di Domenico Melidoro

La questione degli "impresentabili" ha fatto rumorosamente irruzione in un'accalorata campagna elettorale in cui sembra fare più scandalo la presenza di Vladimir Luxuria nelle liste di Rifondazione Comunista che quella nell'UDC di Totò Cuffaro, la cui vicinanza ad ambienti mafiosi è da tempo al centro delle cronache nazionali. Dai salotti televisivi e dalle pagine dei giornali che, in questi giorni di austera par condicio, raccontano con solerte puntualità la successione di manifestazioni pubbliche, dichiarazioni e interviste dei leaders politici, echeggiano reciproche accuse di avere nel proprio schieramento persone che per il loro discutibile passato o per le recenti prese di posizione sarebbero pericolose e non meritevoli di essere candidate alle elezioni. In questa nuova forma di delazione si è particolarmente distinto Gianfranco Fini. Il Ministro degli Esteri, nonché Vice-Presidente del Consiglio e leader del più grande dei partiti eredi del MSI, sempre più convinto di aver brillantemente superato tutti gli esami di accettabilità democratica, è stato prodigo nell'elargire giudizi e consigli ai propri avversari politici. Fini ha più volte criticato l'Unione per al presenza di sovversivi nelle proprie liste.

di Marco Dugini

Finalmente è stato svelato il mistero che si celava dietro al "sondaggio americano" di Berlusconi.
Quella del premier è stata un'operazione prettamente mediatica, realizzata per conto di Forza Italia dalla "Psb", che non sta per "partido socialista brasileiro", ma è invece l'acronimo di "Penn, Schoen & Berland Associates", società sondaggistica a stelle e strisce dalla dubbia fama.
Sul palco di Modena il presidente del consiglio aveva già anticipato i risultati, i quali naturalmente testimoniavano la sua progressiva ed ineluttabile rimonta, e anzi, dati alla mano, si potrebbe persino parlare di un leggero vantaggio della Casa della libertà, le cifre essendo: 48,4% per il centro-destra, contro il 48,2% dell'Unione.
Cosa che non ha fatto Berlusconi, il quale nelle numerose dichiarazioni si è limitato a sigillare la situazione parlando di un sostanziale pareggio, senza spingere oltre l'offensiva sfrontata verso l'intelligenza degli italiani.
Le cifre, anche in merito alle semplici preferenze partitiche, sono molto vistose e interessanti; a volere essere maliziosi coincidono con quelle che Berlusconi, in questo dato momento, avrebbe desiderato.

di Domenico Melidoro

Una rapida considerazione del dibattito pubblico degli ultimi mesi rivela un ritorno di interesse per le questioni legate alla tutela dei diritti civili. Si avverte l'impressione che diritti dati per acquisiti ritornino al centro della discussione e che ci sia ancora bisogno di difenderli, come se le battaglie politiche dei decenni passati fossero ormai dimenticate. Ci riferiamo ovviamente alle recenti polemiche sul diritto all'aborto e ai tentativi di attaccare la legge che ne regola l'esercizio (la 194/1978), ma anche a tutto il vivace dibattito che ha preceduto e seguito il fallimento del referendum parzialmente abrogativo della legge che disciplina la procreazione medicalmente assistita (la 40/2004), e alla discussione sulla tutela giuridica da riconoscere alle cosiddette coppie di fatto attraverso i Pacs (Patti civili di solidarietà).

di Giovanni Gnazzi

le proteste a Bengasi Le dimissioni sono arrivate in tarda mattinata, dopo che nelle ore precedenti Berlusconi ed altri esponenti della destra le avevano invocate a gran voce. Calderoli dunque, non è più un Ministro in carica di un governo scaduto. I gravissimi fatti di Bengasi, undici morti e cinquantacinque feriti, hanno obbligato i suoi alleati ad iscrivere Calderoli nella lista degli impresentabili, pur avendo già egli scalato da solo e da molto tempo la vetta di questa speciale classifica nel sentire comune. Quei morti rendevano impossibile derubricare le ultime uscite del delfino di Bossi alla voce "goliardia", per volgare che fosse. Del resto, l'escalation di rozzezze che l'odontotecnico padano aveva già spacciato ben oltre la dose minima concessa ad ogni leghista, aveva già ricevuto, durante il precedente Consiglio dei Ministri, la rampogna del governo che, pur avendolo proposto al Paese come Ministro delle Riforme, evidentemente intuiva il possibile sviluppo degenerativo di atti e parole dell'esponente leghista.

di Cinzia Frassi

Sabato scorso è andata in scena la tappa obbligata della convention sul programma dell'Ulivo che ha raccolto al Teatro Eliseo di Roma tutti i leader del centro sinistra guidati da Romano Prodi. Rutelli, Bertinotti, Fassino, Di Pietro, Mastella, Pecoraro Scanio e Diliberto sono saliti sul palcoscenico insieme a Prodi, portando una copia del nutrito programma della coalizione composto da ben 280 pagine, scambiandosi strette di mano, abbracci e sorrisi.
Assenti Emma Bonino e Boselli della neonata Rosa nel pugno che, pur restando decisamente insoddisfatti -ma non rassegnati - delle decisioni dell'Unione in tema di Pacs e finanziamento alla scuola privata, confermano comunque il loro schieramento con il centro sinistra.


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