di Rosa Ana De Santis

Dopo l’annuncio del pacchetto sicurezza consacrato in legge, il timore che le ronde diventassero appendici fuori controllo di certe frange violente era stato messo a tacere. La neutralità di rivendicazioni quali la difesa dei cittadini e l’incolumità delle donne doveva, nelle intenzioni del governo, normalizzare un tema bollente. Doveva trattarsi di cittadini ben equilibrati e solo devoti al bene comune. Dotati di divise e disarmati. Assolutamente inutili, ma scenografici. Una pillola di sedativo per l’allerta e la paura sociale di certe classi e di certe aree periferiche delle città. Le ronde di oggi sono invece quello che sono. Squadroni di esaltati trasformati in gendarmi. Sigilli e divise in odore di destra estrema. Ex poliziotti reclutati e giovani in ozio cresciuti a propaganda. Maroni più volte ha rassicurato, come se lui potesse rassicurare qualcuno.

di Mariavittoria Orsolato

Causa latenza imperitura dell’opinione pubblica, l’estate è considerata la miglior stagione per produrre porcellum legislativi e il nostro sempre caro e sempreverde Giulio Tremonti non tiene a smentire né sé stesso, né il suo governo: dato che non c’è due senza tre, arriva lo scudo fiscale riveduto e corretto. Sette commi, sei pagine all’interno del più ampio decreto anti-crisi e da quest’anno sarà possibile rimpatriare i capitali accumulati all’estero fino al 31 dicembre 2008, pagando una cifra ovviamente irrisoria. Sembra una delle famose televendite di Mediashopping, ma il condono fiscale - perché è di questo che in fondo si tratta - è stato approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso mercoledì, dopo il repulisti delle schifezze troppo palesi, da parte dei relatori Chiara Moroni e Maurizio Fugatti, rispettivamente Pdl e Lega Nord. Se infatti nella prima versione circolata in mattinata avrebbero beneficiato dello scudo anche i bancarottieri, i riciclatori, i ricettatori e gli impenitenti falsificatori di bilanci, ora quel minimo 5% di aliquota sui capitali illegalmente transitati all’estero non interesserà le situazioni di reato ad eccezione della dichiarazione infedele e dell’omessa dichiarazione.

di Rosa Ana De Santis

Un milione di persone in piazza, le firme da porgere al Presidente della Repubblica. Il silenzio è illegale. Queste le richieste di Giorgio Sandri, il padre di Gabriele. Ucciso su un’autostrada e deriso in un tribunale, Gabriele deve vivere almeno per le strade, a smuovere e scalfire coscienze e indifferenze. Non si può e non si deve abbassare la guardia. In attesa dell’appello, c’è il richiamo agli occhi: aperti, per vedere bene anche nella notte del diritto. Quel diritto umiliato da una sentenza arrivata dopo ore di Camera di Consiglio. Ad ascoltare quella sentenza, che ha derubricato il reato da omicidio volontario a colposo il difensore di Spaccarotella festeggiava esultando il suo successo in primo grado: 6 anni. Tanto vale la vita di un innocente. L’imputato che è rimasto a casa, intimorito dall’aula, piange di gioia.

di Mariavittoria Orsolato

Benché la politica sia ormai diventata, nei contenuti e soprattutto nelle forme, un surrogato delle riviste scandalistiche da ombrellone, la questione della travagliata successione alla segreteria del Partito Democratico non pare interessare più di tanto l’opinione pubblica italiana in vacanza o, almeno, non tanto quanto sta a cuore agli analisti politici, che dal quadro attuale non riescono a ricavare altro che irrisolvibili rebus. Se nel 2007 la segreteria aveva il volto di Walter Veltroni ancora prima che il partito effettivamente nascesse, ora, a distanza di due anni in cui parecchia acqua è scorsa sotto i ponti della dirigenza, la partita tra i candidati attuali - Franceschini, Bersani, Marino, Adinolfi e addirittura Beppe Grillo - somiglia più a un avvincente Risiko che a un noioso Gioco dell’oca.

di Rosa Ana De Santis

Il dibattito sulla legge che andrà a normare la fine della vita recupera i toni e i metodi di sempre. Torna in auge il proclama di Sacconi e il suo diktat. La squadra al governo si muove in tutta fretta. Palumbo, presidente delle Commissione Affari Sociali alla Camera, non può rimandare oltre. “A costo di lavorare tutta la notte”. E così in una sera bisogna accelerare, prima in agenda c’è il voto sul disegno di legge per le cure palliative, per poi iniziare subito con la legge sulla fine della vita. A colpi di maggioranza. Le cure palliative e il diritto all’assistenza dei malati cronici e irreversibili dovrebbero stare molto a cuore a chi ha impugnato le bandiere della vita e del rispetto della persona. Il lavoro del governo sulle terapie del dolore era invece fermo da mesi in Commissione.


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