di Giovanni Gnazzi

Il cavaliere e i cavalli, più o meno di razza. Consoli, proconsoli, addetti alle lacrime in favore di telecamera e censori in servizio permanente effettivo. Sullo sfondo, buoni al massimo per rispondere a domande idiote di reporter comodi, persone senza più cose. Questo lo spettacolo abruzzese nell’era terza del cavalierato, quella che ha definitivamente sancito la vittoria unica del pensiero unico per il successo del partito unico. Eppure qualcuno ci ha provato, timidamente, con i modi delicati, quasi a volersi scusare di chieder conto. Di chiedere i "perché" e i "come" necessari, procedura obbligatoria per chiarire ogni fatto, ogni accadimento che - voluto o non voluto - determina effetti drammatici sulla vita vissuta, anche quando non va in onda. Perché le domande possono fare molte cose, tra le quali suscitare risposte e ottenere spiegazioni, ma in Abruzzo no, l’Abruzzo a questo non è stato destinato. Lì, il terremoto ha sancito una verità universale: non è vero quello che succede se non è in televisione. Dunque inutile, ozioso, provocatorio e odioso chiedere del “prima”; quel che conta, ciò che è vero, è il "dopo", a telecamere accese.

di Rosa Ana De Santis

Il Presidente del Consiglio, dalla notte del terremoto, è in continuo, frenetico viaggio tra Roma e l’Aquila. Lascia il Palazzo per raggiungere le scene del dramma. Si divide tra gli edifici sbriciolati e le storie di chi è rimasto in agonia tra quelle rovine. Acclamato, ancora atteso dalle poche anime sopravvissute di Onna, diviso tra le telefonate dei leader stranieri e le richieste di chi ancora si toglie di dosso l’odore del cemento in frammenti. Chi ha dormito in una macchina, chi è in fila per un thè bollente in plastica, lo aspetta con il terrore che si spengano le sigle dei TG sul sisma e piombi tutto il silenzio che conosciamo. Duecentosessanta persone sono morte lì sotto. Per loro saranno funerali di Stato. Loro sono anziani e giovanissimi. Loro erano 16 bambini. E poi il dramma della ricostruzione. Decine di migliaia di sfollati che temono lo sperpero di denaro e gli scandali del caso Irpinia. Che stanno a guardare sgomenti la casa di una vita frullata dalle scosse.

di Mariavittoria Orsolato

C’è voluto un lustro, ma alla fine la famigerata legge 40 sulla procreazione assistita - quella contro cui anche Sabrina Ferilli ci invitava a votare, nel referendum del 2005 - è stata bocciata dalla Corte Costituzionale. I giudici della Consulta, su segnalazione del Tar del Lazio e del Tribunale di Firenze, hanno preso in esame la legittimità della legge mettendo in discussione soprattutto l’articolo 14, commi 2 e 3. Secondo la sentenza, che dichiara parzialmente illegittima la legge prodotta dall’esecutivo Berlusconi II, nei punti in cui prevede “un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre embrioni” e vieta la crio-conservazione al di fuori di strutture specificatamente deputate, il testo va in contrasto con i principi di tutela della persona e del diritto alla salute espressi nella Costituzione. La legge 40 darebbe infatti adito ad una marcata disparità di trattamento tra le donne che si trovano in particolari condizioni fisiche e necessitano specifiche tecniche d’impianto per la buona riuscita dell’operazione: nel caso di insuccesso del primo impianto, la donna sarebbe infatti costretta a sottoporsi a un successivo trattamento ovarico, ad “alto tasso di pericolosità per la salute fisica e psichica”.

di Mariavittoria Orsolato


Doveva essere il provvedimento che avrebbe rimesso in moto l’esangue economia nostrana, “Un giro di affari da 50-60 miliardi di euro” garantiva il nostro presidente palazzinaro, ma il famigerato Piano Casa pare non s’abbia da fare, almeno così com’è. Il pacchetto di leggi sull’edilizia nasceva già in circostanze ambigue, emanato con una circolare della Presidenza del Consiglio dei ministri il 10 marzo, è stato da subito additato come incostituzionale per le sue ben poco velate pretese di cementificazione selvaggia: si prevedevano possibilità di ampliamenti del 20% sulle abitazioni private mono o bifamiliari e del 30% nel caso in cui l’immobile fosse abbattuto e ricostruito, il tutto con la sola approvazione del progettista.

di Ilvio Pannullo


Quando un sistema di produzione e di consumo entra in crisi – come è accaduto e come presto si potrà comprendere ancor più pienamente – le classi dirigenti di un paese dovrebbero interrogarsi sulle cause del disastro, analizzarle e proporre nuove soluzioni che indichino una strada sostanzialmente diversa, affinché la situazione non si riproduca in seguito. In un momento di crisi globale come quello che stiamo attraversando, se da una parte è logico aspettarsi la richiesta popolare di una direzione chiara verso cui muovere con decisione, dall’altra, purtroppo, siamo costretti ad osservare impotenti come simili decisioni vengano prese da quegli stessi soggetti che ci hanno trascinato nel baratro in cui ci ritroviamo. Aspettando un piano energetico nazionale ispirato da una nuova visione dell’economia, dell’ambiente e delle esigenze umane, dove il concetto di sostenibilità non sia più un inutile corollario ma piuttosto il cardine stesso del nuovo sistema, riscopriamo, ancora una volta, la vergogna che si prova ad essere governati da una massa informe di incompetenti lobbisti.


Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy