di Roberta Folatti

Uno studio d’animazione composto di trentenni che, dopo aver fatto esperienze all’estero, hanno deciso di tornare nella loro città, Palermo, e di “aggredire” il mondo del lavoro da lì. Nella convinzione di essere bravi, molto bravi. Il progetto importante che stanno seguendo in questo momento si chiama Caciocavallo, un cartone animato in cui picciotti e capimafia vengono ridicolizzati, sminuiti con l’arma dell’ironia.
Ne abbiamo parlato con Daniele Manno, direttore della società Zerocento insieme a Rodolfo Drago.

Com’è nata l’idea di un cartone animato sulla mafia?
Siamo appassionati dei Sopranos e di film del genere, da palermitani li guardiamo anche in modo critico, ne notiamo le caratteristiche e le peculiarità. Sull’onda mediatica dell’arresto di Bernardo Provenzano, ci è venuta l’idea di provare a fare noi un film sulla mafia. In fondo chi è più indicato? Siamo cresciuti dovendo fare i conti con un certo ambiente...

La mafia e i mafiosi sono ancora molto presenti nel cinema.
Sì ma c’è da registrare un’inversione di tendenza. Una volta nei film si cercava di descrivere la vita reale dei mafiosi, prendi il Padrino, Scarface ecc. Oggi sono i personaggi reali, i delinquenti veri, ad ispirarsi ai film, a scimiottare gli attori di Hollywood, protagonisti di pellicole sulla mafia.
Questo è di per sè ridicolo ed è ciò che vorremmo mettere in risalto. Ci piacerebbe togliere un po’ di carisma ai mafiosi, rimuovere quell’aurea che si sono conquistati anche grazie a certi film. Tutti noi spettatori, fino ad ora, abbiamo subito il fascino dei mafiosi dello schermo. E’ venuto il momento di riderne.

Ma a chi si rivolge Caciocavallo?
E’ diretto a un pubblico adulto, non si tratta di temi spendibili fra ragazzi e adolescenti. La nostra è un’ironia amara, noi conosciamo quello di cui parliamo, il fatto stesso di essere palermitano ti obbliga a convivere con la mafia. Però, dopo esperienze lontano da questa città, abbiamo scelto di tornare a lavorare qui, perchè in fondo si vive bene a Palermo.

Cosa sarà esattamente Caciocavallo?
Ancora lo stiamo decidendo, siamo in trattative avanzate con una società di produzione ma non è ancora chiaro se si tratterà di un lungometraggio per il mercato cinematografico – che insieme alla storia di Provenzano ripercorra le vicende mafiose degli ultimi cinquant’anni – o una serie con puntate da 15-20 minuti, ovviamente più adatta al mercato televisivo. L’importante è che il nostro prodotto artistico non venga imbrigliato in logiche di produzione troppo rigide.

Ma a che punto siete?
Siamo molto avanti nella fase della pre-produzione, abbiamo le bozze di sceneggiatura e già una ventina di personaggi pronti. Ci sarà un super boss contrapposto al capo della squadra mobile, e una serie di picciotti che ne combinano di tutti i colori. Anche la questura ci ha offerto la sua collaborazione per rendere più credibile la storia.

Come sta il cinema d’animazione in Italia?
I precedenti sono catastrofici, ma noi conosciamo il mercato e ci sentiamo in grado di rischiare, perchè siamo convinti di avere talento e capacità.

I giovani mitizzano ancora la mafia?
La generazione dei ventenni ci sembra di una grande pochezza intellettuale, incapace di rielaborare le informazioni che riceve e dotata di scarsissimo spirito critico. Quindi facile preda di miti sbagliati.




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