di Carlo Benedetti

La Nato e l'Unione Europea scendono direttamente in campo contro il Presidente della Bielorussia Aleksandr Lukashenko. Rivendicano un ruolo egemone, di regia geopolitica e contestano di conseguenza il recente "plebiscito" che ha riconfermato il potere di Minsk con l'82% di sì. Intervengono pesantemente sulla situazione interna del Paese. L'obiettivo consiste nel rimettere in discussione la situazione politico-amministrativa interna e dare così spazio all'opposizione anti Lukashenko. L'accusa che viene avanti è concentrata sulle "violazioni" dei diritti umani e delle norme più elementari della democrazia. A Lukashenko è inoltre rimproverato di voler mantenere il controllo statale delle imprese, di bloccare la liberalizzazione del mercato e di impedire la formazione di un sistema di multipartitismo effettivo. Ma in pratica è accusato per la "fedeltà" a Mosca ed a certi ideali che erano alla base della costruzione sovietica.

di Bianca Cerri

Il 5 gennaio 2006, la Taser International ha consolidato i propri titoli in borsa passando da 8,89$ a 9,71. Uno strappo funambolico che ha allietato i dirigenti della multinazionale proprio nel giorno in cui veniva registrata la 167° morte dovuta agli effetti letali delle pistole in grado di emettere scariche elettriche prodotte dalla Taser Inc. nello stabilimento dell'Arizona.
Classificate come "non-letali" e già in dotazione in 8.500 distretti di polizia negli Stati Uniti - oltre che in alcuni paesi europei come Francia e Svizzera - le armi a gas compresso dovevano servire a controllare la criminalità senza spargimenti di sangue, ma l'onorevole proponimento è stato smentito dalla realtà. La maggior parte delle persone uccise dai taser non aveva precedenti penali ed era disarmata al momento dell'incidente, il che prova, al di là di ogni dubbio, che la tecnologia del controllo non è riservata solo ai criminali incalliti o a chi reagisce in modo violento ad un fermo di polizia.

di Fabrizio Casari

La data in calce è quella del 1° maggio, festa dei lavoratori. E' apposta sul "Decreto supremo 28701 - Eroi del Chaco", che a loro volta sono numero e nome del Decreto presidenziale a firma del Presidente Evo Morales, con il quale la Bolivia torna ad essere proprietaria delle sue ricchezze.
Il decreto presidenziale, infatti, firmato ai piedi del pozzo di San Alberto, nel municipio di Carapaci, regione di Tarija, nazionalizza gli idrocarburi boliviani, ponendo fine al reiterato saccheggio perpetrato dalle multinazionali straniere con la complicità dei governi liberisti succedutisi negli ultimi decenni.
Le forze armate boliviane e la polizia nazionale, in alcuni dei siti accompagnati da manifestazioni spontanee della popolazione, hanno immediatamente occupato i cinquantadue pozzi d'idrocarburi sparsi per il paese, che d'un tratto sono divenuti proprietà dello Stato e saranno sottoposti all'amministrazione della società Giacimenti Petroliferi Boliviani (YPFB), che deciderà prezzi, volume, industrializzazione e commercializzazione degli idrocarburi, cioè petrolio, gas e derivati.

di Fabrizio Casari

Un'alleanza a tre. Fidel Castro, Hugo Chavez, Evo Morales. Tre Paesi come Cuba, Venezuela e Bolivia che sono rappresentati da tre personaggi che incarnano tre generazioni di rivoluzionari.
Da sabato scorso infatti, la Bolivia di Evo si è associata con Cuba e Venezuela nell'ALBA (Alternativa Bolivariana de las Americas), alternativa popolare, di metodo e sostanza, d'indirizzo e scopi, all'Alca, rappresentazione evidente della volontà di controllo delle economie latinoamericane da Washington, che gli Stati Uniti hanno tentato d'imporre al continente. L'adesione della Bolivia arriva ad un anno esatto dalla fondazione dell'Alba e ha visto l'aspetto formale dell'adesione del paese andino nella firma del Trattato Commerciale dei Popoli (Tratado Comercial de los Pueblos), scelta dalla Bolivia come alternativa netta al TLC (Tratado de Libre Comercio), versione bilaterale e bonsai della ormai sepolta Alca.

di Nardino Cosmai

Qualcuno un giorno o l'altro dovrà riferire a Deborah Fait che i "nazirossi", come li definisce lei su Informazionecorretta, gli imbecilli come invece li definisco io, quelli che il 25 aprile al corteo di Milano hanno contestato la presenza dello striscione che ricorda la gloriosa Brigata Ebraica, non sono il centrosinistra.
Quei gruppi - che anche se non sono molti sono però evidenti e rumorosi - bruciando la bandiera di Israele credono di aiutare il popolo palestinese: ebbene è giusto far sapere a Deborah Fait che non sono la maggioranza del centrosinistra. Anzi, se è corretto affermare che appartiene al centrosinistra chi vota per quel gruppo di partiti che lo formano, allora si può dire che parte di quei gruppi hanno scelto di collocarsi fuori dalle regole civili. Affermazione in apparenza elementare ma necessario ribadirla, perché serve ad evitare confusione e falsità.


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