di Luca Mazzucato


Secondo il noto adagio occidentale, Israele è l'unica democrazia in Medioriente: è sicuramente vero per chi appartiene alla maggioranza ebraica. Equivale all'incirca a dire che il Sudafrica durante l'apartheid era l'unico stato democratico africano: sicuramente vero, per la minoranza bianca. Per chi sperava in un cambiamento, ci ha pensato recentemente lo “Shin Bet”, il servizio segreto militare israeliano, a mettere in chiaro nero su bianco che Israele non è una democrazia, ma uno stato etnico. Tre mesi fa, le organizzazioni arabo-israeliane per i diritti civili e i partiti arabi hanno proposto ufficialmente l'avvio di una discussione per il superamento del carattere etnico dello stato ebraico e per ottenere il riconoscimento ufficiale dello status di minoranza araba. Yuval Diskin, capo dello “Shin Bet”, dalle pagine dei maggiori quotidiani ha dichiarato che i servizi segreti considerano i cittadini appartenenti alla minoranza araba una “minaccia strategica” per lo stato d'Israele e che si impegneranno a fondo per sventare qualsiasi iniziativa che mini il carattere ebraico dello stato, in particolare anche le iniziative di tipo legale. È quindi scoppiata una polemica furente tra la destra e i partiti arabi, a colpi di petizioni alla Corte Suprema, mentre il capo del principale partito arabo Balad rischia persino di essere espulso dalla Knesset.

di Carlo Benedetti

Kasparov sostiene che in Russia non c’è democrazia. Non si può dargli torto. Anche a costo di trovarsi a fianco dei propagandisti americani che si stanno impegnando nella campagna anti-Putin, si deve dire che il Cremlino attuale ha superato il livello di guardia quanto a democrazia. E’ un “fascismo strisciante” quello che scuote la Russia di questi ultimi tempi: al Cremlino c’è questo ex esponente del vecchio e famigerato Kgb che ha portato al vertice una nutrita schiera di suoi colleghi. Tanto che si può dire che la “democrazia” nata dalla perestrojka di Gorbaciov e dal decisionismo di Eltsin ha creato una nuova generazione di oligarchi ladroni e arroganti: i media pagano col sangue la volontà di verità e il “caso Politkovskaja” è ancora aperto; in Cecenia il potere di Mosca insedia un suo Quisling noto come oppressore e organizzatore di pogrom; le strutture economiche e commerciali dello stato mostrano sempre più il volto del loro dispotismo burocratico; i laudatores del regime cercano di coprire le tante realtà negative con i colori del capitalismo, con il fragore delle discoteche, dei casinò e dei night; il presidente confonde le acque barcamenandosi tra scelte che possono sembrare “sovietiche” ed altre che appaiono chiaramente come “americane”…

di Carlo Benedetti

L’Ucraina è in marcia secondo le regole di un golpe programmato dagli americani in versione antirussa. Apre gli scontri il presidente di Kiev Viktor Yushenko che, attaccando il premier Viktor Ianukovic, scioglie la “Rada” (il parlamento locale), fissa le elezioni legislative per il 27 maggio e punta a riportare alla guida del governo Yulia Volodomyrivna Tymoshenko. Come dire che la “Rivoluzione arancione” del 2004 continua. E questo – alla luce della situazione attuale – può anche voler dire che l’Ucraina è di nuovo alla vigilia di una scissione. Due paesi in uno. Da una parte la zona industriale - quella forte e filorussa delle aree operaie – dall’altra quella contadina, cattolica e filoccidentale di Lvov. Due Ucraine, quindi. La prima orientata verso Mosca, la seconda che guarda alla Polonia antirussa e allo sponsor d’oltreoceano.

di Alessandro Iacuelli

La Gazzetta Ufficiale della Repubblica Francese ha pubblicato quel che già da settimane si attendeva: il decreto che autorizza il colosso elettrico d'oltralpe EDF a costruire il suo reattore nucleare di terza generazione "EPR" a Flamanville, in Normandia, progetto nel quale è coinvolta anche ENEL. Dopo il via libera dell'Autorità di sicurezza del nucleare e del ministero della sanità, "nulla si opponeva più alla firma del decreto", ha dichiarato il ministro dell'Economia e delle Finanze, Thiery Breton, al quotidiano Les Echos. I dubbi sul progetto riguardano però la sua ubicazione: occuperà infatti 120 ettari di terreno, a ridosso delle scogliere del Cotentin: una zona direttamente affacciata sull'Atlantico, soggetta spesso a bufere e mareggiate.
Altri dubbi vengono dal fatto che la pubblicazione del decreto avviene all'indomani dell'incidente nucleare di Dampierre, avvenuto lo scorso 9 aprile nel Loiret, dipartimento francese della regione Centro. Il comunicato dell’Autorità di sicurezza nucleare (ASN), sostiene essersi verificato un incidente sul reattore numero 3 della centrale nucleare gestita dalla stessa EDF e sottolinea che è stato provocato "da un abbassamento dell'energia elettrica".

di Elena Ferrara

La parola “pace” è bandita dal Darfur. Con il tragico scenario del Sudan e del Ciad che riprendono le ostilità. Da Khartum (che alle spalle ha sempre una guerra civile tra Sud e Nord del paese, scoppiata per il controllo dei giacimenti di petrolio e complicate questioni etniche e religiose) giungono notizie sempre più allarmanti (in Darfur si combatte) che riferiscono di un’aggressione armata, in cui almeno 17 soldati sudanesi sarebbero rimasti uccisi dopo un’incursione delle truppe del Ciad. E da N’Djamena – la capitale situata sulle rive del fiume Chari – si ammette l’incursione sostenendo, però, che alcuni reparti dell’esercito erano sì entrati nella regione sudanese del Darfur, ma solo per inseguire un gruppo di ribelli. E sempre in riferimento a questi scontri il Ciad accusa le forze sudanesi di essere intervenute a protezione delle retroguardie dei ribelli del Cnt (“Concordia nazionale del Ciad”). Khartum sostiene invece di avere respinto un attacco nella zona di Khour Baranga, nel Darfur occidentale. E ancora una volta negli scontri – a quanto risulta alle agenzie di stampa - ci sarebbero state ingenti perdite tra i civili.


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