Maestro di humor e di garbo, Gigi Proietti rappresenta un punto di riferimento per il mondo artistico italiano. Il racconto dell’ultimo grande istrione dello spettacolo italiano, la sua vita, la sua storia, il segreto della sua indimenticabile comicità sono racconti nel documentario Luigi Proietti detto Gigi, firmato da Edoardo Leo e presentato all’ultima Festa del Cinema di Roma.

A volte si conosce la storia leggendo libri, a volte ascoltandone i racconti, a volte facendo appello ai ricordi. Questa volta, lo strumento usato per ricordare la storia recente del Nicaragua, è un documentario firmato da Marcio Vargas e Carlos Vargas Arana. Una produzione che ricorre la storia tenebrosa dei sedici anni di governi liberali (inizio 1991- fine 2016). Cominciarono quando Violeta Chamorro, candidata degli Stati Uniti e dell’oligarchia nicaraguense ad essi devota, alla testa di una coalizione di 14 partiti, sconfisse il Frente Sandinista alle elezioni del 1990. L’annessionismo tornava a sconfiggere l’indipendentismo: il somozismo senza Somoza si imponeva alla guida del Nicaragua.

Con l’incoronazione della Presidente Chamorro, cominciarono i 16 anni di governi liberali. Sedici anni di miseria, fame, distruzione dei diritti sociali, repressione, brogli elettorali, corruzione e ruberie. Il patto con gli Stati Uniti era scritto a lettere maiuscole: l’oligarchia privava gli USA di un nemico storico (il Sandinismo) e gli USA consentivano all’oligarchia di arricchirsi come mai nella storia. Per le famiglie della borghesia nicaraguense fu una corsa all’oro migliore di quella che ebbero con Somoza, il quale non lasciava che briciole all’appetito degli oligarchi che, per questo, si travestirono da antisomozisti.

A specializzarsi nell’odio in quei sedici anni furono in diversi, ma il peggiore fu Humberto Belli, ministro dell’istruzione che fece rima con distruzione. Membro dell’Opus Dei e fratello della scrittrice Gioconda, relatrice di tutti i suoi amori tranne quello che prova per il denaro e i potenti. Mai, la cosiddetta poetessa, raccontò l’orrore per il consanguineo, mai un rigo per prenderne le distanze. Del resto l’impero non l’esigeva.

Il documentario racconta con un tocco delicato ma deciso quello che significarono i 16 anni dell’orrore. E’ un documentario militante, che offre una lettura sociopolitica di quanto avvenuto in quei sedici anni con i liberali al governo. L’alternanza tra interviste, voci dalla strada, immagini provoca un felice matrimonio tra sguardo udito. Racconta, per chi vuole sapere, la valanga di famiglie divoratrici capaci solo di saccheggiare e mentire.

La famiglia Chamorro aprì le fauci e si prese Presidenza della Repubblica e direzione del governo e, nemmeno il tempo di sedersi, licenziò 20.000 lavoratori dello Stato identificati come sandinisti e diede vita alla vendita di aerolinea, ferrovia e flotta peschiera. Cominciava così il più imponente trasferimento di ricchezza dalle casse pubbliche a quelle private, che vide anche il tentativo di privatizzare l’acqua e i rifiuti  e privatizzò istruzione e sanità per generare un maggior risparmio per lo Stato, che poteva così continuare a versare i suoi attivi nelle casse dell’oligarchia. Era l’inizio del chamorrismo.

Il trasferimento di ricchezza ebbe il suo contesto politico. La vendetta ideologica contro il Sandinismo grondava odio e rabbia. Vennero cancellati monumenti, murales e vie intitolate agli eroi sandinisti, venne chiuso il museo dell’alfabetizzazione, come a evidenziare l’insopportabilità di pelle verso una iniziativa che aveva dato onore al Nicaragua. Perché potendo imparare a leggere e a scrivere, i poveri, gli umili e i senza diritto avrebbero disposto di sapere e, sapendo, non si è più schiavi.

In un efficace uso del bianco e nero che si sovrappone al colore, quasi ad indicare il rilievo di alcuni passaggi drammatici, il documentario indica la sostanza del progetto liberale, che prevedeva di spezzare le gambe al popolo, di azzerarne ogni dimensione identitaria e di classe, ogni lettura della società che non fosse quella feudale. Togliergli il lavoro, le case, i diritti, oltre a permettere una gigantesca appropriazione indebita di proprietà da parte dell’oligarchia, toglieva la dignità e obbligava ad una vita di stenti una popolazione intera. Gli rendeva difficile la militanza politica, le lotte, il sogno del cambiamento, perché prevaleva l’urgenza del sopravvivere, del provare a mettere cibo in tavola e ad avere un tetto sulla testa. Il presente doveva impedire anche solo di immaginare il futuro.

La sfida fu quella di chiudere per sempre con il Sandinismo in Nicaragua ma l’operazione destinata ad azzerare il Frente Sandinista non ebbe seguito. La pattuglia di traditori guidati da Sergio Ramirez e Dora Maria Tellez si era rivelata un fracasso e Daniel Ortega aveva deciso di ricostruire dal basso il Frente Sandinista. Difendere le conquiste della Rivoluzione, appoggiare le istanze sociali e le battaglie per i diritti, furono gli esercizi della nuova palestra sandinista. Municipio per municipio, senza mezzi che non fossero la disponibilità collettiva, Daniel ricostruiva quello che sembrava perso nell’immondezzaio del tradimento e del trasformismo politico.

Il Nicaragua conobbe i brogli elettorali di Aleman e la cosiddetta “osservazione elettorale” statunitense e costaricense che forniva al MRS, che presiedeva il CNE, l’avallo per il furto dei voti. Dopo Aleman arrivò Bolanos, ma non vi furono differenze di sostanza. Il primo rubava immergendosi nelle sue feci in piscina, il secondo usava guanti bianchi, ma il saccheggio non conobbe pause, solo differenze di stile.

Sull’irrompere vorace e servile della classe di arricchiti nelle viscere del Paese il documentario incede senza pietà. L’utilizzo degli insert video si rivela utile a disegnare i contorni e i commenti in studio spezzano il ritmo dando spazio al parlato da affiancare alle immagini.

Furono sedici anni nei quali mancò la decenza della politica e quella degli uomini, la luce e il cibo, dove i pavimenti erano polvere e il dormire senza un tetto chiedeva clemenza alla natura. La Chureca, discarica della capitale, divenne la mensa dei poveri perché la povertà divenne miseria, la tristezza si fece disperazione.

Ma il libro che racconta la vita del Nicaragua non si chiuse con la pagina orribile della disperata miseria, delle morti per malattie curabili, degli indici nutrizionali più bassi della Regione, della mortalità infantile ai livelli più alti e della speranza di vita ridotta al minimo. Il Sandinismo, come un fiume che attraversa le stagioni, seppe ricominciare a scorrere e la sua morte troppo presto annunciata venne sostituita dalla sua la resurrezione. Quel popolo umiliato, affamato e deriso, messo ai margini e dichiarato estraneo al suo stesso Paese, trovò il modo di impugnare una matita come fosse un fucile, riportando nel Novembre del 2006 le cose nel loro ordine naturale. Daniel trionfò e l’oligarchia dovette lasciare il campo. L’orrore era finito. Il Nicaragua tornava ad essere dei nicaraguensi.

Chi non conosce il Nicaragua, per non esserci stato o per non essersene mai occupato, così come chi lo conosce solo attraverso le lenti deformate, le parole mistificate e i fatti manipolati della stampa occidentale, potrebbe – anzi dovrebbe – vedere una e più volte questo documentario. Oggi, che il Nicaragua vive la stagione migliore di tutta la sua storia, vedere cosa ha attraversato rende edotti su quanto è stato fatto in questi 15 anni di Sandinismo. Per questo va visto, per l’emozione che trasmette e la verità che racconta. E sconfiggere la menzogna conoscendo la verità è il primo passo per respirare giustizia.

Unico film italiano in concorso al prossimo festival di Berlino, Leonora Addio, firmato da Paolo Taviani, racconta la rocambolesca avventura delle ceneri di Pirandello e il movimentato viaggio dell’urna da Roma ad Agrigento, fino alla tribolata sepoltura avvenuta dopo quindici anni dalla morte. E a chiudere il film, l’ultimo racconto di Pirandello scritto venti giorni prima di morire: “Il chiodo” dove il giovane Bastianeddu, strappato in Sicilia dalle braccia della madre e costretto a seguire il padre al di là dell’oceano, non riesce a sanare la ferita che lo spinge a un gesto insensato.

Pirandello muore a Roma il 10 dicembre 1936 e nel suo testamento lascia precise disposizioni: “Sia lasciata passare in silenzio la mia morte. Agli amici, ai nemici preghiera non che di parlarne sui giornali, ma di non farne pur cenno. Né annunzi né partecipazioni. Morto, non mi si vesta. Mi s'avvolga, nudo, in un lenzuolo. E niente fiori sul letto e nessun cero acceso. Carro d'infima classe, quello dei poveri. Nudo. E nessuno m’accompagni, né parenti, né amici. Il carro, il cavallo, il cocchiere e basta. Bruciatemi. E il mio corpo appena arso, sia lasciato disperdere; perché niente, neppure la cenere, vorrei avanzasse di me. Ma se questo non si può fare sia l’urna cineraria portata in Sicilia e murata in qualche rozza pietra nella campagna di Girgenti, dove nacqui”.

Il film girato in Sicilia e negli studi di Cinecittà, è interpretato da Fabrizio Ferracane, Matteo Pittiruti, Dania Marino, Dora Becker, Claudio Bigagli.

“Il grottesco delle ceneri sballottate dal caso e dalla stupidità umana pare uscito dalla stessa penna di Pirandello: il paradosso, il ridicolo che scivolano nell’assurdo. Come assurdo è il furore tragico di “Il chiodo”, la seconda storia del film ispirata a Pirandello da un fatto di cronaca a Brooklyn: ‘bambina uccisa da un ragazzo italiano’. Qui la verità della cronaca si fonderà con un’altra verità, quella del film”, dichiara Taviani.

E sul festival aggiunge: “È proprio una bella notizia che il Festival di Berlino si farà in presenza. Sì, è una bella sfida ai virus che ci perseguitano. È il cinema che combatte e Berlino è un Festival che non si scoraggia e cerca sempre il nuovo del cinema nel mondo. Buona fortuna allora al direttore Carlo Chatrian e ai suoi collaboratori. E a tutti noi!”.

Leonora Addio (Italia 2022)

Regia, soggetto e sceneggiatura: Paolo Taviani

Montaggio: Roberto Perpignani

Musiche: Nicola Piovani

Attori: Fabrizio Ferracane, Matteo Pittiruti, Dania Marino, Dora Becker, Claudio Bigagli

Distribuzione: 01 Distribution

laylist 1h 28’ (18:30 - 20)

Giuseppe Tornatore rende omaggio a Ennio Morricone, nel documentario Ennio. La pellicola è il ritratto a tutto tondo di uno dei musicisti più popolari e prolifici del XX secolo, tra i più amato dal pubblico internazionale, due volte Premio Oscar, autore di oltre 500 colonne sonore indimenticabili.

“Ho lavorato venticinque anni con Ennio Morricone. Ho fatto con lui quasi tutti i miei film, per non contare i documentari, gli spot pubblicitari e i progetti che abbiamo cercato di mettere in piedi senza riuscirci. Durante tutto questo tempo il nostro rapporto di amicizia si è consolidato sempre di più. Così, film dopo film, man mano che la mia conoscenza del suo carattere di uomo e di artista si faceva più profonda, mi sono sempre chiesto che tipo di documentario avrei potuto fare su di lui. E oggi si è avverato il mio sogno”, sottolinea Tornatore.

Il documentario lo racconta attraverso una lunga intervista di Tornatore al maestro, testimonianze di artisti e registi, come Bertolucci, Montaldo, Bellocchio, Argento, i Taviani, Verdone, Barry Levinson, Roland Joffè, Oliver Stone, Quentin Tarantino - scene di fiction, musiche e immagini d’archivio. Ennio è anche un’indagine volta a svelare ciò che di Morricone si conosce poco. Come la sua passione per gli scacchi, che forse ha misteriosi legami con la sua musica.

Ma anche l’origine realistica di certe sue intuizioni musicali come accade per l’urlo del coyote che gli suggerisce il tema de Il buono il brutto, il cattivo, o il battere ritmato delle mani su alcuni bidoni di latta da parte degli scioperanti in testa ad un corteo di protesta per le vie di Roma che gli ispira il bellissimo tema di Sostiene Pereira. Un’attitudine all’invenzione che trova conferma nel suo costante amore per la musica assoluta, e la sua vocazione a una persistente sperimentazione.

“Ho voluto realizzare Ennio – prosegue il regista - per far conoscere la storia di Morricone al pubblico di tutto il mondo che ama le sue musiche. Non si è trattato solo di farmi raccontare da lui stesso la sua vita e il suo magico rapporto con la musica, ma anche di cercare negli archivi di mezzo mondo interviste di repertorio e altre immagini relative alle innumerevoli collaborazioni svolte in passato da Morricone con i cineasti più importanti della sua carriera”.

Il film è strutturato attraverso “gli spezzoni dei film da lui musicati, le immagini di repertorio, i concerti, possa fare entrare lo spettatore nella formidabile parabola esistenziale ed artistica di uno dei musicisti più amati del ‘900. E poi mi sono soffermato sul ‘mio’ Ennio Morricone, raccontando anche il metodo molto speciale con cui abbiamo affrontato il nostro lavoro dai tempi di Nuovo Cinema Paradiso sino all’ultimo La corrispondenza, l’argomento preferito dai giornalisti in ogni intervista”, conclude.

Non resta allora che lasciarsi trasportare dalla musica e dalle immagini.

Ennio (Italia 2021)

Regia, soggetto, sceneggiatura: Giuseppe Tornatore

Musiche: Ennio Morricone

Fotografia: Fabio Zamarion, Giancarlo Leggeri

Montaggio: Massimo Quaglia e Annalisa Schillaci

Suono: Gilberto Martinelli, Fabio Venturi

Produzione: B Produzioni Srl, prodotto da Gianni Russo e Gabriele Costa, una coproduzione Potemkino (Belgio), Terras (Belgio), Gaga (Giappone), Blossom Island (Cina)

Distribuzione internazionale: Block 2 Distribution

Distribuzione italiana: Lucky Red

La fantascienza torna al cinema con Moonfall, firmato da Roland Emmerich. La Luna, a causa di una forza misteriosa, va in rotta di collisione con la Terra, scatenando una minaccia per la vita sul pianeta.

A poche settimane dall'impatto, l'ex astronauta della Nasa, Jo Fowler (Halle Berry), crede di avere la soluzione per salvare il pianeta, ma solo l'amico astronauta Brian Harper (Patrick Wilson) e il teorico complottista K. C. Houseman (John Bradley) la sostengono e sperano che abbia ragione.

Così i tre organizzano una missione nello spazio, per scoprire che la Luna non è quello che sembra.

Il maestro del disaster movie ci racconta la Luna in modo assai diverso da come eravamo di solito abituati a pensarla, mettendo in scena un film apocalittico che tiene con il fiato sospeso e mostra nuove visioni del mondo.

Un lavoro interessante dal punto di vista scenico e dell'uso del digitale, con il regista di Stargate e Indipendence Day che, ancora una volta, preme l'acceleratore sul genere catastrofico, circondandosi di un cast valido.

Moonfall (USA, Canada, Cina 2022)

Regia: Roland Emmerich

Sceneggiatura: Spenser Cohen, Roland Emmerich, Harald Kloser

Cast: Halle Berry, Patrick Wilson, John Bradley, Michael Peña, Charlie Plummer, Kelly Yu, Donald Sutherland


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