di Maurizio Coletti

Sul giudizio che Andrea Muccioli ha tranciato a riguardo della legge Fini - Giovanardi sulla droga e dintorni, si può concordare: San Patrignano la definisce "una schifezza elettorale" e denuncia lo squallido tentativo di raccattare qualche manciata di voti.
L'ispiratore della signora Moratti si scaglia contro Fini e Casini perché non avrebbero mantenuto fede alla promessa di un provvedimento che doveva marcare in maniera definitiva e solenne la differenza tra consumo e spaccio.
Anche ammesso che questo sia un punto importante (lo spaccio è, frequentemente, una maniera per campare e, si sa, Monsignor Romero diceva che aiutare un povero cristo è atto di pietà cristiana, chiedersi le cause della sua povertà diventa comunismo), Muccioli e Moratti fingono che la legge cialtrona contenga solo norme inefficaci.
Inefficace lo scandalo di stabilire per legge la parità tra sostanze così diverse? Inefficace prefigurare percorsi penali per i soggetti colti in flagranza di uso o di detenzione?

di Giovanna Pavani

E' una domanda che ogni anno si riaffaccia, inquietante, e alla quale è difficile dare una risposta definitiva: perché guardare il Festival di Sanremo? Perché, soprattutto, più di dieci milioni di persone, per cinque sere di seguito, lo fanno senza vergogna e, anzi, con vezzo voyeristico, se ne fanno pure un vanto? Perché, ancora, un'Italia oggi alle prese con problemi più gravi di ieri, ma forse ancora migliori di quelli di domani, si blocca, stupita e curiosa, a guardare uno spettacolo obsoleto, un mausoleo vivente fuori dal mondo, un rigido protocollo che azzera chiunque, che spegne intelligenze e irrita per la sua offensiva banalità? Le risposte alla complessità sociologica di questi quesiti sta tutta in uno slogan, in quello spot semplice e disarmante, che qualche anno fa il sensale per eccellenza della messa cantata degli italiani, Pippo Baudo, sfoderò con grande non chalance in una sala stampa dell'Ariston gremita fino all'inverosimile di giornalisti curiosi. Più di capire il fenomeno che di conoscere i testi delle canzoni in gara: perché Sanremo è Sanremo disse "Pippo nazional-popolare". E fu subito applauso.

di Liliana Adamo

Qualcuno ricorda un film caduto nel dimenticatoio come "Totò che visse due volte" di Ciprì e Maresco? Pochi l'hanno visto rispetto ai tanti che ne hanno ponderato le traversie.
Il film "blasfemo" dei due cineasti siciliani, è datato come il film di Pier Paolo Pasolini, "Ricotta"; eppure entrambe le opere subirono la ronca della censura per vilipendio e offesa alla religione. Meglio, lo psicologo Leonardo Ancona, portavoce della commissione censoria, definì i registi di "Totò che visse due volte…" come due psicopatologici che offendono l'umanità. Era l'Italia del 1998. Il caso di Ciprì e Maresco sollevò più di una questione politica, tant'è che nel marzo dello stesso anno l'allora vicepresidente del Consiglio, Walter Veltroni, suggerì al Consiglio dei Ministri il riesame della legge sulla censura preventiva (n. 161 del 21 aprile del 1962), fermo restando l'applicazione dei divieti ai minori. Altri tempi, si dirà. Nessun Calderoli d'epoca con tanto di maglietta, proiettò pubblicamente il film, in nome della "libertà d'espressione" (magari in qualche piazza romana adiacente al Vaticano) e indubbiamente, nessuna pubblicazione tendenzialmente di destra (perdonate l'abuso "ideologico", ma siamo ancora negli anni novanta), come Il Foglio e Libero, gridarono ai quattro venti di far proprie le tesi della libertà d'espressione laica rispetto a quei caproni intestarditi di fede cattolica.

di mazzetta

C'era una volta un'erba buona, che aveva tante qualità da scatenare l'ostilità di tanti che non sopportavano che la sua diffusione danneggiasse i loro affari.
Venne allora deciso che l'erba era cattiva perché qualche giovane la fumava cercando l'evasione della realtà senza pagar dazio e il bollo sugli alcolici; e l'erba venne bandita. Sparì allora dalle nostre campagne e il nostro paese cessò improvvisamente di coltivarla, nonostante fosse tra i primi produttori mondiali; abbandonò tutta l'industria attraverso la quale lavorava questo dono della natura e la canapa diventò una "droga" dalla sera alla mattina.
Da allora sono passati decenni e il destino dell'erba buona sembrava segnato, non poteva che essere prodotta in lontani paesi senza legge, e giungere a noi se non per essere fumata.

di Raffaele Matteotti

La forza e la potenza dei paesi che nelle epoche si sono imposti alla luce della storia, si sono sempre fondate su una burocrazia efficiente e sul rendiconto preciso che l'amministrazione era in grado di fornire alla guida politica.
Quello di poter disporre di dati affidabili sui quali fondare il governo dei fenomeni politici ed economici è un problema attuale per la Cina, dove il governo centrale riceve solo rapporti edulcorati dalle amministrazioni periferiche, ma anche per gli Stati Uniti.
Negli USA il problema nasce però dai vertici, che dalle statistiche e dalle misurazioni e rendiconti, in questo momento possono trarre solo sconfessioni al loro operato.
Spariscono così i dati sull'inquinamento, che vengono pubblicati solo dopo esser stati "corretti" da uomini distaccati appositamente dai petrolieri presso l'amministrazione; spariscono i controlli e rendiconti contabili sulle spese per la guerra, ormai fuori controllo e, alla stessa maniera, è sparito anche l'annuale rapporto sul terrorismo.
Un rapporto discutibile e discusso, posto che la qualifica di "terrorista" veniva attribuita abbastanza arbitrariamente dall'amministrazione USA, ma la sparizione del quale ha fatto rumore negli ambienti diplomatici.


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