di Sara Michelucci

La commistione tra mondo dei fumetti e mondo cinematografico, si sa, piace molto ad alcuni registi e spesso ha dato vita a veri e propri cult. Basti pensare a Robert Rodríguez e Frank Miller che hanno dato vita ala famoso Sin City, allo Spider-Man diretto da Sam Raimi o alle varie saghe di Batman. Ora è la volta di Captain America - Il primo vendicatore diretto da Joe Johnston. Il film trae ispirazione dal personaggio dei fumetti Marvel Comics.

Siamo nel 1942 e la storia ruota attorno al personaggio di Steve Rogers, un ragazzo rachitico, che vuole a tutti i costi arruolarsi nell’esercito per servire il suo paese. Il dottor Abraham Erskine gli offre la possibilità di sottoporsi alla somministrazione del siero del Super Soldato, composto chimico che farà del debole Steve un soldato superiore a livello fisico. Il dottor Erskine cade però vittima di un attentatore dell'Hydra, organizzazione militare finanziata da Hitler e capeggiata da Johann Schmidt che è stato il primo supersoldato creato da Erskine, rimasto sfigurato dal siero.

Così la formula del siero non è più nelle mani di Steve e mancando la possibilità di creare altri supersoldati, il ragazzo è usato dal governo come strumento di propaganda per l'arruolamento degli americani. Il Captain America viene presentato al pubblico come l'icona dell'America che combatte la battaglia contro Hitler: partecipa a spettacoli e vengono diffusi albi a fumetti sul personaggio. Steve però non si sente davvero utile, non era questo il suo sogno e non erano tali i suoi progetti.

Quando scopre che il suo grande amico Bucky è disperso decide di andare a salvarlo, con l'aiuto della soldatessa Peggy Carter e dell’ingegnere Howard Stark. Steve inizia a mettere in pratica il suo vero status di supersoldato, partecipando a missioni militari contro il nazismo. Il supereroe torna così a calcare la scena cinematografica e questa volta ha un nemico, realmente esistito, da combattere. Si pesca così nella vera storia mondiale, e si sceglie un personaggio tanto ‘sfruttato’ dal cinema e dai documentari, come Hitler, per creare un antagonista di pregio.

Ovviamente non si può non pensare alle influenze di un regista come Quentin Tarantino, anche egli altamente coinvolto, nei suoi lavori, dal mondo colorato dei fumetti, manga soprattutto, che sceglie per creare un bel film come Kill Bill. Ma il regista americano è anche l’autore di un'opera come Bastardi senza gloria, che narra le gesta di una squadra speciale di soldati ebrei noti come i "Bastardi".

I soldati vengono incaricati dai loro superiori di uccidere ogni soldato tedesco che incontrano e prendere loro lo scalpo. Il tema della vendetta contro il Nazismo, panacea di tutti i mali del Novecento, torna preponderante anche in Captain America: Il Primo Vendicatore, ma anche quello della guerra e del massacro di tanti giovani americani può essere visto come un leitmotiv di questo film che gioca bene tra azione e fantascienza.

Captain America: Il Primo Vendicatore (Usa, 2011)
regia: Joe Johnston
sceneggiatura: Christopher Markus, Stephen McFeely
attori: Chris Evans, Hugo Weaving, Tommy Lee Jones, Stanley Tucci, Hayley Atwell, Natalie Dormer, Sebastian Stan, Richard Armitage, Dominic Cooper, Toby Jones, Neal McDonough, JJ Feild, Derek Luke, Kenneth Choi, Anatole Taubman, Christian Black, Marek Oravec, Eric Edelstein, Duncan JC Mais
fotografia: Shelly Johnson
montaggio: Robert Dalva, Jeffrey Ford
musiche: Alan Silvestri
produzione: Marvel Studios
distribuzione: Universal Pictures

di Sara Michelucci

John Wright torna sugli schermi cinematografici scegliendo un thriller ad alta tensione, come Hanna. E’ la storia di una bella adolescente di sedici anni, Hanna Heller, interpretata da Saoirse Ronan, che vive con il padre Erik in una foresta, da quando aveva due anni. Lontana dal mondo civile, dalla società, Hanna è stata addestrata all’uso di tecniche di difesa e di attacco, alla conoscenza delle armi, oltre ad avere imparare varie lingue. Come parte della sua formazione, ha il compito di non entrare mai in contatto con la tecnologia moderna e ha memorizzato una serie di finte storie da utilizzare ‘quando sarà il momento’.


Una notte, Hanna dice a Erik di essere "pronta", e lui le dà una scatola contenente un trasmettitore vecchio che avvisa il mondo esterno della loro presenza. Dopo aver analizzato la situazione, Hanna preme l'interruttore, e invia un segnale della sua posizione a Marissa Wiegler (Cate Blanchett), un ufficiale della Cia che ha un conto in sospeso con suo padre, agente segreto, e vuole a tutti i costi trovare la ragazza. Da qui è un crescendo di suspance e azione che lasceranno spesso con il fiato sospeso. Le riprese del film includono luoghi come il lago Kitka a Kuusamo, nel nord-est della Finlandia e diverse località in Germania, e del Marocco.

Molto bella infatti la fotografia, con scenari che cambiano frequentemente e che mostrano paesaggi interessanti. Lo scenario offerto dalla Finlandia ha messo in evidenza, poi, gli aspetti fiabeschi della storia. Eroina, antagonista, oggetto magico sono infatti ben presenti nella storia e il riferimento all’elemento fiabesco è ben visibile in alcuni passaggi del film, come quando si vede il libro che le è rimasto dall’infanzia: una copia classica delle favole dei fratelli Grimm e la sua meta è proprio la Casa Grimm a Berlino.


Hanna, però, non è la selvaggia a cui il cinema ci ha spesso abituato: la Nell che non sa parlare o Il ragazzo selvaggio di Truffaut che deve essere educato. La sua vita è stata impostata sulla conoscenza della civiltà e delle società verso cui sarà destinata, per combatterla. Hanna però si troverà come un pesce fuor d’acqua, dovendo salvare la propria vita in un mondo che non ha conosciuto veramente.

 

Hanna (Usa 2011)

 

regia: Joe Wright

sceneggiatura: Joe Wright, Joe Penhall, David Farr, Seth Lochhead

attori: Saoirse Ronan, Eric Bana, Cate Blanchett, Niels Arestrup, Jason Flemyng, Tom Hollander, Olivia Williams

fotografia: Alwin H. Kuchler

montaggio: Paul Tothill

musiche: Chemical Brothers

produzione: Marty Adelstein Productions

distribuzione: Warner Bros. Italia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Sara Michelucci

Il mondo della pubertà, le sue difficoltà, le prime scoperte, le fatiche di passare dall’infanzia all’adolescenza, sono raccontate attraverso la figura esile di un ragazzino di undici anni: Greg Heffley. Diario di una schiappa, il nuovo film di Thor Freudenthal, narra con ironia e leggerezza la storia del giovane Greg, che sta per fare il suo ingresso nella scuola media dove dovrà affrontare un universo nuovo e fatto di mille avventure. Greg ha una vita normale: vive con i suoi genitori, con un fratello maggiore che lo perseguita e con uno molto piccolo che lo ammira.

Una tipica descrizione di una famiglia ‘classica’, dove il fratello ‘di mezzo’ non ha sempre vita facile. La nuova scuola viene affrontata da Greg in compagnia di Rowley con cui ha frequentato già le elementari. Ma se Greg è bassino e magrissimo, Rowley è sovrappeso, ma è anche infantile. L’atteggiamento dell’amico non gioverà a Greg e i due verranno automaticamente catapultati tra coloro che contano poco nella gerarchia della scuola.

Il film trae ispirazione dall’omonimo libro di Jeff Kinney scritto nel 2007 negli Stati Uniti e arrivato in Italia nel 2008. Diventato un best-seller, ha dato vita ad una serie considerata tra i più importanti fenomeni editoriali per ragazzi degli ultimi anni.

Interessante sicuramente l’utilizzo dell’ironia per raccontare lo spaccato di vita che tutti i ragazzi americani e non si trovano ad affrontare. Anche il tema del bullismo viene narrato senza cadere nel banale, ma sapendo ben coniugare trama e dialoghi, tenendosi fuori da luoghi comuni in cui spesso incappano i film di questo tipo. Alcune scelte e immagini sono ben rappresentative di personaggi tipo che si possono incontrare in qualsiasi scuola, come la ragazzina che legge isolata Ginsberg e per questo si sente diversa dai ragazzi della sua età. Non è semplice raccontare la scuola, non lo è soprattutto narrare quello della pubertà, perché spesso di rischia di cadere nel banale. Eppure Diario di una schiappa riesce a caratterizzare bene un mondo, uno spaccato di vita, mettendo in luce le paure, i dubbi, la voglia di farcela e di arrivare tipiche di un’età della vita.

L’interazione tra i ragazzi, poi, rappresenta il vero terreno di apprendimento, humus dove far crescere la propria personalità, per capire chi si vuole diventare da adulti.

In uscita anche il sequel, Diario di una schiappa 2 per la regia di David Bowers, dove Greg frequenta la seconda media ed è molto più sicuro di sé stesso, se non fosse per il fratello Rodrick che ha deciso di mettergli i bastoni tra le ruote.

Diario di una schiappa (Usa 2010)
Regia: Thor Freudenthal
Cast: Zachary Gordon, Robert Capron, Rachael Harris, Steve Zahn, Connor Fielding, Owen Fielding, Devon Bostick, Chloe Moretz, Alex Ferris, Rob LaBelle, Cainan Wiebe, Grayson Russell
Produzione: Color Force
Distribuzione: 20th Century Fox

 

 

 

 

di Sara Michelucci

Siamo a tre. Il regista Michael Bay dà vita al terzo capito della serie Transformers, Transformers: Dark of the Moon. Il film segue i primi due capitoli, Transformers e Transformers - La vendetta del caduto, dedicati alle avventure dei celebri robot immaginari, protagonisti di cartoni animati, fumetti, linee di giocattoli e immancabili videogiochi. Avvincente la trama anche in questo terzo capitolo. Scenari futuribili e avventure cyber, mettono in scena un film fantascientifico dai tratti ultra moderni, con protagonisti che richiamano alla mente i giochi dei bambini, trasformati in vere e proprie icone.

In una missione a Chernobyl, il Nest trova un dispositivo alieno che Optimus Prime identifica come “un pezzo del motore di un'astronave cybertroniana, l'Arca”. Durante la ricognizione si manifesta Shockwave, il Decepticon che finora aveva governato Cybertron come governatore tirannico in assenza di Megatron, e il gigantesco robot tentacolare Driller, di cui è il padrone, che solo Shockwave è riuscito ad addomesticare. Optimus capisce quindi che gli umani erano a conoscenza di un segreto della loro razza e che non l'avevano condiviso.

Arrabbiato, Optimus pretende spiegazioni e apprende che americani e russi cominciarono la corsa verso la Luna per raggiungere l'oggetto misterioso che era in realtà la nave Arca; i russi presero il pezzo del motore che si era staccato ed era caduto sulla Terra, lo studiarono e, nulla sapendo della sua origine aliena, pensarono che fosse un avanzato dispositivo americano per produrre energia nucleare; lo misero a Chernobyl e, quando tentarono di usarlo come materiale fissile, provocarono il famoso disastro del 1986.

Il terzo capitolo di Transformers riscrive allora lo Sbarco sulla Luna, richiamando memorie storiche, ma offrendo una chiave di lettura nuova. Piace sicuramente una scelta di questo tipo, dove la storia americana torna ad essere preponderante, nonostante le oltre due ore e mezza di film in 3d sfiancano abbastanza, rendendo la visione più ‘fisica’ che mentale.

Un film che purtroppo non è nato sotto una buona stella. Ricordiamo infatti che il 2 settembre 2010 sono state temporaneamente sospese le riprese ad Hammond, Indiana, dopo un incidente sul set. Un cavo di acciaio si è spezzato colpendo un'auto e rompendo la testa alla conduttrice della vettura, che ha dovuto affrontare un operazione delicata al cervello.

La Paramount Pictures ha ammesso la responsabilità per l'incidente, ma la famiglia della povera attrice ha intentato una causa con sette capi di negligenza contro la Paramount, con danni complessivi al disopra dei 350.000 dollari. Nonostante questa brutta disavventura, il film comunque ha ottenuto un certo riconoscimento al botteghino. Adulti e bambini possono infatti divertirsi, seppure in maniera differente, con un film di questo tipo.

Transformers 3 (Usa 2011)
regia: Michael Bay
sceneggiatura: Ehren Kruger
attori: Shia LaBeouf, Rosie Huntington-Whiteley, Patrick Dempsey, John Malkovich, Ken Jeong, Frances McDormand, John Turturro, Tyrese Gibson, Kevin Dunn, Ramon Rodriguez, Alan Tudyk, Josh Duhamel, Julie White, Frank Welker, James Avery, Peter Cullen
fotografia: Amir M. Mokri
montaggio: Roger Barton, William Goldenberg
musiche: Steve Jablonsky
produzione: DreamWorks SKG, Hasbro, Paramount Pictures
distribuzione: Universal Pictures

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Sara Michelucci

Un animale in gabbia, un fenomeno da baraccone, un elemento da studiare, scandagliare, violare anche nella propria intimità. Saartjie Baartman, meglio nota come la “Venere Ottentotta” per le sue caratteristiche fisiche, non è considerata una donna, ma un oggetto da esporre. Sradicata dalla sua casa, dalla sua terra d’origine, il Sudafrica, Saartjie è condotta dall’uomo per cui fa la domestica, prima a Londra, e poi a Parigi, per soddisfare la curiosità e lo sciocco voyeurismo delle persone che accorrono ai suoi spettacoli. Ma Sarah, questo il nome con cui è conosciuta in Europa, non è felice. E allora beve e fuma nella solitudine della sua esistenza, segnata dalla morte di un figlio e dall’abbandono dell’uomo che amava.

Il nuovo film di Abdel Kechiche, Venere nera, coniuga sapientemente la vera storia della Baartman con la ricostruzione scenica di spettacoli ed esposizioni nell’Europa della Rivoluzione Industriale, dove il selvaggio, l’essere venuto dalla lontana Africa affascina e diverte sia il popolo che l’aristocrazia e dove non c’è pietà per la natura umana di una donna nera.

A Parigi ci sarà il tracollo definitivo di Sarah, che finisce in un bordello e alla fine consumerà la sua esistenza nella solitudine di una stanza. Nemmeno il suo corpo morto sarà preservato dalla sete di conoscenza e verrà venduto all’Accademia Reale di Medicina di Parigi che nel 1817 ne esporrà un calco, insieme all’organo riproduttivo e al cervello. Il dottor Georges Cuvier, considerato un luminare dell’epoca, discuterà una tesi sulle somiglianze anatomiche fra gli ottentotti e le scimmie, ponendo in essere le basi per un razzismo che poi accompagnerà la storia della popolazione africana.

Il regista di Cous cous riesce a mostrare con intensità l’aberrazione della condizione della giovane africana, ma allo stesso tempo dà ampio spazio allo spettacolo scenico, con i balli tribali della “venere nera” e la sua grande capacità di suonare. Bella la scena in cui segue con il suo strumento “primitivo” le note di un violino. O quella in cui accompagna un dolce canto al suono dello strumento, dando una dimensione nuova e diversa alla sua esibizione, slegandola dall’osceno spettacolo di animale in gabbia o tenuto al collo da una catena. Lo spettacolo, allora, può mettere strette catene, ma le può anche sciogliere nel momento in cui tira fuori l’arte, la bravura o il talento.

Il Sudafrica riuscirà solo nel 2002 a far tornare sua figlia in quella terra di colori e di tradizioni, ricongiungendola in un abbraccio forte e in parte consolatorio, grazie alla liberazione della popolazione nera dalla schiavitù, in qualunque forma essa si manifesti, con la vittoria di Nelson Mandela contro l’apartheid.

Venere Nera (Francia, 2010)
regia: Abdellatif Kechiche
sceneggiatura: Abdellatif Kechiche
attori: Yahima Torrès, Andre Jacobs, Olivier Gourmet, Elina Löwensohn, François Marthouret, Michel Gionti, Jean-Christophe Bouvet, Jonathan Pienaar, Olivier Loustau, Diana Stewart
fotografia: Lubomir Bakchev
montaggio: Camille Toubkis, Ghalya Lacroix, Laurent Rouan, Albertine Lastera
produzione: MK2 Productions
distribuzione: Lucky Red

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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