di Fabrizio Casari

Arrigo Sacchi, un tempo allenatore ricco e fortunato del Milan vincente, a commento della conclusione del Torneo di Viareggio, ha sostenuto che “l’Italia non ha orgoglio, non ha dignità: non è possibile vedere squadre con 15 stranieri, piene di neri”. Ovviamente, come tutti gli autori di affermazioni razziste, aveva premesso di non essere razzista. Succede sempre così: appena qualcuno premette di non essere razzista, ecco a seguire lo schizzo, totalmente razzista, che lo smentisce.

Nel luglio del 2014, Sacchi si dimise da responsabile del settore giovanile della Nazionale senza accennare a “neri” o “stranieri”, ma indicando nello stress personale il motivo della rinuncia. Uno stress che deve testardamente accompagnarlo tuttora, ma che risulta sensibile solo ad alcuni colori.

Infatti, pochi mesi dopo, il 27 novembre del 2014, Sacchi accettò l’incarico di consulente per il settore giovanile offertogli dal suo storico patron Berlusconi. La sua consulenza, però, si è fregiata di due caratteristiche precise: cara e inutile, dal momento che i giovani del Milan sono usciti anzitempo dal Torneo di Viareggio, appena vinto dall'odiata Inter con sette vittorie su sette gare, una delle quali proprio sul suo Milan.

Il guru di Fusignano era dunque comprensibilmente furioso. Quindi, a voler indagare il suo stato d’animo, va detto che vedere l’Inter passeggiare con un trofeo non lo deve avere ben disposto. Del resto, anche a livelli senior, l’attuale momento del Milan certo non entusiasma.

Ma per quanto riguarda il contesto del calcio giovanile, quelle di Sacchi appaiono affermazioni composte da un mix d’ignoranza e di razzismo, che pure non dovrebbe risiedere in uno come lui, uscito fuori dall’anonimato del paesello solo grazie a giocatori come Gullit e Rijkard (decisamente neri) o Van Basten (abbastanza straniero). Grazie a questi tre ha potuto alzare trofei, non certo grazie a Virdis o a Massaro.

Per quanto riguarda i dati numerici, va detto che le squadre Primavera sono piene di giocatori che vengono dai vivai delle società, spesso persino nati nella stessa città della squadra di appartenenza. In particolare, per restare alla rabbia di Sacchi contro i “cugini” nerazzurri, le otto squadre dell'Inter che vanno dalla Primavera agli Esordienti contano 201 giocatori, di cui 167 italiani e 34 stranieri. Quindi il guru di Fusignano ha sbarellato decisamente.

Resta però un fatto grave vedere sempre più uomini di calcio debordare con frasi razziste, vomitando fastidio per gli stranieri in generale e per i “neri” in particolare. Sono infatti numerosi ormai i casi di razzismo e difficilmente saranno perseguiti, dal momento che i vertici del calcio, Tavecchio in primis, sono la culla del razzismo sportivo. Esistono le persone, non gli stranieri e gli italiani, e questo dovrebbe essere il primo insegnamento ai giovani che personaggi come Sacchi dovrebbero infondere. Ma quando mai?

Naturale che ad una società come quella italiana, permeata da un razzismo a volte velato, a volte estrinseco, non si possa chiedere di generare vertici politici e persino calcistici di maggiore spessore; ma ridurre lo sport, che per definizione dovrebbe essere competizione sana, libera dai veleni del razzismo e orientata al massimo allargamento della platea dei partecipanti, ad una canea di sproloqui razzisti, dovrebbe essere una manifestazione evidente d’incompatibilità tra chi li pronuncia e il loro tesseramento.

Poi, certo, non si tratta solo di razzismo, sarebbe troppo semplice. Ci sono gli interessi materiali delle combriccole, tra responsabili dei settori giovanili, procuratori di calciatori, direttori sportivi e allenatori (e persino giornalisti) che alla greppia del mercato dei calciatori s’arricchiscono e ai quali vedersi rimettere in discussione valutazioni sui prospetti italiani, a fronte di stranieri più dotati e meno costosi, produce un naturale fastidio per il mancato business. Miscelate questo con l’ignoranza atavica e il razzismo di cui sono forniti ed ecco il risultato.

E’ così che il calcio italiano va in sofferenza, non per la mancanza di denaro o di appeal (che sono quasi la stessa cosa per l’ambiente pallonaro). E’ così che gli spalti si trasformano in arene e i buu razzisti governano le gole dei folli appesi alle curve. Ed è così che uomini di sport si trasformano in Sacchi di qualcos'altro.

di redazione

Come Spartaco, il gladiatore della Tracia che capeggiò la rivolta degli schiavi più nota dell'antichità, Parma e Cesena si ribellano al loro destino. L'ultima e la penultima squadra in classifica fermano rispettivamente la seconda e la prima, per la felicità di chi ama le favole e l'ira funesta di chi gioca la schedina. Dei due clamorosi pareggi, il più spettacolare è quello del posticipo fra i romagnoli e la Juventus.

Dopo 17 minuti il Cesena passa in vantaggio con Djuric, ma prima dell'intervallo la Signora ribalta il risultato con una zuccata di Morata e una zampata di Marchisio. Sembra fatta per la capolista, ma nella ripresa succede l'incredibile: al 70esimo Brienza pareggia con un sinistro al volo e nel finale Vidal manda sul fondo un calcio di rigore.

La Juve perde così l'occasione di allungare a +9 sulla Roma, inchiodata sullo 0-0 nel pomeriggio da un Parma eroico. Nemmeno il ritorno di Gervinho e l'esordio di Doumbia sbloccano la squadra di Garcia, che non vince in casa dal 30 novembre. Giallorossi brutti e inconcludenti, gialloblu asserragliati a difesa della porta. Nel finale, pioggia di fischi da tutto l'Olimpico.

Nella parte bassa della zona Europa, Fiorentina e Lazio approfittano del passo falso del Napoli (42 punti), travolto sabato per 3-1 dal Palermo (a quota 33). Nell'altro anticipo della giornata, i viola (38 pt) battono con lo stesso risultato il Sassuolo, grazie a uno strepitoso Babacar, autore di una doppietta e di un assist per Salah. I biancocelesti (37 pt) rispondono domenica battendo di misura l'Udinese al Friuli. Decide Candreva, che punisce i fischi dei suoi ex tifosi con un cucchiaio dagli 11 metri.

La squadra di Pioli opera così il controsorpasso sulla Sampdoria (35 pt), battuta nella partita delle 18 dal Chievo (24 pt). I veneti vanno a segno con Izco e Meggiorini e conquistano un successo fondamentale in chiave salvezza, che consente loro di sorpassare l’Atalanta e agganciare l'Empoli e il Verona. Per Miahjilovic l'unica buona notizia è il primo gol del neoacquisto Muriel, peraltro su assist dell'altro nuovo arrivato Eto'o.

I blucerchiati, in attesa del derby di sabato, vengono raggiunti in classifica dal Genoa, che a Marassi demolisce il Verona 5-2. Da segnalare l'approdo al gol di Niang, che dopo 37 partite in A trova finalmente la strada della porta, e per ben due volte (la seconda con un colpo di testa da attaccante vero). Inutile, invece, la doppietta del solito Toni per i veneti.

Largo successo anche dell'Inter, che vince per la prima volta dopo sette anni sul campo dell'Atalanta. Il 4-1 finale è deciso soprattutto da una grande prestazione di Guarin, autore di due gol e di un assist per Palacio. A referto anche Shaquiri, che segna dal dischetto il suo primo gol in A.

I nerazzurri staccano così di due punti il Milan, che nella partita di fine mattinata non va oltre il pareggio contro l'Empoli. Destro illude San Siro con la prima rete in maglia rossonera, ma nella ripresa la difesa lignea dei rossoneri soccombe alla precisa testata di Maccarone, che svetta con facilità su Paletta.

La squadra di Inzaghi resta così a due distanze anche dal Torino (32 pt), che pareggia con El Kaddouri il vantaggio siglato dal classe 96 Donsah per il Cagliari (terzultimo con 20 punti).

di redazione

L'Inter riparte da Icardi, ma l'atmosfera a San Siro è gelida. Dopo i tre ko consecutivi rimediati contro Torino, Sassuolo e Napoli (l'ultimo dei quali in Coppa Italia), la squadra di Mancini rialza la testa nel posticipo di San Siro, battendo 3-0 un Palermo sprecone. La rete del vantaggio è di Guarin, mentre l'attaccante argentino firma una doppietta nel secondo tempo, in entrambi i casi senza esultare. Pesano ancora le polemiche con la tifoseria, pesantemente insultata dopo l'ultima sconfitta in Campionato. La serenità è ancora lontana, ma perlomeno i nerazzurri salgono a 29 punti, riagguantando Milan e Genoa, che però ha una partita in meno e stasera dovrà vedersela con la Lazio.

Un clima da torcida è anche quello che si respira dopo Juve-Milan di sabato sera. Più che la partita - non bella, vinta 3-1 dai bianconeri con reti di Tevez, Bonucci e Morata - tengono banco le polemiche aizzate da Galliani sul primo gol dell'Apache, in presunto fuorigioco. Ma al di là del fatto contingente, quello che conta nelle parole del dirigente rossonero è la questione di principio: "Al contrario delle altre squadre di A, la produzione delle immagini delle gare della Juve è gestita dalla società stessa. Che scientemente non fa rivedere il replay dell’azione del primo gol. Solleverò un putiferio nella prossima assemblea di Lega". Dura la replica della Juve, secondo cui Galliani "tenta goffamente di mascherare agli occhi dei tifosi milanisti il chiarissimo risultato sul campo della partita di ieri". Controreplica al vetriolo: "L'arroganza è cosa della Juventus, che ad essa non sa sfuggire. Superflua una replica a chi è fatto così".

La morale della favola è comunque che la Juve continua la sua marcia e mantiene a 7 le lunghezze sulla Roma, che dopo tre pareggi consecutivi torna alla vittoria sul campo del Cagliari, seppur con una discreta dose di fortuna. Con una squadra in emergenza, i giallorossi passano grazie ai gol di Ljajic e Paredes, entrambi su assist del 18enne indiavolato Denis Verde. Inutile la rete nel finale di M'poku, ma sull'1-0 è clamoroso l'errore di Cop, che solo davanti a De Sanctis manca il pareggio.

Appena 4 punti sotto la Roma, a quota 42, c'è il Napoli, che prosegue la striscia di risultati positivi vincendo la non facile sfida casalinga contro l'Udinese. Gli azzurri passano in avvio con Mertens, che insacca su assist di Higuaìn, poi raddoppiano con il neoacquisto Gabbiadini (al secondo centro consecutivo) su imbucata di Hamsik. Un'incomprensione tra Rafael e Britos spalanca la porta a Théréau per il gol che riapre la partita nel finale di primo tempo, ma nella ripresa è lo stesso attaccante francese a chiudere i giochi, sbagliando porta su un cross velenoso targato Mertens.

Perde altro terreno dai partenopei la Sampdoria (35 punti), in cui qualcosa sembra essersi inceppato dopo il travagliato (e forse poco lucido) mercato di gennaio. A Genova il Sassuolo passa in vantaggio con Acerbi e dopo pochi minuti arriva il pareggio di Eder. Eto'o gioca dal 70esimo, ma non incide. Alla fine i blucerchiati non vanno oltre il pari: cedere Gabbiadini al Napoli è stato probabilmente un grave errore.

Quanto alla parte bassa della classifica, l'Empoli sale a 23 punti dominando il Cesena (a quota 15), che non conferma quanto di buono fatto vedere la settimana scorsa contro la Lazio. Infine, Parma-Chievo viene rinviata per neve e sarà recuperata mercoledì 11 alle ore 18.

di redazione

Con una girata lenta ma astuta, Manolo Gabbiadini segna il suo primo gol in maglia azzurra e fa sognare Napoli. La squadra di Benitez approfitta delle contemporanee débacle di Lazio e Sampdoria per consolidare il terzo posto solitario a 39 punti e ora vede da vicino la Roma (a quota 43). "È difficile da controllare - ha detto il tecnico spagnolo del suo nuovo jolly d'attacco -. Davanti abbiamo tante alternative, così possiamo essere competitivi su più fronti. E io posso rischiare".

Fra le prime della classe la formazione partenopea è l'unica a chiudere la 21esima giornata con una vittoria. Dopo il terzo pareggio consecutivo dei giallorossi, incapaci di andare oltre l'1-1 sabato all'Olimpico contro l'Empoli, domenica è la Juve a steccare, mancando l'occasione di allungare ulteriormente sulla diretta inseguitrice, che rimane a -7. Al Friuli il bel gioco dell'Udinese di Stramaccioni e qualche errore di Tevez ingessano la partita sullo 0-0.

Le vere sorprese della giornata sono però altre. La più grande arriva da Cesena, dove una Lazio di rosso vestita (la terza casacca dei capitolini è probabilmente la più inguardabile della Serie A, insieme a quella verde alieno della Juve) si produce nella peggior prestazione stagionale, riuscendo nell'impresa di perdere 2-1 contro una squadra con un piede e mezzo in B. Lentissimi e confusionari, gli uomini di Pioli spalancano autostrade ai romagnoli, bravi a passare con una botta da fuori di Defrel e a propiziare un goffo e più che evitabile autogol di Cataldi.

Per fortuna dei biancazzurri, nel frattempo alla Sampdoria non va meglio. Anzi. A Torino i blucerchiati vengono travolti dall'ex Fabio Quagliarella, che ne fa tre e non esulta mai (anche se alla fine gli viene da ridere). C'è gloria perfino per Amauri e si rivede anche Bruno Peres, autore di una nuova perla dopo quella nel derby contro la Juve. Alla fine è 5-1: i granata salgono a 28 punti, mentre la Samp rimane a 34, al pari della Lazio.

Un altro tonfo di lusso è quello dell'Inter, che nel match delle 12 rimedia il secondo ko consecutivo dopo quello di domenica scorsa contro il Torino. Stavolta i nerazzurri cadono sotto i colpi del Sassuolo, vittorioso per 3-1 grazie a due prodezze di Zaza e Sansone e a un rigore nel finale trasformato da Berardi. Mancini dovrà correre ai ripari nei prossimi giorni, perché per ora ai suoi giocatori manca tutto, dal fiato all'organizzazione tattica, passando per la voglia di giocare a pallone. E trovare un portiere che fermi almeno uno dei tiri che gli arrivano non sarebbe male. Con questa vittoria, il Sassuolo (28 pt) supera in classifica proprio l'Inter (26 pt).

I nerazzurri vengono staccati in classifica anche dal Milan (29 pt), che dopo i due ko consecutivi rimediati in Campionato e Coppa Italia contro la Lazio si risolleva nel posticipo, battendo a San Siro 3-1 il Parma. La squadra di Donadoni gioca molto meglio del solito, ma la sconfitta quest'anno sembra più un destino che una possibilità. Grande mattatore della serata Menez, autore di due gol (uno su rigore) e di un assist per l'ex Zaccardo. Incolore l'esordio di Destro in rossonero.

Nella parte alta della classifica rimangono da ricordare l'1-1 di sabato fra Genoa (29 pt) e Fiorentina (32 pt), con Gonzalo Rodriguez che rimedia per i viola al rocambolesco autogol di Tatarusanu, e la vittoria per 2-1 del Palermo (30 pt) sul Verona (24 pt): al vantaggio di Tachtsidis rispondono l'ennesimo capolavoro di Dybala (su punizione) e la zampata nel finale di Belotti. Chiude il quadro della giornata il 2-1 casalingo dell'Atalanta sul Cagliari, deciso nel finale da una rovesciata memorabile di Pinilla. Ennesimo gol dell'ex di questa giornata.

di redazione

Con due conigli tirati fuori dal cilindro di Pogba, la Juve si sbarazza del Chievo e allarga a sette punti il suo vantaggio sulla Roma, fermata nel posticipo dalla Fiorentina. Stavolta bianconeri non giocano la loro miglior partita, ma i campioni servono proprio in momenti del genere. A Torino, dopo un primo tempo imballato, il fuoriclasse francese con la cresta dorata decide che è il momento di mettere la freccia e archivia la pratica con due giocate: prima dribbling secco e sinistro saettante che fulmina Bizzarri sul primo palo, poi arpionata di destro e tiro nel traffico parato dal portiere avversario, ma ribadito in porta con facilità da Lichsteiner. E la Signora sale a 49 punti.

Soluzioni di questo tipo mancano invece alla Roma, che per la terza partita di fila regala il primo tempo, per poi svegliarsi nella ripresa. Al Franchi i viola non riescono ad approfittare di tutto il bel gioco costruito nella prima frazione: le palle gol fioccano, ma l'unica rete è firmata in modo piuttosto casuale da Gomez, che devia un tiraccio di Pizarro. Nel secondo tempo gli 11 di Garcia entrano in campo con un altro piglio e trovano il pari con il gol dell'ex di Ljajic, imbeccato da una bella giocata di Iturbe, autore forse della sua miglior prestazione in maglia giallorossa.

Mentre il divario fra le due big si allarga, la lotta per il terzo posto continua a tenere con il fiato sospeso. In attesa di Napoli-Genoa, la Sampdoria fallisce l'occasione di scappare in solitaria, ma non può lamentarsi. Contro il Palermo avrebbe dovuto perdere: dopo il gol di Eder e il pareggio di Vàzquez, infatti, Morganella scaglia sulla traversa il pallone, che poi entra di una spanna. E' gol, ma nessuno se ne accorge, confermando che - perlomeno in Italia - gli arbitri di porta hanno lo stesso ruolo dei pastorelli nei presepi viventi.

I blucerchiati salgono a 34 punti e si fanno riacciuffare dalla Lazio, vittoriosa sabato sul Milan. Quello dell'Olimpico è però un successo amaro per i biancocelesti, visto che, in occasione del 3-1 definitivo segnato da Parolo, Djordjevic si accartoccia sul pallone e invece di tirare si procura una frattura scomposta al malleolo, calando probabilmente il sipario sulla propria stagione. Tra le note positive per i capitolini, il ritorno al gol di Klose e l'ottima prestazione in regia del 21enne Cataldi. Per i rossoneri, invece, la crisi si aggrava: alla terza sconfitta su quattro partite nel 2015, la panchina di Inzaghi scricchiola.

Buio pesto anche per l'altra milanese, l'Inter, che in casa contro il Torino subisce la più atroce delle beffe. All'ultimo secondo di una partita tutt'altro che entusiasmante, ingessata dal catenaccio d'autore di Ventura, i nerazzurri si scordano nell'area piccola Moretti, che segna e allontana i suoi dalla zona retrocessione. Oltre a spiegare ai suoi che la marcatura a zona non vuol dire correre tutti insieme verso la palla, Mancini dovrà probabilmente ricordare ad Handanovic che uscire dalla porta non è contro il regolamento.

Con questo risultato il Torino sale a 25 punti e raggiunge il Sassuolo, sconfitto per 2-1 sabato dal Cagliari. Un punto sotto ricompare il Verona, vittorioso per 1-0 in casa sull'Atalanta grazie al primo gol italiano di Saviola. Nello scontro di coda fra Parma e Cesena, invece, si vede un po' di tutto: meraviglioso destro a giro di Pulzetti, inguardabile autogol di Cascione (che buca leali nel tentativo di passargli il pallone), rigore negato ai gialloblu per fallo su Rispoli e botta vincente nel finale di Rodriguez. Il Cesena sale finalmente in doppia cifra, a 12 punti, mentre il parma rimane a 9. Forse, alla 16esima sconfitta su 20 partite, Donadoni potrebbe anche iniziare a far rima con dimissioni.




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