di Carlo Benedetti

Sono già separati in casa, ma ora si avvia un vero e proprio processo di divorzio che è fissato per questo 21 maggio. Le "parti" in causa sono la Repubblica del Montenegro e la Repubblica della Serbia, sino ad oggi entità istituzionale dominante e considerata, quindi, come "madrepatria". Ma è il governo di Podgorica che - dando il via ad un referendum popolare - contesta la centralità della Serbia e chiede il distacco e la conseguente autonomia totale, puntando a ristabilire la "sua" verità storica. Presenta il conto ricordando che per un certo numero di secoli il Paese fu, di fatto, un principato indipendente regolato da una successione di dinastie. Ottenne poi un riconoscimento internazionale della sua indipendenza, a seguito della crisi dell'Est (1975-1878), al Congresso di Berlino.

di Agnese Licata

Una contesa che continua dal 1947, al prezzo di sessantamila morti (solo dal 1989), mille e settecento dei quali nel 2005. In una sola giornata, lo scorso 30 aprile, sono stati uccisi altri trentacinque civili.
In ballo c'è un territorio poco più piccolo della Romania, stretto tra due giganti come Cina e India da un lato, e dalla polveriera del Medio Oriente dall'altro. Il Kashmir però, a differenza della Romania, non è un vero e proprio stato. Anzi, non è neanche possibile parlare di un unico Kashmir. Esiste infatti una parte a nord - detta Azad Kashmir - sotto il controllo pakistano; e una parte a sud - il Jammu e Kashmir - amministrato dall'India. Le due zone sono divise dalla Linea di controllo (Loc), un confine nato come linea provvisoria di cessate il fuoco dopo le due guerre indo-pakistane (1947-48 e 1965), ma che ormai è diventato sempre più difficile modificare o anche trasformare in un confine nazionale. Né India né Pakistan hanno infatti mai riconosciuto ufficialmente questa divisione. Ognuno dei due paesi rivendica il controllo su entrambe le zone, rifiutando la possibilità di un Kashmir riunificato e indipendente.

di Carlo Benedetti

Il parere del Patriarca di tutte le Russie, Aleksei, non è noto. Ed anche Putin, che cerca di stare al passo con l'evoluzione e i fermenti sociali, non si esprime pubblicamente. Dai due, quindi, nessun commento ad alta voce. Ma un dato è certo. Ed è che nella Russia fortemente ortodossa i musulmani stanno organizzando sempre più le loro roccaforti, manifestando una maggiore autonomia di espressione. Per ora sono presenti nella Repubblica autonoma del Tatarstan (68.000 km2 con 3.783.600 abitanti) con un leader politico come il Presidente Mintimer Sajmiev. Ma il balzo in avanti che stanno realizzando è di stampo prettamente religioso. Perché ad imporsi è il loro Muftì, Gusman Ischachov. E' lui che ha già organizzato, fuori dei confini della repubblica dei Tartari, un "Istituto islamico" che ha sede a Mosca, centro riconosciuto dell'ortodossia ma che, visti i tempi e considerati i nuovi rapporti di forza, deve adattarsi alle realtà emergenti. Vivere, quindi, in condominio con i seguaci dell'Islam.

di Bianca Cerri

Il posto più esclusivo del Texas si trova a poche centinaia di metri dal Campidoglio, in un sobborgo abbandonato di Austin, dove abbondano chiese e rosticcerie. Ed è qui, al Texas State Cemetery, dove la gente non vede l'ora di farsi seppellire, che George Bush ha prenotato un appezzamento di terreno per passarci l'eternità. Una scelta divenuta definitiva dopo la conquista della Casa Bianca perché fino ad allora il presidente era indeciso farsi inumare nell'amato Texas o tra gli eroi di guerra ad Arlington. I posti ancora disponibili allo State Cemetery sono pochi e vengono selezionati con oculatezza, ma Bush ha potuto addirittura scegliere in quale zona farà collocare le proprie spoglie ed ha optato per quella a sud-ovest, conosciuta come Republic Hill. Niente da fare invece per neri e ispanici che da tempo non vengono più accolti, nemmeno nei casi in cui possono vantare trascorsi esemplari.
In attesa di ospitare le illustri ossa di George Bush, il Texas State Cemetery è stato ristrutturato. L'erba sembra quella di un giardino inglese e all'entrata sventola una bandiera raffigurante la stella solitaria simbolo del Texas tanto grande da risultare probabilmente visibile anche in Louisiana.

di Liliana Adamo

Ventiquattro ore prima del sanguinoso attentato a Dahab, sul Mar Rosso, avvenuto il 27 aprile, a pochi giorni dal secondo eccidio di militari italiani a Nassirya, il "lupo solitario" è comparso in video, a volto scoperto, in tuta e col fucile, snidato dalla nostra "intelligence", da un sito web islamico.
"A Dio piacendo, in Iraq, l'America andrà incontro alla sua sconfitta. Quando il nemico crociato entrò in Iraq intendeva assumere il controllo della nazione islamica e sostenere lo stato sionista, i vostri figli, guerrieri e mujaheddin, sono stati capaci di fronteggiare la spietata crociata, resistendo per tre anni a questo violentissimo attacco…Il presidente americano Gorge W. Bush non avrà pace…A Bush, agli ebrei, ai crociati, agli apostati noi diciamo che non godranno le terre dell'Islam". Il video, annunciato dai "Confratelli del Consiglio consultivo dei mujaheddin" (Abu Musab Al Zarqawi, tra l'altro, è esaltato come l'"emiro dell'Organizzazione Al Qaeda nella terra dei due fiumi" ndr ), mostra la riunione dei miliziani mentre discutono con il capo della guerriglia in Iraq, sull'ultima rivolta nella città di Ramadi. Le immagini sono quelle che ben conosciamo e l'intero frasario, come di routine, enfatico.


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