
attori: Johnny Depp, Armie Hammer, Helena Bonham Carter, Ruth Wilson, William Fichtner, Tom Wilkinson, Barry Pepper, James Badge Dale, James Frain, Leon Rippy
fotografia: Bojan Bazelli
montaggio: James Haygood
produzione: Silver Bullet Productions, Jerry Bruckheimer Films
distribuzione: Walt Disney Studios Motion Pictures Italia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Sara Michelucci

Gli zombi tornano al cinema con il film di Marc Forster, World War Z. La loro, però, è una versione molto più soft e per nulla politica rispetto a quella che ci ha regalato il grande maestro dell’horror, George Romero. I suoi morti viventi, infatti, erano rappresentativi di un male di vivere della società americana del periodo, segno che qualcosa andava cambiato. La storia ruota attorno a un impiegato delle Nazioni Unite, Gerry Lane (Brad Pitt), in una corsa contro il tempo per bloccare una epidemia che rovescia eserciti e governi e che minaccia di decimare la popolazione mondiale.

Adattamento cinematografico dell’omonimo libro di Max Brooks, il film non riesce pienamente a decollare e il lato horror si perde completamente. La terribile infezione che si scatena a Filadelfia e nel resto del globo porterà i vari governi a salvare le basi della cultura umana, come opere artistiche, quadri e libri. Il film, però, un vero e proprio blockbuster con tutti gli elementi del genere, non convince. Resta impigliato in una suspense legata solo a scene d’azione, riprese dall’alto e a corse contro il tempo. Non c’è nulla di più.

Gli zombie non sono un elemento di riflessione sulla società contemporanea e neppure di denuncia. Sono solo un elemento da cui fuggire e contro cui combattere, ma non sono rappresentativi di nulla di più. Ed è stata già resa nota la volontà di fare un sequel e questo, forse, giustifica un finale piuttosto debole e che ha tutto il sapore dell’irrisolto. La pellicola è costata la bellezza di 190 milioni di dollari, ma ha già avuto un fortunato debutto, con incassi pari a 111,8 milioni. Non si stenta a credere che anche in Italia avrà il suo discreto successo.

Regia: Marc Forster
Sceneggiatura: J. Michael Straczynski, Matthew Michael Carnahan
Attori: Brad Pitt, Mireille Enos, Eric West, Matthew Fox, James Badge Dale, David Morse, Elyes Gabel, Michiel Huisman, David Andrews, Trevor White, Sterling Jerins, Daniel Newman, Nikola Djuricko, Pierfrancesco Favino
Fotografia: Robert Richardson
Montaggio: Matt Chesse
Musiche: Marco Beltrami
Produzione: Plan B Entertainment, Apparatus Productions, Paramount Pictures, Skydance Productions, UTV Motion Pictures
Distribuzione: Universal Pictures

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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