di Sara Michelucci

Volere a tutti i costi un figlio, per sentirsi realizzati, per porre delle basi, per raggiungere almeno un obiettivo nella vita e far vedere ai propri genitori di valere qualcosa. È questo a cui aspira Antonia, trentaduenne che, dopo un passato di cantante in vari locali romani, lavora ora in un autonoleggio e sta con Guido, toscano trapiantato nella Capitale che è occupato come portiere di notte ed è appassionato di lingue antiche e di santi. Antonia ha un passato decisamente burrascoso, mentre Guido è un timido dai modi cordiali, che pare uscito da un romanzo ottocentesco. Si incontrano tutti i (santi) giorni in una sola occasione: nel momento in cui Guido torna dal lavoro e sveglia Antonia per la colazione, con un modo decisamente insolito.

I due si amano molto, hanno trovato in questo rapporto l’occasione per far sì che le loro vite siano finalmente realizzate, ma una cosa manca: la possibilità di avere un bambino. I due si prestano così alle cure più dolorose e bizzarre, alla fecondazione assistita e ai dosaggi ormonali. Situazioni che, ben presto, metteranno a dura prova il loro legame.

Sullo sfondo una Roma truce e volgare, fatta di vicini che mettono al mondo figli che non vogliono e non amano, di ex ragazzi approfittatori, di proprietari di locali violenti e di una marmaglia di ragazzini che non ha rispetto per nessuno. In tutto questo si staglia Guido che, con i suoi modi dolci, cerca di proteggere il suo rapporto con Antonia, la quale vacillerà in più di un’occasione, mettendo a repentaglio il loro amore.

Virzì ancora una volta sceglie una storia semplice, per raccontare le mille sfaccettature e difficoltà dei rapporti di coppia, ma anche del vivere più in generale. Una commedia dolce-amara che strappa più di una risata, sapendo ben dosare umorismo e serietà, nonostante la storia sia piuttosto lineare, senza nessun eccesso o grandi slanci. Eppure Virzì racconta qualcosa di autentico, senza troppe sdolcinatezze e per questo centra l’obiettivo: mettere in primo piano le persone più che i grandi temi.


Tutti i santi giorni (Italia 2012)

regia: Paolo Virzì
sceneggiatura: Francesco Bruni, Simone Lenzi, Paolo Virzì
attori: Luca Marinelli, Federica Victoria Caiozzo, Micol Azzurro, Claudio Pallitto, Stefania Felicioli, Franco Gargia, Giovanni La Parola, Mimma Pirrè, Fabio Gismondi, Benedetta Barzini, Katie Mcgovern, Frank Crudele
fotografia: Vladan Radovic
montaggio: Cecilia Zanuso
musiche: Federica Victoria Caiozzo
produzione: Motorino Amaranto con Rai Cinema
distribuzione: 01 Distribution

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Sara Michelucci

Decisamente riuscito l’ultimo lavoro del regista della New Hollywood, William Friedkin. Killer Joe è basato su un lavoro teatrale del premio Pulitzer, Tracy Letts, che ne ha curato anche la sceneggiatura. Ancora una volta il regista de Il Braccio violento della legge, sceglie una storia dura e che non risparmia nulla allo spettatore. Chris è un giovane 22enne spacciatore di droga e deve trovare al più presto una grossa somma di denaro per saldare un debito, dopo che la madre ha rubato la sua scorta di droga. Per ottenere i soldi decide di ucciderla e incassare l’assicurazione sulla vita della donna.

Chris ingaggia così il poliziotto Joe Cooper, d’accordo con il resto della famiglia, detto Killer Joe, che si guadagna da vivere lavorando come sicario. Ma quando il killer chiede un pagamento anticipato, che Chris e la sua famiglia non possono pagare, Killer Joe fa un’offerta al ragazzo: terrà in custodia Dottie, la sorella dodicenne, come caparra sessuale finché non riuscirà a pagare la cifra pattuita.

Chris acconsente, dando vita ad una spirale di sangue e violenza che non risparmierà nessuno. Con il passare dei giorni, osservando Joe insieme alla giovane sorella, il ragazzo si pente della sua decisione e chiede al killer di annullare tutto, ma ormai è troppo tardi. E non finisce qui. Chris partecipa a una seduta con l’avvocato per discutere dell’assicurazione, ma scopre che il beneficiario unico della polizza non è Dottie, ma il compagno della madre. E allora capisce di essere stato incastrato.

Il film è stato presentato in concorso alla 68ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia e mette in luce un mondo marcio, che parte proprio dal nucleo familiare. I toni scuri, i luoghi malsani, il linguaggio turpe, sono tutti strumenti volti ad raggiungere il risultato. Friedkin sottolinea che “c’è una linea sottile tra il bene e il male e vi è la possibilità che il male sia in ciascuno di noi”. Il regista, con questa sua ultima fatica, vuole esplorare questo gioco, soprattutto quando le inclinazioni più sinistre prendono il sopravvento.

Killer Joe raffigura la disfunzione della famiglia, che cede ai suoi istinti più bassi ed è costretta ad affrontare le verità nascoste dei suoi singoli componenti, magari messe da parte per anni e anni. Il regista, però, non regala una riflessione del tutto “senza cuore”, perché le aspirazioni più nobili possono essere nascoste nei momenti più crudi. Friedkin afferma a tal proposito: “Io stesso ho provato tutte le emozioni dei miei film. Sono stato attratto da questo progetto che tratta di innocenza, vittimismo, vendetta e tenerezza allo stesso tempo”.


Killer Joe
(Usa 2011)

Regia: William Friedkin
Sceneggiatura: Tracy Letts
Cast: Matthew McConaughey, Emile Hirsch, Juno Temple, Gina Gershon, Thomas Haden Church, Marc Macaulay, Scott A. Martin, Lori Eden
Produzione: Voltage Pictures, Worldview Entertainment
Distribuzione: Bolero Film

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Sara Michelucci

Fa male il nuovo film di Matteo Garrone, Reality. Perché ci mette di fronte a una realtà in cui prevale la finzione. Dove le cose concrete, i legami familiari, i figli, l’amore coniugale, possono essere presto messi in discussione per un successo becero, fatto non di saper fare, ma di solo apparire. E questo può diventare addirittura una sindrome.

Come accade a Luciano (l’ergastolano Aniello Arena, che offre un’interpretazione decisamente riuscita), pescivendolo che vive in un povero rione napoletano, che sogna di diventare famoso come Enzo, personaggio piuttosto volgare, appena uscito dalla Casa del Grande Fratello, ma che riscuote grande ammirazione tra la gente comune.

Luciano si arrangia facendo piccole truffe insieme alla moglie Maria, per sollevare un po’ le finanze della loro famiglia. Ma le sue due bambine, oltre che la numerosa famiglia, fatta di vecchie zie, grassi cugini e una madre che è perennemente ai fornelli, lo spingono a partecipare a un provino per entrare nella famosa “Casa”. Da quel momento la sua percezione della realtà cambierà totalmente.

Crederà di essere spiato dagli organizzatori del Grande Fratello, che secondo lui lo stanno studiando per vedere se è il concorrente giusto. Questo metterà profondamente in crisi la sua esistenza, il rapporto con la moglie e con i parenti. E alla fine, come in un sogno, gusterà per un istante il sapore di un finto successo.

Garrone ancora una volta si rivela un regista di grande sensibilità. Ancora una volta, dopo Gomorra, racconta uno spaccato di una regione, la Campania, che in realtà rappresenta l’Italia intera. I problemi, i disagi, le allucinazioni dei suoi personaggi sono quelli di una Nazione intera. Si è tutti tentanti da un’escalation sociale ed economica fatta senza sudore, proprio perché è quello che viene proposto dalla televisione e da una politica che ha ampie fette di corruzione e di nepotismo. E allora pure il poveraccio” vuole il suo posto in Paradiso, anche a costo di rinunciare a se stesso.

Garrone sceglie i colori sparati e i locali sfarzosi dei matrimoni del Sud, le carrozze dorate che girano per città spoglie e senza futuro, le case dai muri ammuffiti della gente che tira a campare e lo show business che risucchia le anime e distorce la realtà. E Luciano da questo incubo non ha nessuna intenzione di svegliarsi, ma è ben intenzionato a continuare. Perché è la prima volta che nella sua vita ha uno scopo, qualcosa che lo rende davvero felice.

E forse l'illusione è una fuga da una realtà che non si riesce più a mandare giù. Il film è stato premiato al Festival di Cannes 2012 con il Grand Prix, mettendo in campo un mix di generi che dalla commedia sfiora il neorealismo.

Reality (Italia 2012)
regia: Matteo Garrone
sceneggiatura: Maurizio Braucci, Ugo Chiti, Matteo Garrone, Massimo Gaudioso
attori: Aniello Arena, Loredana Simioli, Claudia Gerini, Ciro Petrone, Nunzia Schiano, Nando Paone, Graziella Marina, Paola Minaccioni, Rosaria D'Urso, Giuseppina Cervizzi, Vincenzo Riccio, Salvatore Misticone
fotografia: Marco Onorato
montaggio: Marco Spoletini
musiche: Alexandre Desplat
produzione: Fandango, Archimede, Rai Cinema
distribuzione: 01 Distribution

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Sara Michelucci

In bilico su una linea così sottile che cadere giù diventa non solo possibile, ma estremamente facile. Essere separati in Italia non è certamente facile. Se poi si è una coppia con figli, la cosa si fa ancora più difficile. E per gli uomini la situazione si complica, tra alimenti, rate del mutuo da pagare e una nuova casa da cercare. Gli equilibristi, nuovo lavoro di Ivano De Matteo, racconta la drammatica storia di Giulio (un sempre bravo Valerio Mastandrea) che a quarant’anni si trova fuori casa.

Giulio ha una vita tranquilla e normale. È il classico italiano medio, con moglie, una casa con mutuo, un posto fisso, un'automobile acquistata a rate, una figlia ribelle ma simpatica che gli vuole bene e un bimbo molto sensibile e sognatore. Giulio ama sua moglie (interpretata da Barbora Bobulova), ma commette un errore: la tradisce con una collega. Lei scopre tutto attraverso gli sms registrati sul cellulare e lo lascia.

La vita di Giulio cambia improvvisamente, prende una piega tale che gli sarà impossibile essere quello di prima. La decadenza è veloce, da una pensionaccia alla stazione Termini finisce ben presto a dormire in macchina e a mendicare un doppio lavoro ai mercati generali. Il film tocca da vicino, perchè racconta qualcosa di reale, perchè coinvolge l'uomo medio, quello che ha un lavoro sicuro (Giulio è impiegato al Comune di Roma), ma la cui esistenza può cambiare radicalmente se si sceglie la strada della separazione. "Meglio restare a casa e magari dormire sul divano", dice un amico a Giulio. Insomma la libertà di scelta non è contemplata in un paese dove una stanza a nero costa 650 euro e i controlli sono totalmente assenti.

Il tema dei padri in difficoltà dopo un divorzio o una separazione è stato affrontato da un recente film, Posti in piedi in Paradiso, di Carlo Verdone, che sceglie i toni della commedia per descrivere comunque la situazione di grave disagio in cui possono cadere alcuni uomini. "Il divorzio è per i ricchi, non per quelli come noi", dice a Giulio un impiegato che lavora nei servizi sociali e in quella Casa dei Papà mai costruita, poichè dal comune sono arrivati i fondi solo per trenta posti letto.

Sacrosante parole che portano alla denuncia sociale attraverso un film dai dialoghi e dalla trama scarna, ma che grazie alla bravura degli attori e alla scelta di alcune scene, riesce a darci uno spaccato della parabola dell'uomo normale. E l'espressione densa di disperazione del protagonista, alla fine del film, la dice lunga.

Gli equilibristi (Italia 2012)

regia: Ivano De Matteo
sceneggiatura: Ivano De Matteo, Valentina Ferlan
attori: Valerio Mastandrea, Barbora Bobulova, Maurizio Casagrande, Rolando Ravello, Rosabell Laurenti Sellers, Grazia Schiavo, Antonio Gerardi, Antonella Attili, Stefano Masciolini, Francesca Antonelli, Damir Todorovic, Daniele La Leggia, Pierluigi Misasi, Paola Tiziana Cruciani
fotografia: Vittorio Omodei Zorini
montaggio: Marco Spoletini
musiche: Francesco Cerasi
produzione: Rodeo Drive, Babe Films
distribuzione: Medusa Film

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Sara Michelucci

Il dramma di Eluana Englaro e di suo padre Beppino. La spaccatura tra chi vuole tutelare la libertà di scelta (anche di morire) e chi, invece, difende la vita a tutti i costi, anche tenendola attaccata a un respiratore artificiale. È quello che racconta il nuovo film di Marco Bellocchio, Bella addormentata, presentato anche all’ultimo festival di Venezia, ma rimasto a bocca asciutta di premi importanti.

Tante storie si intrecciano tra loro, mettendo in evidenza differenti punti di vista sulla vita e sulla morte, sulla malattia e sul fine vita. Etica e libertà di scelta, si alternano a una morale che ha tutto il dramma dell’integralismo religioso e dell’opportunismo politico. Toni Servillo interpreta Uliano, un senatore, padre di una figlia cattolica e che va a manifestare davanti alla clinica La Quiete dove si trova Eluana.

Uliano, che fa parte del Popolo della Libertà, deve scegliere se votare per una legge che va contro la sua coscienza o se, invece, non votarla e dimettersi, disubbidendo così alla volontà del partito. Maria (Alba Rohrwacher), attivista del movimento per la vita, incontra Roberto (Michele Riondino), che con il fratello è schierato nell’opposto fronte laico. Ma tra i due scocca una scintilla e si innamorano. Una storia che, però, non potrà avere un futuro, perché le spaccature di pensiero e di vita sono troppo ampie.

In una casa che sembra una chiesa, c’è un’altra storia. Quella di una grande attrice (Isabelle Huppert) che cerca nella fede e nel miracolo la guarigione della figlia Rosa, da anni in coma irreversibile, sacrificando il rapporto con il figlio e con l’arte. La ricerca della fede a tutti i costi, quell’aggrapparsi a qualcosa che non possiamo vedere né sentire, ma che sembra dare un conforto, anche illusorio, è un tema che striscia per tutto il film, che fa pensare a quello che la religione è e a quello che non è.

L’ultima protagonista di questo film, che possiamo anche definire corale, è una tossicodipendente. Si chiama Rossa e vuole morire. Tenta il suicidio in tutti i modi, ma in suo aiuto accorre un giovane medico di nome Pallido, che riuscirà a salvarla e a ridarle una nuova speranza.

Il tema dell’eutanasia è affrontato in maniera trasversale da Bellocchio, anche se con meno forza di quella che ci si aspettava. Il rigore registico, soprattutto in alcune scene, resta alto e piace, ma il film non riesce a essere di ampio respiro. 

Bella addormentata (Italia 2012)

regia: Marco Bellocchio
sceneggiatura: Marco Bellocchio, Veronica Raimo, Stefano Rulli
attori: Toni Servillo, Isabelle Huppert, Alba Rohrwacher, Michele Riondino, Pier Giorgio Bellocchio, Maya Sansa, Brenno Placido, Fabrizio Falco, Gian Marco Tognazzi, Roberto Herlitzka, Gigio Morra, Federica Fracassi
fotografia: Daniele Ciprì
montaggio: Francesca Calvelli
musiche: Carlo Crivelli
produzione: Cattleya; in collaborazione con Rai Cinema
distribuzione: 01 Distribution

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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