di Cinzia Frassi

Da qualche tempo il ministro Mastella si occupa anche dei palinsesti televisivi, mettendoli a soqquadro. “La vita Rubata”, film diretto da Graziano Diana, che doveva andare in onda il 27 novembre sugli schermi di mamma Rai, racconta la drammatica vicenda di una ragazza di 17 anni, Graziella Campagna, freddata a colpi di lupara. Un brutale omicidio di mafia nel quale ha trovato la morte la sera del 12 dicembre 1985 a Villafranca Tirrena (Me) una ragazzina che lavorava presso la lavanderia La Regina e che, suo malgrado, aveva visto qualcosa che non avrebbe proprio dovuto vedere. Per quello che ha visto è stata barbaramente uccisa. Suo malgrado. E’ la mafia. Qualche giorno prima di essere uccisa, mentre svolgeva il suo lavoro in lavanderia, Graziella trova nel taschino di una camicia alcuni documenti, probabilmente un’agendina. E’ così che si imbatte con la vera identità di Toni Cannata e Gianni Lombardo. Gerlando Alberti jr, nipote di Gerlando Alberti sr, alias “u paccarè”, (il furbo), è il braccio destro di Pippo Calò e Giovanni Sutera. I due latitanti sono ricercati per associazione mafiosa e traffico di droga e dal timore di essere scoperti al risolvere con un omicidio ci mettono un attimo. Graziella commette l’errore di consegnare ciò che aveva trovato per puro caso alla titolare della lavanderia.

di Bianca Cerri

Mark Everson, presidente della Croce Rossa, ha rassegnato le dimissioni “per motivi personali” a soli sei mesi dalla nomina. Per la verità, è stato il direttivo a chiedere espressamente il suo allontanamento. Sia come sia, l’uscita di Everson è stata un brutto colpo per la Croce Rossa, già aspramente criticata per lo scarso impegno dimostrato durante l’emergenza causata dal passaggio dell’uragano Katrina nel sud degli Stati Uniti. Per il momento, la presidenza è stata affidata al consigliere generale Mary Elcano ma non si sa ancora se Elcano intenda mantenere al loro posto i collaboratori che Everson aveva portato con sé assumendo l’incarico. Tra dimissioni forzate e uscite improvvisate, è la sesta volta nel giro di cinque anni che la Croce Rossa si ritrova senza un presidente. Toccherà ora ad una speciale commissione vagliare eventuali candidature. Da qualche parte si fa già il nome di Frances Townsend, fresca dimissionaria dal dipartimento di Sicurezza USA , ma la notizia non è stata confermata. Bonnie Hunter, capo del direttivo si è detta “profondamente rattristata” dalla vicenda, ma ha anche sottolineato che la situazione personale di Everson era ormai incompatibile con l’etica dell’organizzazione.

di mazzetta

Una settimana fa, il quotidiano La Repubblica ha pubblicato un reportage di Giampaolo Visetti, intitolato “Mattatoio Mogadiscio”. Nell’articolo si faceva crudamente il punto sulla situazione nella capitale somala, nel momento in cui la rabbia della dittatura etiope per il fallimento dell’ennesima guerra agli “islamici” si è tradotta in una carneficina con tutti i crismi del genocidio. Mentre l’Etiopia ha dichiarato di non potersi ritirare come vorrebbe, l’ONU dice che non si può intervenire a mantenere la pace finché non c’è pace. Troppo pericoloso mandare gente ora. Con il cerino in mano sono rimasti circa millecinquecento ugandesi, mandati dal padre-padrone Museweni, splendido esemplare di “cristiano rinato” che con Bush condivide molto di più della fede. Gli ugandesi sono gli unici militari inviati in Somalia come parte di un contingente di ottomila uomini forniti da paesi africani per il peacekeeping, che era un pio desiderio di Bush e del nuovo segretario dell’ONU, il troppo servizievole Ban Ki-Moon. L’invasione etiope è stata legittimata a posteriori dall’ONU, nonostante la contrarietà dell’Unione Africana; ma si tratta di una legittimazione formale, poiché all’occupazione della Somalia hanno finito per collaborare solo Uganda, Stati Uniti e Francia.

di Alessandro Iacuelli

Si tratta di uranio arricchito. E' il materiale nucleare sequestrato a tre persone arrestate tra Slovacchia e Ungheria. Lo riferisce l'agenzia di stampa CTK. Due dei sospettati sono stati fermati nella zona orientale della Slovacchia, un altro invece in Ungheria. L'identità degli arrestati non è ancora stata resa nota, ma si sa che si tratta di due ungheresi ed un ucraino. Sono accusati di aver cercato di vendere un chilogrammo di materiale nucleare. Un portavoce della polizia ha affermato che degli esperti stanno esaminando il materiale radioattivo, che i tre uomini volevano vendere per un milione di dollari. Melissa Fleming, portavoce dell'Agenzia Internazionale dell'Energia Atomica, afferma che i loro ispettori seguiranno il caso e che quanto avvenuto desta molta preoccupazione. Il materiale fissile sequestrato può essere utilizzato per costruire una “bomba sporca”, vale a dire un ordigno convenzionale avvolto in materiale radioattivo che si disperde nella deflagrazione. Secondo quanto indicato dal responsabile della polizia slovacca Michal Kopcik, si tratta di uranio 235, usato nei reattori e nelle testate nucleari, miscelato ad uranio 238. Si ignora al momento chi potessero essere i potenziali acquirenti. Le polizie di Slovacchia e Ungheria si guardano bene dal fare rivelazioni a riguardo.

di Eugenio Roscini Vitali

“La provincia del Kosovo e Metohija è parte delle Serbia e la sovranità e l’integrità territoriale del Paese sono garantiti dalla Costituzione, dalla Carta delle Nazioni Unite, dall’Atto finale di Helsinki e dalle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Ogni soluzione per il futuro status del Kosovo e Metohija deve partire da questo principio e deve rispettarlo. Qualsiasi altra azione sarebbe dichiarata nulla e metterebbe in pericolo l’esistenza della Repubblica di Serbia che, in conformità con quanto sancito dal diritto internazionale, sarebbe costretta a reagire”. Questa è in sostanza la posizione serba sul Kosovo, un parere confermato anche durante i colloqui di Baden, dove il ministro degli Esteri serbo, Vuk Jeremic, ha dichiarato che qualsiasi soluzione unilaterale della crisi equivarrebbe all’apertura del Vaso di Pandora, con un effetto a catena che coinvolgerebbe i Balcani occidentali e che si propagherebbe anche in altre regioni del mondo. Jeremic ha ricordato i principi su cui si basa la Risoluzione 1244 approvata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il 10 giugno 1999: prevedere l’autonomia del Kosovo mantenendo comunque la sovranità e integrità territoriale della Serbia.


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