Dopo ogni attacco militare condotto in territorio russo, verosimilmente da individui o gruppi legati direttamente o indirettamente al regime ucraino, il governo americano smentisce in maniera ufficiale di avere incoraggiato o favorito questo genere di operazioni ultra-provocatorie. Lo stesso copione si è ripetuto martedì in seguito all’incursione di otto droni su Mosca in quello che è stato il primo tentativo di raid aereo contro edifici civili nella capitale russa. Nonostante le smentite, è difficile immaginare che Zelensky e la sua cerchia abbiano agito in maniera autonoma. Se così fosse, l’episodio di martedì segnerebbe una nuova pericolosissima provocazione da parte di Washington, soprattutto alla luce del grave deteriorarsi delle capacità belliche dell’Ucraina sotto i colpi dell’artiglieria russa.

L’accordo raggiunto nel fine settimana sull’innalzamento del tetto del debito pubblico americano tra il presidente Biden e lo “speaker” repubblicano della Camera dei Rappresentanti, Kevin McCarthy, salvo sorprese dovrebbe essere approvato dal Congresso nei prossimi giorni. Il documento di 99 pagine partorito dopo settimane di trattative eviterà un default definito nientemeno che “catastrofico” da tutta la classe dirigente USA. Per ottenere questo risultato, tuttavia, la Casa Bianca e la leadership democratica hanno acconsentito a una serie di tagli alla spesa sociale che avranno un impatto pesante sulle fasce più deboli della popolazione.

La saga del tetto del debito occupa da tempo le prime pagine dei giornali americani, assieme alle previsioni apocalittiche del segretario al Tesoro, Janet Yellen, sulla data presunta in cui, senza un’iniziativa del Congresso, il governo federale non sarebbe più in grado di far fronte ai propri impegni.

Nonostante le possibili implicazioni del voto più difficile per Erdoğan in due decenni alla guida del suo paese, il dato forse di maggiore rilievo del ciclo elettorale appena concluso con il ballottaggio per le presidenziali di domenica in Turchia sembra essere piuttosto il fallimento della proposta di riorientamento strategico verso Occidente promosso dall’opposizione e dal suo candidato, Kemal Kiliçdaroğlu. Tutto ciò che ha dovuto fare il presidente in carica per riconfermarsi dopo il risultato inaspettatamente positivo del primo turno è stato in definitiva ribadire l’impegno per una politica estera – ed economica – indipendente, nonché accentuare i toni populisti ed evitare gli eccessi xenofobi degli ambienti ultra-nazionalisti, sposati invece quasi del tutto dal suo rivale.

I dati del PIL della Germania confermano che la più grande economia dell'Unione Europea è entrata in recessione tecnica. La seconda stima del PIL tedesco per il primo trimestre è stata rivista in ribasso e riflette una contrazione dell’economia dello 0,3%. Questo dato, unito al calo dello 0,5% del quarto trimestre 2022, indica che la Germania è entrata in recessione tecnica durante l'inverno. La locomotiva tedesca, quindi, ha smesso di trainare in coincidenza con la chiusura delle importazioni di idrocarburi dalla Russia in obbedienza ai voleri degli Stati Uniti, abbandonando così l’elemento di maggiore incidenza del suo sviluppo industriale e commerciale, sia in chiave di importazione che attraverso la rivendita a terzi. Sholtz, uno dei politici meno carismatici e capaci della storia tedesca, è riuscito a portare la Germania in recessione consegnando la sua politica economica alla disponibilità degli USA.

La saga delle armi da garantire al regime ucraino per sopravvivere all’offensiva russa si è arricchita in questi giorni dalle discussioni presumibilmente in corso in sede NATO per fornire a Zelensky aerei da guerra F-16 di produzione americana. In occasione del vertice dei G-7 a Hiroshima la questione è stata presa seriamente in considerazione dagli sponsor di Kiev, anche se, come per i precedenti equipaggiamenti promessi e poi consegnati, i dettagli dell’operazione devono essere ancora definiti. La caduta/liberazione definitiva nel fine settimana della città di Bakhmut/Artemovsk rende tuttavia ancora più dubbia l’utilità dei caccia realizzati da Lockheed Martin, il cui arrivo in Ucraina rappresenterebbe comunque una nuova ulteriore escalation delle provocazioni nei confronti di Mosca.

Zelensky implora da tempo l’invio di F-16 e, almeno ufficialmente, la richiesta era stata al centro dei recenti faccia a faccia tra il presidente ucraino e i leader di Italia, Francia, Gran Bretagna e Germania. Il nuovo oggetto del desiderio del regime neo-nazista di Kiev è diventato così un altro finto argomento di discussione in Occidente, con l’unico governo che conta in merito alle decisioni strategiche sull’Ucraina, ovvero quello americano, con ogni probabilità già convinto a dare il via libera al trasferimento dei velivoli.


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