di Bianca Cerri

Il calcolo è presto fatto: Live Earth, il bio-megaconcerto globale voluto da Al Gore per salvare il pianeta dai gas serra, è stato seguito da due miliardi tondi tondi di persone. Un evento di grande magnitudine dunque ma, come tutti i fatti della vita, problematico. Per prima cosa non tutto si è svolto in modo ambientalmente corretto e questo è un peccato, visto che gli organizzatori si erano prefissi di motivare le folle sul tema della lotta al riscaldamento globale. In secondo luogo, non è facile liberarsi dal dubbio che la cosa sia servita soprattutto per riportare alla ribalta Al Gore, garantendogli la maggior visibilità possibile in vista di una candidatura in extremis alla presidenza degli Stati Uniti. Che il riscaldamento serra abbia creato una serie di guai irreparabili al pianeta è fuor di dubbio, altrimenti i governi non avrebbero investito nella ricerca delle cosiddette “energie pulite” e nelle campagne educative per convincere la gente a ridurre la produzione di gas serra responsabili dell’aumento della temperatura terrestre. Ma per quanto riguarda i politici, molti hanno intuito subito che terrorizzando il pubblico sul futuro dell’ambiente possono portare molta acqua al loro mulino elettorale.

di Daniele John Angrisani

Nel mezzo di una estate che si preannuncia con temperature record negli Stati Uniti, a Washington ci pensa la politica a dare una mano a tenere ancora più caldo il clima. La notizia di questa settimana è sicuramente la decisione della Casa Bianca di commutare la pena per "Scooter" Libby, l'ex braccio destro del vicepresidente Cheney ed una delle persone più influenti della Casa Bianca di George W. Bush. Libby è stato processato e poi condannato da una corte federale a 30 mesi di prigione e 250 mila dollari di multa, con l'accusa di aver mentito agli investigatori nell'ambito dell'indagine che aveva come obiettivo quello di capire chi aveva spifferato alla stampa che Valerie Plame era in realtà una agente della CIA, per vendetta contro la decisione del marito, l'ex ambasciatore americano in Iraq, Joseph C. Wilson, di denunciare apertamente sulla stampa, nel 2003, le menzogne dell'Amministrazione Bush che hanno portato alla guerra in Iraq. A seguito della decisione presidenziale di commutazione della pena, Libby non dovrà più scontare alcun giorno di galera, ma solo pagare la multa a cui è stato condannato, che, per quanto ingente possa essere, nulla è in confronto ad una condanna al carcere.

The New York Times

E' tempo che gli Stati Uniti abbandonino l'Iraq, senza più alcun ritardo che non sia quello necessario per far si che il Pentagono possa organizzare una ritirata ordinata delle truppe. Come molti americani, abbiamo cercato di evitare di raggiungere questa conclusione, attendendo vanamente un segnale da parte del presidente Bush di cercare seriamente di far uscire gli Stati Uniti fuori dal disastro che lui stesso ha creato quando ha deciso di invadere l'Iraq senza avere un motivo sufficiente per farlo, in spregio all'opposizione dell'opinione pubblica mondiale e senza un piano per stabilizzare il Paese dopo l'invasione. All'inizio, credevamo che dopo aver distrutto il governo iracheno, il suo esercito, la sua polizia e le sue strutture economiche, gli Stati Uniti avessero quantomeno il dovere morale di raggiungere alcuni degli obiettivi che Bush proclamava di voler perseguire: in primo luogo costruire uno Stato iracheno stabile ed unito. Quando è divenuto chiaro che il presidente non aveva né la visione né i mezzi necessari per ottenere questo obiettivo, abbiamo comunque affermato che non era giusto decidere una data arbitraria per il ritiro delle truppe finché vi era ancora qualche speranza di mitigare il caos che ne sarebbe risultato.

di Eugenio Roscini Vitali

Il 6 luglio, mentre si recava in visita presso le zone alluvionate dal recente uragano che ha colpito l’Asia meridionale, il presidente pakistano Pervez Musharraf avrebbe subito un attentato. La notizia, diffusa dall’agenzia di stampa Reuters, precisa che l’aereo dove viaggiava il generale è stato colpito da alcuni colpi, sparati subito dopo aver lasciato la pista della base militare di Rawalpindi, pochi chilometri a sud della capitale. L’aereo, che ha poi continuato il volo senza problemi, è atterrato nell’aeroporto di Turbat, nel sud del Paese. La settimana scorsa, il Pakistan meridionale è stato colpito dal passaggio del ciclone Yemyin, che ha causato più di 100 morti e 200 mila senzatetto, specie lungo le coste del Beluchistan. In passato, Musharraf è già scampato a diversi attentati: il 14 dicembre 2003 una bomba è scoppiata subito dopo il suo passaggio a Rawalpindi; il 25 dicembre dello stesso anno è sopravvissuto all’esplosione causata dal un camion bomba lanciato contro il suo corteo. Nell’agosto 2005, un individuo di nome Islam Siddiqui è stato impiccato dopo essere stato giudicato colpevole di aver partecipato agli attentati del 2003 e nel settembre 2006, la Corte Suprema ha condannato a morte altre 12 persone, civili e militari, accusati di aver preso parte agli stessi attentati.

di Elena Ferrara

Sono 14 milioni i rifugiati e oltre 24 milioni gli sfollati. Sono il “prodotto” delle nostre guerre e segnano la realtà di un mondo che non dà pace alla popolazione civile. I dati sono forniti settimanalmente dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) che compie opera di registrazione e documentazione, ma che – ovviamente – non riesce a bloccare il dramma che coinvolge gente inerme, lontana dal grande gioco della guerra e delle lotte politiche e religiose tra etnie. Le statistiche ci dicono che nel 2006 sono stati quasi 10 milioni nel mondo i rifugiati e che il loro numero è aumentato per la prima volta dal 2002, principalmente a causa della situazione in Iraq. C’è, quindi, un incremento del 14% per cento. E sempre in questo conteggio c’è da segnalare che è cresciuto anche il numero di persone che rientrano nelle altre categorie di competenza dell'Unhcr. In particolare, nel corso del 2006 è quasi raddoppiato, passando da 6,6 a 12,9 milioni, il numero di sfollati interni che sono passati dai 21 milioni del 2005 ai quasi 33 milioni del 2006.


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