di Bianca Cerri


Molti si chiedono perch鬠vista la costante presenza di Bono Vox tra i leaders dei paesi pi?ustrializzati del mondo, il G8 non sia ancora diventato G9. Ad Heiligendamm, persino George Bush ha discusso con lui dell?importanza ?strategica? dell?Africa e delle prossime elezioni presidenziali negli Stati Uniti, mentre il premier canadese Harper 蠳tato accusato di essere anti-progressista per essersi rifiutato di incontrarlo. Essendosi auto-eletto ambasciatore del popolo africano, Bono si sente apparentemente autorizzato a bacchettare tutti i paesi che non obbediscono alle sue direttive. Ma perch頂ono 蠴anto convinto che il futuro del mondo dipenda da lui? E chi gli ha conferito il potere di presentarsi al G8 senza una veste ufficiale? Cosa gli fa credere che gli africani ambiscano ad essere rappresentati da lui, oltretutto nato e vissuto nel mondo occidentale? Qualcuno ha insinuato che sarebbe stato il Vaticano a favorire la sua presenza tra i leaders dei paesi pi?ustrializzati del mondo, ma persino uno pseudo-stato come il Vaticano difficilmente affiderebbe un ruolo qualunque ad un personaggio che pretende di avere la scena tutta per s鮠L?ipotesi pi?babile 蠣he lo stesso Bono sia convinto di poter sopperire con il presenzialismo all?appiattimento musicale della sua band che da quasi 20 anni non produce pi?disco decente.

di mazzetta


Recentemente in Iran sono stati arrestati quattro cittadini americani e un altro è sparito, ma qui da noi non l’ha saputo nessuno e nemmeno negli Stati Uniti la notizia ha avuto tanto l’onore delle prime pagine. La cosa suonerà paradossale a molti, in particolare in un momento storico nel quale, da tempo, gli Stati Uniti ci hanno abituati all’esibizione di ostilità spesso gratuite verso il paese persiano. La cosa perde ogni originalità se invece si entra nella notizia, la si ripulisce dalla propaganda e la si contestualizza correttamente. A tal proposito è bene essere informati del fatto che a Washington c’è stato un deciso cambio di politica e, tolto qualche indefesso neo-con, nessuno parla più di islamo-fascismo (termine addirittura proibito da Robert Gates) e nemmeno di attacchi all’Iran. La cosa potrà sorprendere, ma dopo che gli stessi militari hanno sconfessato a ripetizione le aspirazioni del gruppo raccolto attorno a Dick Cheney, anche Bush sembra aver capito l’antifona; la nomina di Gates al Pentagono trasuda realismo e le sue prime decisioni vanno nel senso di emarginare la truppa neo conservatrice e di recuperare l’efficienza di Pentagono, CIA ed FBI, ormai da troppo tempo impegnate ad assecondare i desideri e le fantasie della cricca guerrafondaia più che ad attendere i compiti loro assegnati istituzionalmente.

di Carlo Benedetti

E’ stato detto: gli ultimi saranno i primi. E a Bruxelles il “miracolo” si è svolto puntualmente, alla faccia degli interessi europei. Perché i due polacchi Kaczynski – il presidente Lech e l’altra metà il premier Jaroslaw, freschi di continente – sono praticamente riusciti a spuntarla con il loro disegno sostanzialmente antieuropeo. Tutto si è svolto nel quadro generale del vertice dell’Ue (presenti i capi di stato e di governo dei 27 paesi membri) chiamato a rilanciare le riforme istituzionali dell’Unione dominate da una serie di passaggi cruciali che caratterizzano il processo di integrazione. E così a Bruxelles – sotto la direzione del Cancelliere tedesco Angela Merkel – l’obiettivo primario è stato di smussare le divergenze venute alla luce dopo la bocciatura del referendum in Francia e in Olanda del Trattato Costituzionale. Ed è in questo contesto che è esploso subito il “caso polacco”. Perché Varsavia ha chiesto (con insistenza) di modificare il nuovo sistema di voto della doppia maggioranza (55 per cento degli Stati e 65 per cento della popolazione) introdotto al posto del voto all’unanimità attualmente in vigore e ritenuto non più adatto ad assicurare il funzionamento dell’Ue, ormai composta di 27 Paesi e destinata ad ulteriori allargamenti. I polacchi, in tutta questa vicenda, hanno alzato il tiro.

di Daniele John Angrisani

Il giorno dopo il vertice europeo che ha prodotto l’ennesimo compromesso al ribasso, si può tranquillamente affermare, parafrasando Marx, che uno spettro si aggira per l'Europa: l'integrazione europea. Tutti ne parlano come qualcosa di necessario per garantire lo sviluppo dell'Unione Europea, tutti a parole sono a favore, ma quando poi si arriva ai fatti, tra distinguo e veti incrociati, la montagna finisce sempre per partorire un misero topolino. Anche questa volta il canovaccio è stato il medesimo dei vertici precedenti, tanto è vero che il premier italiano, Romano Prodi, si è affrettato a raccontare alla stampa il suo rammarico per quella che ha definito "l'Europa in cui molti Paesi hanno perso lo spirito europeo", pur mostrando apprezzamento per i risultati raggiunti. Gli ha fatto eco il cancelliere tedesco Angela Merkel, che ha cercato in tutti i modi di evitare il fallimento di questo vertice che sarebbe stato il peggiore epilogo per una presidenza tedesca della UE già avida di risultati ottenuti.

di Fabrizio Casari

Saranno resi pubblici domani le centinaia di documenti governativi degli Stati Uniti riguardanti le attività della Central Intelligence Agency statunitense, meglio conosciuta – e temuta – come CIA. Lo ha dichiarato l’attuale Direttore generale dell’agenzia, il generale Michael Hayden. La documentazione si riferisce a due decadi, quelle che vanno dal 1953 al 1973. Tra le “perle” dell’attività segreta dell’agenzia spionistica di Langley, figurano – solo per citarne qualcuna delle decine svoltesi nel continente latinoamericano - il colpo di Stato in Guatemala, l’aggressione a Cuba con lo sbarco mercenario alla Baia dei Porci, la crisi dei missili, l’organizzazione di complotti per uccidere capi di Stato stranieri (e forse non solo stranieri). Insomma, l’essenza stretta, almeno sul piano dell’attività di spionaggio, della “guerra al comunismo” nei primi venti anni di guerra fredda in quello che a Washington chiamano “il cortile di casa”. Nel periodo che verrà preso in esame, in effetti, si sono succeduti avvenimenti cruciali della storia latinoamericana che potrebbero ora venir meglio contestualizzati nell’analisi sul ruolo di Washington nello scacchiere continentale attraverso la conoscenza dell’attività della sua intelligence.


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