di Michele Paris

Anche se costretto in troppe occasioni a piegarsi al volere dell’ala più conservatrice del proprio partito durante la campagna elettorale in corso, ciò che tuttora contraddistingue il senatore dell’Arizona John McCain nel giudizio di una buona parte dei cittadini americani, rimane la sua capacità mostrata in oltre un quarto di secolo di attività congressuale di andare contro ogni dogmatismo, di saper parlare in maniera diretta ai suoi elettori, di ammettere i propri errori e di saper ricavare lezioni importanti dalle sconfitte politiche. Per questo forse, l’aver abbracciato incondizionatamente l’aggressiva strategia di Karl Rove – che nel 2000 gli era verosimilmente costata la nomination a beneficio di George W. Bush – volta a sfruttare ogni linea d’attacco nei confronti del proprio avversario, ha causato la reazione negativa non solo di gran parte di quella stampa, conservatrice e liberal, che aveva contribuito a costruire la sua immagine di “maverick”, ma anche dell’elettorato indipendente che sembrava essere inizialmente un punto di forza della sua candidatura.

di Mariavittoria Orsolato

Il decreto Gelmini è ora ufficialmente legge. Lo ha stabilito ieri mattina il Senato con 162 voti a favore, 134 contrari e 3 astenuti, mentre tra i banchi dell’opposizione si parlava già di referendum abrogativo con relativo striscione. Non sono quindi valsi a nulla gli appelli lanciati durante le centinaia di cortei e manifestazioni organizzati da studenti, docenti e genitori: la schiacciasassi del governo Berlusconi IV passa con la solita arroganza anche sulla scuola pubblica. Il ricorso dell’opposizione al referendum è stato confermato poche ore più tardi da Walter Veltroni, che in una conferenza stampa ha spiegato come il Pd, pur avendo chiara la necessaria parsimonia con cui misurarsi con l’istituto referendario, ritiene importantissima la materia scolastica; da qui l’urgenza di fermare la schifezza della Gelmini appena approvata. Il disegno di conversione è arrivato a Palazzo Madama dopo il maxiemendamento approvato alla Camera con lo strumento della fiducia ma, in sostanza, non una virgola è stata cambiata in merito ai tagli preannunciati sul personale e sui costi.

di Carlo Benedetti

MOSCA. Geopolitica e geoeconomia in movimento, con la Russia che alza il livello dello scontro con Bush nei campi del settore nucleare e in quello energetico. Decidendo, in primo luogo, di non modificare il suo atteggiamento verso il programma nucleare iraniano e respingendo, di conseguenza, le sanzioni che gli Usa vorrebbero imporre alla “Rosoboroneksport”, cioè all’organizzazione di Stato che gestisce l’esportazione di armi. In tal senso si pronuncia il ministro degli Esteri Sergej Lavrov, il quale sottolinea che la decisione (“ricattatoria”) del Dipartimento di Stato non renderà la Russia “più docile” nella questione dei contatti con Teheran. “Riteniamo – sottolinea Lavrov – che ciò sia assolutamente inaccettabile perchè tutta la nostra collaborazione con l’Iran si realizza in completo accordo con il diritto internazionale”. Ma ora c’è di più.

di Eugenio Roscini Vitali

La politica americana è più complessa di quanto si possa credere. Anche se gli ultimi sondaggi sul voto del 4 novembre danno Barak Obama in netto vantaggio (per i più pessimisti sono quattro i punti a suo favore), i giochi non sono ancora fatti. McCain spera sempre nel pieno appoggio dell’elettorato “religioso”, quella parte dell’America repubblicana che rimane una delle componenti più importanti nella corsa alla Casa Bianca, un elemento che in molte elezioni si è rivelato fondamentale, così come lo fu nel 2004 quando i temi etici ebbero un impatto decisivo sull’esito del voto. I repubblicani hanno sempre investito molto su questo tipo di elettorato e fino al mese scorso la così detta “destra religiosa” si era sempre dimostrata una base sociale solida e ben organizzata, guidata da personaggi che vanno dai cattolici più conservatori ai protestanti evangelici dell’America bianca: padre Richard Neuhaus, difensore di questioni che vanno dalla libertà religiosa alla difesa della vita; l’Arcivescovo Charles Caput, voce emergente di una politica moralmente rigorosa; Charles Colon, leader del protestantismo evangelico contemporaneo. Ora però l’appoggio sembra venir meno e i sondaggi parlano di un preoccupante calo di consensi. Il motivo? Secondo gli esperti il problema ha un nome e cognome: Sarah Palin.

La redazione del The New York Times

L'iperbole è la moneta delle campagne presidenziali, ma quest'anno il futuro della nazione è veramente in gioco. Gli otto anni di fallimentare guida del Presidente Bush stanno facendo sprofondare gli Stati Uniti. Bush sta caricando sulle spalle del suo successore due guerre, un'immagine internazionale sfregiata e un governo sistematicamente deprivato della sua capacità di proteggere i propri cittadini, stiano essi scappando dalle inondazioni di un uragano o cercando un'assistenza sanitaria alla propria portata o lottando per tenersi la propria casa, il proprio lavoro, i propri risparmi o la pensione, nel mezzo di una crisi finanziaria che si poteva prevedere e prevenire. Ma anche se i tempi sono difficili, la scelta di un nuovo presidente è facile. Dopo quasi due anni di una campagna brutta e rancorosa, il Senatore dell'Illinois Barack Obama ha dimostrato di essere la scelta giusta per il 44esimo presidente degli Stati Uniti.


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