di Fabrizio Casari

Sotto una neve incessante, ma sopra un campo finalmente all’altezza di una partita di calcio, la Juventus ha battuto l’Udinese, consolidando la prima posizione in classifica e inviando un messaggio forte al Milan. La squadra di Conte, grazie ad una doppietta di Matri, ha avuto ragione di una delle sue dirette inseguitrici; non a caso l’allenatore juventino aveva definito una vittoria “da sei punti” quella che la sua squadra avrebbe dovuto ottenere. Perché non solo la rispettiva posizione di classifica delle due compagini bianconere rendeva la sfida uno scontro diretto per lo scudetto, ma anche perché l’Udinese è, forse solo insieme al Milan, la squadra che poteva affrontare a viso aperto e tenere testa per novanta minuti al ciclone juventino di quest’anno. La squadra di Guidolin, pur con un assetto prudente, l’ha fatto, ma non è bastato.

Ma il Milan non è restato a guardare e nel posticipo serale ha stracciato il tenero Cagliari. Una partita noiosa e sottoritmo, che non ha però mai visto il risultato in discussione. Potrà anche essere la ventesima giornata, ma il film del lungo duello tra i rossoneri e i bianconeri sembra difficile anche solo interromperlo con uno spot. La classifica parla chiaro: le prime due allungano, quelle che seguono frenano. Da un lato l’agonismo, dall’altro la tecnica. Se già la tabella di marcia delle inseguitrici appariva proibitiva, da ora in avanti, con il giro di boa già effettuato, ogni partita diventerà un’occasione in meno per ridurre le distanze.

Il risultato della giornata lo fa però il Lecce, che al Via del mare batte l’Inter. Ottimo lavoro di Cosmi che schiera 9 uomini davanti la sua area e due furetti velocissimi nelle ripartenze. I nerazzurri escono sconfitti da un portiere straordinario e da un allenatore, Ranieri, che davvero non ha capito nulla di quello che sta succedendo. Non si tratta solo del sostituire il migliore (Snejider) con il peggiore (Alvarez) quando è già in svantaggio, ma di non riuscire a vedere come il centrocampo sia in affanno. Privi di Thiago Motta non c’é ordine e profondità nella manovra e quanto a dinamismo, peggio ancora. Del resto Poli e Faraoni, giovani e bravi, vanno in panchina, Cambiasso esausto e Zanetti con le batterie a terra in campo.

Per Ranieri, ma solo per lui, il problema è Snejider e la soluzione può essere Alvarez, giocatore inutile sotto diversi aspetti. Ma anche Maicon e Milito accusano stanchezza e l’attacco non ha uno schema che non sia l’improvvisazione. Poteva agganciare l’Udinese sconfitta a Torino e portarsi al terzo posto, si è invece fatta superare di nuovo dalla Lazio e si trova al quinto posto. Così la rimonta nerazzurra diventa un ricordo. La mancanza di forze fresche in campo, peraltro, è doppiamente stupida: l’Inter, infatti, dovrà giocare sei partite in ventisei giorni tra campionato e Champions ed avrà quindi bisogno di abbondante turn-over in tutti i reparti, vista anche l’età non verdissima e la condizione dei suoi play-maker di difesa e centrocampo.

Ranieri dice che aspetta Snejider e Forlan, salvo poi aggiungere che l’olandese può giocare solo con una punta vicino. Forse è Ranieri che dovrebbe tentare di dare un gioco; magari non aspetta gli arbitri nei garage, come Mourinho, ma non riesce nemmeno a dare un senso alla sua squadra come faceva il portoghese. Annotazione positiva: due gol negati all’Inter per due fuorigioco di pochi centimetri. Bravissimo l’assistente in un periodo dove i centimetri vanno all’ingrosso.

Giornataccia anche per il Napoli, che perde a Genova causa un Palacio straordinario. Una bella partita con i partenopei che, sotto di tre gol, segnano i due gol con i suoi due campioni Cavani e Lavezzi nello spazio di due minuti. Avesse fatto entrare prima Cavani, Mazzarri avrebbe potuto portare forse via un risultato migliore. E per restare nelle parti alte della classifica va sottolineato il risultato della Lazio, che batte con un sonoro 3 a 0 il Chievo, riscavalca l’Inter e si rilancia. Veniva da tre sconfitte consecutive, non era semplice vincere in trasferta. Ma due gol del suo fuoriclasse Klose ed uno di Hernanes fanno calare la nebbia su Verona.

La Roma, invece, non riesce a superare il Bologna all’Olimpico e pensando alle polemiche interne dei giorni scorsi, cene o no, arrabbiature o no, il boccone felsineo appare indigesto. Sarebbe stato utile per i ragazzi di Luis Enrique approfittare del passo falso dell’Inter per accorciare ulteriormente la classifica in funzione zona-Uefa.

La Fiorentina torna al successo battendo il Siena (che si trova solo a tre punti dalla zona retrocessione) e il Palermo accenna a risvegliarsi e batte il Novara, mentre il Cesena perde in casa con l’Atalanta; per i bergamaschi i tre punti sono importantissimi, per il Cesena la zona retrocessione viene ulteriormente confermata. Il Catania ha pareggiato con il Parma, un punticino che serve più ai siciliani, ma comunque buono a far cascina ad entrambe.

Ancora poche ore e si concluderà anche la sessione invernale del calciomercato. Fino ad ora solo la Juventus ha acquistato un giocatore di buon livello. L'Inter sembra solo impegnata a impedire la fuga di Thiago Motta e il Milan, che aveva puntato su Tevez, si é accomodato con Maxi Lopez. E' stata la vicenda che più ha messo in imbarazzo Nosferatu Galliani, definito sempre "stratega" e "geniale" dalla stampa Mediaset e controllate varie, dirette e indirette. Per sentirlo definire come uno che "gioca sporco", che é "scorretto" e che "non rispetta le regole" bisognava ascoltare quanto detto da parte del Manchester City. Andavano cercate tra tra le righe le dichiarazioni britanniche, come il famoso ago nel pagliaio; chissà perché?

I soldi sono finiti, l'appeal del campionato italiano idem. Le operazioni che nascono da noi non vanno a buon fine e lo spettacolo di presidenti di società di serie A che lavorano per il mercato del Milan é indecoroso: ma solo in teoria, perché poi, a ben guardare chi sono i presidenti, tutto si capisce. Più in generale c'é poco da divertirsi. Come la scorsa estate, la canzone segue lo stesso spartito: da fuori vengono a fare shopping da noi, che ormai siamo in grado solo di formulare offerte da finanza creativa.

di Fabrizio Casari

Con la vittoria sull’Atalanta, la Juventus è matematicamente campione d’inverno. Che non avrà il valore storico del “generale inverno” dei sovietici, ma è pur sempre il segno di una leadership sul campionato che, statisticamente, precede la vittoria finale nel torneo. Una leadership maturata senza strabiliare, date le statistiche non esaltanti (poche vittorie rispetto ai pareggi, pur in assenza di sconfitte) ma che, dato l’inizio disastroso di Roma e Inter e le incertezze del Milan soprattutto nella fase iniziale del torneo, permette una testa della classifica che appare difficile da scalzare. Il vantaggio di non dover disputare le coppe europee ed una indubbia qualità del lavoro di Conte, ha reso dunque il massimo profitto in termini di classifica alla compagine bianconera.

Il Milan batte il Novara e non perde terreno nei confronti della Juventus. Non lo perde nemmeno in termini di favori arbitrali, visto che se la Juve la scorsa settimana era stata graziata di due rigori, ieri l’arbitro De Marco ha sorvolato su un fallo di mani in area di Nocerino (che dà tra l’altro il via all’azione da gol dei rossoneri).

E’ il terzo favore arbitrale al Milan nell’arco di una settimana, visto che il gol annullato di Thiago Motta nel derby era regolarissimo e quello di Pato che ha portato la squadra di Allegri ai quarti di finale della Coppa Italia era invece irregolare (fuorigioco). Solo la potenza di fuoco mediatica della squadra berlusconiana riesce a zittire gli ormai numerosi, scandalosi episodi arbitrali a favore dei Galliani boys. Quando ad Ibrahimovic si somma il pacco dono arbitrale (iniziato dalla Supercoppa e sembra non ancora finito) è chiaro che la posizione di classifica resta alta nonostante un gioco tutt’altro che spumeggiante.

Nel posticipo serale al Meazza l’Inter batte la Lazio e Ranieri supera il record di sei vittorie consecutive ottenuto quando sedeva sulla panchina della Roma. Una vittoria resa possibile dal carattere dei nerazzurri, che pur disputando una delle partite più brutte del suo campionato, hanno portato a casa un risultato fondamentale piazzandosi al terzo posto in classifica, scavalcando proprio la Lazio. Un fuorigioco, pur se di una manciata di centimetri, ha permesso a Pazzini di ribaltare il risultato e un fallo di mano di Lucio in area è stato considerato da Rizzoli il risultato di una spinta ripetuta di Klose sul centrale brasiliano dell’Inter.

Ma c’è anche da dire che aver giocato in undici, per la Lazio, è stato possibile grazie alla generosità dello stesso Rizzoli che ha graziato Dias per uno schiaffo a palla lontana rifilato a Pazzini e che avrebbe meritato il rosso invece che il giallo. La Lazio (con un superbo Ledesma ed un’inutile Hernanes) ha aggredito l’Inter ma non ha saputo capitalizzare la superiorità tattica; ha comunque giocato un’ottima partita grazie alla rinuncia a giocare degli interisti che hanno tirato in porta quattro volte segnando due gol.

Giocare bene e non saper chiudere una partita in vantaggio e recuperare una partita giocata sottotono è la differenza tra una grande squadra e una che deve ancora diventarlo. Detto ciò, l'Inter ha definitivamente capito l'importanza di un giocatore come Thiago Motta nell'assetto del centrocampo, nella capacità di filtrare e verticalizzare e nelle geometrie del gioco. Parigi non vale una messa in crisi.

E a proposito di gioco di qualità, l’Udinese (che ha smesso da un po’ di praticarlo) non perde comunque il terzo posto, avendo ragione, con un gol per tempo, di un Catania sciupone. Quella dell’incapacità di concretizzare le azioni da gol sembra ormai essere un’abitudine da parte del Catania, che può voler indicare come la mano di Montella si vede nella creazione del gioco e quella della società - che non spende sul mercato - mandi a benedire il lavoro fatto dotando la squadra di elementi poco adatti alla serie A. Ma la squadra di Guidolin ha fatto bene il suo e quando si gode della presenza di un giocatore come Di Natale, che sigla un gol d’autore con una mezza rovesciata volante, ci si può anche permettere il lusso di tirare il fiato senza perdere posizioni.

Il Napoli, che sembrava ripartito alla grande, sbatte contro il Siena e conferma come tra il giocare in casa e in trasferta la squadra di Mazzarri trovi una grande differenza. Stavolta è Pandev (rinato all'ombra del Vesuvio) permettergli di pareggiare, dopo che Cavani aveva fallito un rigore; ma il Napoli ha davvero bisogno di ritrovare una linea di coerenza nelle sue prestazioni. Vincendo (e non sempre) in casa e non riuscendo a vincere (quasi mai) in trasferta, diventa impossibile coltivare sogni di zona Champions.

E visto che si accenna ai sogni, il fine settimana calcistico non può evitare il dovuto omaggio a Francesco Totti, che segnando il suo gol numero 211, segna il record del giocatore con il maggior numero di gol siglati con la stessa maglia. Un record strameritato per un giocatore che, discutibile per gli atteggiamenti, è però indubbiamente il maggior talento calcistico nazionale degli ultimi vent’anni. La Roma, che nell’anticipo di sabato ha asfaltato il Cesena, ha trovato una posizione per Totti decisamente migliore di quella prevista da Luis Enrique a inizio stagione; sembra ora aver riscoperto il gusto della vittoria e, dovesse confermarsi nelle prossime tre partite, potrà riportarsi su posizioni più consone alla tradizione calcistica giallorossa degli ultimi anni.

Per la serie “a volte ritornano”, si registra la rotonda vittoria del Palermo sul Genoa, che ne becca cinque e conferma di avere un assetto difensivo tipico dello schema a groviera. Preziosi, che ormai di regalo in regalo sembra operare come vice di Raiola in favore del Milan, farebbe bene a rilasciare meno interviste e a cercare di acquistare qualche difensore all’altezza della serie A. Invece di far contento Galliani sarebbe il caso provasse a far contenti i suoi tifosi.

E se tra Lecce e Chievo il pareggio viene reso incandescente da una rissa generale a fine partita, tra Cagliari e Fiorentina è pareggio di punti e sbadigli. L’unica particolarità è stato il ritardo nel calcio d’inizio, dovuto alla sacrosanta protesta dei lavoratori Alcoa di Portovesme, che si trovano sulla strada grazie alla fuga dei padroni americani. Ma se lo spettacolo deve continuare, come si usa dire, allora tanto valeva continuare ad assistere alla protesta operaia, decisamente più interessante della partita.

Anche qui, davvero difficile da comprendere l’atteggiamento della famiglia Della Valle, che dopo aver ceduto Mutu, Frey e Gilardino ed aver fatto a meno di Mijahilovic, si appresta ora a cedere anche Montolivo e Vargas, salvo poi chiedere ai tifosi di non imbestialirsi. Delio Rossi sarà anche un buon allenatore (pur se molto sopravvalutato) ma se gli dai in mano gli avanzi di una squadra di mezza classifica, con un solo campione, sarà difficile che possa combinare molto. Ha preso il patentino di allenatore a Coverciano, non a Lourdes.

di Fabrizio Casari

Un’Inter attenta, contratta ma concentrata, dura e schierata come una muraglia cinese, ha sconfitto il Milan per uno a zero nel derby di Milano. A dire il vero il risultato giusto sarebbe stato più rotondo, ma il solito, indecente Copelli, uomo vicinissimo al Milan e non da oggi, come da tutti risaputo e appurato dal team d'investigatori di Calciopoli, ha fatto annullare un gol regolarissimo di Thiago Motta. Non c’era nessuna possibilità di errare, la segnalazione è stata...spontanea. Sconcerta la sua designazione, ma fino a un certo punto. I favori al Milan sono stati costanti anche in questo torneo. Per fortuna, però, il Palazzo amico non sempre é sufficiente. Il Milan ha provato ad allargare il gioco e a penetrare centralmente e i tre inserimenti di Robinho e Seedorf e El Saharawi nel corso della partita avevano proprio l’obiettivo di allargare la difesa dell’Inter e cercare l’inserimento dei centrocampisti in zona tiro. Niente da fare.

Perché Ranieri, come si sa, è l’uomo dei derby. Ha inserito Chivu per chiudere la strada a Robinho e quindi Snejider per infoltire il centrocampo. Con otto giocatori dietro la linea della palla e una mediana di piedi buoni, le possibilità di gioco sono comunque due: pressing basso nella propria metà campo e ripartenze con la difesa attestata davanti all’area o spostamento di venti metri avanti del baricentro, pressing alto vicino l’area avversaria e possesso palla allargando il gioco a Maicon e Nagatomo sulle fasce per i cross ai centrali offensivi e per l’inserimento dei centrocampisti al tiro (non per caso l’Inter ha mandato a segno quattordici giocatori diversi fino ad ora). Con le grandi si usa il primo, con le piccole il secondo.

Ma nell’analizzare il successo dell’Inter si deve in primo luogo soffermarsi sulla straordinaria coppia centrale: Samuel e Lucio sono straordinari, ancora la coppia di centrali tra le prime al mondo la loro condizione brillante con la ritrovata forma di Julio Cesar trasforma la difesa dell’Inter in una roccaforte. Non è un caso, infatti, che nelle ultime sette partite l’Inter ne abbia vinte sei e nelle ultime 4 non abbia subìto un gol.

Si riapre dunque la lotta per le prime posizioni della classifica, dal momento che la distanza tra i nerazzurri (quinti) e la capolista è di soli 6 punti e in quattro punti ci sono tre squadre. Quando Ranieri si sedette sulla panchina dell’Inter il distacco era di tredici punti. E a dire quali possono essere le possibilità dei nerazzurri di migliorare ulteriormente lo dice anche la panchina che ieri era a disposizione di Ranieri: Snejider, Forlan, Ranocchia, Chivu. Se queste sono le riserve…

Il Milan, invece, conferma che le squadre di Allegri soffrono molto la ripresa dopo le soste come l’inizio di campionato. Il sole di Dubai non deve aver scaldato muscoli e cervello, perché con la conferma di Pato, ha invece creato i presupposti per la freddezza futura di Ibrahimovic, l’arma letale dei rossoneri. Lo svedese, infatti, ha bisogno di giocatori che si allarghino e non che cerchino il centro dell’attacco, obbligando lui ad allargarsi e rifinire invece che concludere. L’impressione è che la conferma di Pasto cominci ad avviare la fase dei “mal di pancia” di Ibra.

Ma questa è stata una settimana durissima per il club di Via Turati: la figuraccia rimediata da Galliani nella vicenda Tevez e i mugugni di Gattuso verso lo staff medico si uniscono al nervosismo di Ibra e alla sconfitta nel derby, oltre che al rilancio della nemica Inter. Particolare segnalazione per il pirla dell’anno va a Boateng, che aveva detto di essere preoccupato dell’Atalanta, non certo dell’Inter. Complimenti per la sapienza calcistica e la preveggenza.

Si riapre dunque questo campionato anche perché le sorprese arrivano, se si considera che le prime tre squadre della classifica - Juventus, Milan e Udinese - hanno ottenuto complessivamente un punto. Nel dettaglio, un Genoa pimpante, pur ingiustamente punito da un rigore e un’espulsione che non c’erano, ha ragione di una Udinese che trova una squadra che corre tanto quanto lei e, soprattutto, trova Frey in una di quelle giornate di grazia che ricordano a tutti le qualità straordinarie del portiere francese. La Juventus non riesce ad imporsi, bloccata sul pareggio dal Cagliari. Resta comunque, la squadra di Conte, l’unica a non aver ancora conosciuto la sconfitta in questo campionato ed è arrivata a diciotto risultati utili consecutivi. E la vitttoria dell’Inter contro il Milan, con la contemporanea sconfitta dell’Udinese, è comunque una benedizione per le ambizioni scudetto dei bianconeri.

Sembra aver parzialmente smaltito la sbornia anche la Lazio, che batte l’Atalanta all’Olimpico con un 2 a zero firmato Hernanes e Klose. Se per il bomber tedesco è inutile trovare parole per definirne la micidiale qualità e quantità di gol, per la Lazio va detto che non costruisce gioco ma almeno, nell’occasione, non ne ha subito. A volte sembra noiosa e cupa come il suo allenatore, ma comunque si mantiene in una situazione di classifica buona.

Mentre si attende la fine della telenovela relativa al contratto di De Rossi, la partita tra Catania e Roma è stata sospesa causa nubifragio. Una partita solitamente calda quella che si vede quando i giallorossi scendono a Catania per via di polemiche antiche, ma stavolta l’acqua a catinelle aveva spento ogni ardore ultras.

L’imperizia del Catania in attacco (nel primo tempo si è divorata tre occasioni enormi) e la pioggia battente hanno salvato la Roma, che sembrava davvero in difficoltà con i suoi palleggiatori su un terreno pesante, ma un rigore a favore dei giallorossi ci stava. Poi, Giove pluvio ha deciso che poteva finire così, con un arrivederci invece che un risultato.

Il Lecce, in trasferta, batte la Fiorentina di Delio Rossi, che pare addirittura peggiore rispetto a quella di Mihaijlovic che, va detto, non ha potuto disporre di Jovetic per mesi interi. Le contestazioni dei tifosi dovrebbero suggerire un bagno di realtà da parte della dirigenza viola, che invece di cambiare allenatore farebbe bene a mettere in discussione la presunta genialità di Corvino nell’allestimento della squadra. Che poi Corvino si muova secondo le direttive dei Della Valle conta poco: è l’incapacità di trovare giocatori low cost e giovani all’altezza delle ambizioni della Firenze calcistica che pesa sulla qualità complessiva dell’organico.

A proposito di allenatori c’è da registrare la sconfitta del Palermo (ennesima) che testimonia come Mutti non vada meglio di Mangia. Qui il problema del Direttore sportivo entra relativamente, Zamparini basta e avanza per creare (poco) e distruggere (molto) nelle ambizioni dei rosanero. Il Parma di Donadoni sembra aver dato uno scrollone serio e la vittoria rotonda sul Siena dice che l’allenatore conta, eccome se conta.

Nell’area emiliana-romagnola rispunta anche il capino del Cesena, che tenta di vedere la luce fuori dal tunnel battendo il Novara, diretto competitor per la salvezza. Vittoria maturata nei primi 45 minuti con una doppietta di Mutu, che supera il traguardo dei cento gol in serie A. Cosa non da tutti.

 

di Fabrizio Casari

Neppure un pareggio e nemmeno una sorpresa al rientro del campionato. Trentuno gol realizzati, come nell’ultima giornata del 2011. Saranno state le ferie o le diverse quantità e qualità di panettone e champagne, ma tutto è cominciato nel migliore dei modi per le grandi, che hanno schiantato le piccole. Ad eccezione della Lazio, che ha rimediato quattro sberle dal Siena, infatti, la parte sinistra della classifica ha sostanzialmente avuto ragione di quella destra. Idem per quanto riguarda la vetta della classifica, dove tra Juventus e Milan continua a giocarsi la sfida per il primato, con l’Udinese pronta ad approfittare di ogni eventuale passo falso delle due.

La Roma prosegue la sua scia di vittorie e mostra di aver compreso gli aggiustamenti in corsa proposti da Luis Enrique. Non è chiaro, al momento, quale sarà il destino di De Rossi, ma è chiaro invece quanto il rientro di Totti cambi il valore complessivo della squadra. E’ vero che solo la dimensione del collettivo fa vincere o perdere, ma quando i fuoriclasse sono in campo o no ne risente proprio il collettivo.

La Juventus e il Milan, come detto, vincono, anche se la Juventus fatica parecchio. Le viene negato comunque un rigore su Vucinic che era solare, mentre ai rossoneri ne viene dato uno assai discutibibile. Come al solito, insomma. Il Napoli torna anch'egli ristabilito nel fisico e nel morale e sgomina il Palermo nel posticipo. Ritornano a vincere la Fiorentina, il Cagliari e il Bologna, che ne avevano davvero bisogno, così come avrà bisogno la Lazio di un serio esame su cosa non funziona.

L’unico elemento di novità, ad ora, è rappresentato dall’Inter, che in dieci partite è passata da quart’ultima a quarta. I nerazzurri hanno raccolto otto vittorie nelle ultime nove partite con le ultime due che hanno visto un attivo nei gol di nove fatti e zero subìti. Le cinque vittorie consecutive fanno ricordare agli statistici il record di Mourinho nel campionato 2009-10, ma le similitudini, per ora, si fermano qui. Domenica sera, infatti, sarà derby milanese e l’Inter è chiamata a confermare quanto sta emergendo in ordine a qualità del gioco e tenuta fisica. Troppo tenero il Parma di sabato per scambiare le lucciole di una goleada per le lanterne di una rincorsa scudetto.

Perché il distacco dalle prime tre dei nerazzurri fino ad ora è stato anche determinato dall’aver perso con Juventus, Milan e Udinese gli scontri diretti fin qui giocati. La verità è che le tre in testa corrono troppo e dunque, per quanto i Ranieri-boys possano continuare con il rullo compressore, le distanze restano difficili da colmare. Ma certo che l’Inter dell’aggiustatore Ranieri sembra cosa molto diversa da quella del periodo Gasperini e l’impressione è che il Milan dovrà giocare una gara attenta e senza errori per avere la meglio sui nerazzurri, che hanno riscoperto Milito e scoperto Alvarez e che hanno in Sneijder e Forlan, al rientro, due armi niente male.

Insieme al derby sul campo ce n’è un altro in corso nel calciomercato e riguarda Tevez. La proposta del Milan è rifiutata dal Manchester City ma ha il placet del giocatore; quella dell’Inter piace alla società inglese ma non vede ancora l’adesione di Tevez. Particolarmente irritante è parso allo sceicco Mansour il tour mediatico di Galliani che ha si è portato il fotografo per farsi ritrarre attovagliato con il campione argentino: la società inglese ricorda che Tevez è un tesserato del Manchester City e che quindi, oltre ad un mancato fair-play del Milan, c’è anche una questione di sostanza che si chiama possesso del cartellino.

Se il Manchester City non darà l’ok, Tevez potrà al massimo palleggiare nel giardino dello sceicco. L’Inter, al contrario, ha scelto la strada della relazione con la società inglese, proponendo l’acquisto a rate del cartellino di Tevez e la cosa ha convinto Mansour e, probabilmente, potrebbe convincere anche Tevez.

Come che vada a finire, la vicenda segna comunque una sconfitta per Galliani: perché nel caso dovesse riuscire a portare il campione argentino al Milan (per via dell’intromissione dell’Inter nella trattativa) dovrà farlo comunque con una formula molto più onerosa di quella alla quale aveva pensato e la cosa, in tempi di fair-play finanziario, non è indifferente. Nel caso in cui invece l’Inter soffiasse il giocatore, la figuraccia di Galliani diverrebbe epocale.

Il Milan ha poco di cui lamentarsi: non solo agisce ai limiti della scorrettezza, ma pensare di andare sul mercato solo a debiti futuri, rilevando campioni con promesse, favori e cambiali, non può sempre andar bene, così come andrebbe evitato, rischio boomerang, un eccessivo strombazzare delle sue trombe mediatiche che dicono quanto sia intelligente Galliani e quanto siano dei pirla gli altri. Ad ogni modo, chi avrà Tevez sarà costretto ad una cessione importante: Pato o Snejider?

Ma nella domenica pallonara delle mancate sorprese ci sono due cose che è bello sottolineare: gli applausi del pubblico di Palermo al gol dell’ex Cavani e quelli del pubblico di Novara al gol di Jovetic. Un calcio che apprezza le giocate di due campioni, anche se avversari, é quello di cui il sistema avrebbe bisogno. Se gli spalti degli stadi diventano luoghi di rispetto e apprezzamento del bel gioco, il calcio può tornare ad essere uno spettacolo per tutti.

 

di Fabrizio Casari

Tra l’ennesimo scandalo scommesse e l’ennesimo mercato di riparazione, torna nelle sale il film del campionato. Ma per il mese di gennaio, più che le partite sui campi saranno decisive quelle sui tavoli, dove procuratori e direttori generali disputeranno match duri e senza esclusione di colpi. Per ora i trasferimenti più importanti li hanno messo a segno il Napoli, con l’acquisto dell’attaccante cileno Vargas e la Juventus, che ha preso a prezzo di un giovane primavera l’attaccante Borriello dalla Roma, cui potrebbe aggiungersi Pizarro, che sarebbe un’utile alternativa a Pirlo.

Chiarissimo l’obiettivo della Juventus, davvero incomprensibile quello della Roma, che sta concretamente rischiando di veder andar via anche De Rossi, se non ora a Giugno. Ad ogni modo, ci sono ancora 25 giorni di mercato invernale che, per volume di movimentazione di denaro e numero di calciatori trattati, da qualche anno sembra essere diventato più importante di quello estivo. Gli obiettivi sono diversi: in generale c’è il tentativo di riportare il monte spese delle società di calcio alla sostenibilità, riducendo costi con cessioni e prestiti di organici e spalmature di debiti.

Non solo e non tanto per la ormai prossima entrata in vigore del fair-play finanziario, quanto perché le società di calcio italiane continuano ad essere tenute in mano da presidenti che, sempre più, si chiedono se il ritorno d’immagine per loro e per le loro aziende vale il costo che assumono nella gestione delle squadre. Il gap con l'Europa é fortissimo. Si deve tener conto che Gran Bretagna, Spagna, Francia e Russia, dove sceicchi e oligarchi del petrolio investono somme enormi per costruire squadre d’eccellenza assoluta, a tenerli a bada ci sono società come Real Madrid e Barcellona, che sono costituite da capitali collettivi e non da singoli portafogli. In Italia, invece, non ci sono sceicchi e nemmeno società collettive di capitali e i Moratti, i Berlusconi, i Della Valle, i De Laurentis, i Pozzo e Zamparini (pur nelle loro differenze, ovvio) non dispongono di capitali privati di valore tale da mettere in discussione il predominio finanziario di sceicchi e affini. Dunque, almeno sul piano europeo, la partita è impari.

E ad aggravare il quadro, l’Italia si trova con le sue principali squadre nel mezzo di una transizione che è tutta da costruire, almeno in qualche caso. Le più titolate, come Inter e Milan, hanno infatti un problema comune: svecchiare le rispettive rose, fatte da campioni costosi e consumati e cominciare a costruire il futuro. Già, ma quale futuro? Programmare una squadra che deve vincere nel giro di uno o due anni significa puntare su giocatori tra i ventisei e i ventotto anni: giovani ma già esperti, campioni rodati nella capacità di tenuta dello stress tecnico, fisico e psicologico e che puntano ai traguardi alti della carriera. Costano tanto, spesso tantissimo, sono pochi e non è facile portarli in Italia.

Se invece si tratta di un futuro disegnato sui prossimi tre o quattro anni, allora qualcosa è già stato fatto, particolarmente dall’Inter, che ha ingaggiato una buona linea verde tra i quali spiccano Alvarez, Castanois, Ranocchia, Viviano, Poli, Faraoni, Caldirola, Coutinho, Obi. Il Milan, invece, al momento dispone solo di El Shaharawi, Antonini e Abate. Certo, se poi ci si chiede quanto questi giocatori siano in grado di forgiare squadre in grado di prevalere in Italia e in Europa, i punti interrogativi diventano enormi, per usare un eufemismo.

Dunque, due strade diverse: o integrare i Thiago Silva, Pato, Robinho, Mexes e Boateng con campioni come loro e migliori di loro (e quindi spalancare il portafoglio) per vincere nei prossimi uno o due anni, oppure spendere meno ma rimandare i trionfi di un triennio. Idem per l’Inter: o insieme a Snejider, Pazzini, Maicon e Motta arrivano tre o quattro campionissimi, e si tenta di proporre una nuova corazzata per vincere entro uno o due anni, oppure alla lista di giovani talenti si fanno aggiunte di valore benché giovani e si lavora a medio termine.

Per la Roma l’operazione di rinnovamento non pare volare con il vento in poppa. Sebbene gli acquisti di Lamela, Bojan e Pianjc siano stati certamente azzeccati, la cessione di Borriello (e forse, come si diceva, quelle di Pizarro e De Rossi) sembrano più il preludio di una dismissione generale che non la volontà di ricostruire dalle fondamenta. Evidentemente la Roma non ha la necessità di vincere subito, ma dismettere i migliori, avendo Totti che potrà giocare al suo livello al massimo un altro paio d’anni, rende la situazione davvero delicata. Il sospetto che i costi e il loro contenimento incidano più di quanto si ammetta a Trigoria, é forte.

E se la questione della competitività europea per motivi diversi non riguarda Udinese, Palermo, Fiorentina e Lazio, il Napoli ha invece intrapreso una strada interessante. L’acquisto di Vargas e - sembra - il prossimo ingaggio di un difensore ad alto livello (si parla di Chivu, cui l’Inter non rinnoverà il contratto) costituiscono mattoni solidi per la costruzione di una squadra che comincia a denunciare ambizioni europee prima ancora che italiane. Un bel calcio, un ambiente straordinario e una buona rosa non saranno però sufficienti: altre robuste aperture di portafogli saranno necessarie per De Laurentis per consentirgli il passaggio dal ruolo di provinciale di lusso a protagonista assoluta. E ben altro clima cittadino sotto il profilo della sicurezza devono garantire: difficile che miliardari mondani accettino di restare a casa per paura di essere assaliti per la strada.

Certo, le italiane si sono tutte qualificate in Europa, con l'Inter addirittura prima nel girone, mentre le inglesi hanno visto cadere teste cotonate e roboanti. Ma trattasi di elemento episodico: il confronto dell'Italia nel suo complesso con l’Europa, la capacità di competere per organici e gioco resterà ancora una chimera. Basti pensare che i nomi dei grandi giocatori per questo scorcio di mercato: per un Tevez che potrebbe arrivare non è il caso di entusiasmarsi; non vale nemmeno la metà di quello che costa e i problemi che porta sono superiori al numero di gol che realizza. Per quelli in uscita tutt'altro dioscorso: i fuoriclasse veri - Pato, Snejider, De Rossi - sembrano in partenza, trattati da club inglesi, francesi e spagnoli. Seguono il destino già scelto da Pastore, Sanchez e Balotelli. Idem per gli allenatori: dopo Capello, Mancini e Spalletti, anche Ancelotti è tornato all’estero. C’è poco da stare allegri: i migliori vanno dove si vince tanto e si guadagna di più. I valori di appartenenza e i sacrifici nel calcio sono solo per i gonzi.

 


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