Scioperi e proteste in tutto il paese sono proseguiti nella giornata di martedì contro l’approvazione in via definitiva, da parte del parlamento israeliano (Knesset), della prima tranche della “riforma” del sistema giudiziario dello stato ebraico voluta dal governo di estrema destra del primo ministro Netanyahu. La legge ultra-controversa cancella di fatto il potere della Corte Suprema di giudicare ed eventualmente bocciare le leggi approvate dal parlamento. Lo scontro politico che ne è derivato minaccia ora di destabilizzare Israele e il suo regime, spazzando via quel residuo di apparenza di legittimità democratica necessaria ad assicurare l’appoggio degli alleati occidentali e della comunità ebraica internazionale.

La questione del grano ucraino è sintomatica della Grande Mistificazione che avvolge il conflitto tra Occidente e Russia. In premessa c’è da dire che sia la Russia che l’Ucraina sono due potenze nella produzione di grano. La Russia, addirittura, è il primo produttore al mondo, avendo già da anni superato Stati Uniti, Canada e Australia, oltre che l’Ucraina, un tempo granaio della Unione Sovietica. Lo scorso anno, con la firma del Black Sea Grain Initiative, Mosca aveva accettato, contro il suo interesse, di garantire il passaggio delle navi ucraine contenenti grano e cereali sul Mar Nero.

L’approdo al governo spagnolo dell’estrema destra erede del franchismo dopo quasi cinquant’anni dalla fine della dittatura sembra essere stato per il momento sventato in seguito al sorprendente esito delle elezioni di domenica. Il Partito Socialista (PSOE) e gli alleati della piattaforma di sinistra Sumar hanno infatti superaro le aspettative della vigilia recuperando terreno fino a impedire quasi certamente la formazione dell’esecutivo di coalizione che avrebbe dovuto essere composto dal Partito Popolare (PP) e dalla formazione neo-fascista Vox. Il risultato è una nuova camera bassa del parlamento spagnolo senza una maggioranza logica ipotizzabile, ma con i socialisti del premier uscente, Pedro Sánchez, teoricamente in grado di mettere assieme i seggi necessari per un nuovo mandato alla guida del paese.

Il vertice di Bruxelles tra Unione Europea e CELAC si è concluso in pompa magna, pur confermando i contrasti tra europei e latinoamericani. Il comunicato finale sottolinea la necessità di porre fine al blocco contro Cuba e di rimuoverla dalla lista dei Paesi che sponsorizzano il terrorismo. Questo è certamente un risultato positivo e da sottolineare, ma si tratta di punti in qualche modo scontati, dato che storicamente l'intera UE ha votato all'ONU a favore della revoca del blocco illegale e unilaterale degli Stati Uniti contro Cuba.

Semmai c’è da evidenziare come, pochi giorni fa, il Parlamento europeo ha nuovamente votato una mozione di condanna molto forte nei confronti di Cuba, ma tre giorni dopo l'UE si è presentata alla CELAC per convincerli della linea politica comune. È perfettamente inutile sostenere che il Parlamento europeo è un'istituzione legislativa con una propria autonomia, poiché l'UE sostiene a livello governativo gli orientamenti di politica estera decisi dal PE. È solo in questa ipocrisia che risiedono l'arroganza europea e l'ingenuità (o in alcuni casi la connivenza) dei Paesi latinoamericani.

Una recente esclusiva, o presunta tale, del Wall Street Journal ha rivelato questa settimana come i leader di fatto dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti siano da qualche tempo ai ferri corti, tanto che l’erede al trono della casa regnante a Riyadh, Mohammad bin Salman (MBS), avrebbe privatamente minacciato durissime sanzioni contro l’alleato-rivale emiratino.


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