Ucraina, il circo dei perdenti

di Mario Lombardo

La conferenza di giovedì a Roma sulla ricostruzione dell’Ucraina è a tutti gli effetti l’ennesimo tentativo degli alleati del regime di Zelensky di auto-illudersi di potere influire in qualche modo sulle sorti della guerra in corso dal febbraio 2022. Viste le premesse, dichiarazioni e avvertimenti lanciati durante il vertice appartengono a una realtà parallela, plasmata dal terrore...
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Gaza, sterminio e resistenza

di Mario Lombardo

La resistenza palestinese a Gaza continua a portare a termine operazioni complesse e altamente efficaci contro le forze sioniste di occupazione nonostante una situazione a dir poco catastrofica e l’avanzamento a passo spedito dei piani di pulizia etnica di Trump e Netanyahu. La visita di lunedì a Washington del primo ministro/criminale di guerra israeliano ha assunto, visti gli scenari complessivi, connotati grotteschi, sia pure ribadendo il sostanziale allineamento di USA e Israele sulla questione del genocidio palestinese. I segnali che arrivano dalla diplomazia, intanto, restano contraddittori. Per Hamas non ci sono ancora sviluppi positivi, vista l’assenza quasi totale di elasticità dei negoziatori di Tel Aviv, mentre dalla Casa...
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di Luca Mazzucato

NEW YORK. Quando l'ultima trovata dei tecnici della British Petroleum per fermare la catastrofe petrolifera nel Golfo del Messico si chiama “il colpo della monnezza,” allora capisci che siamo proprio alla frutta. L'idea è molto semplice a dirsi. Si costruisce un lungo condotto ausiliario formato da tanti pezzi di tubo lunghi sei metri l'uno: quindi, una ad una, si riempiono tutte le sezioni di tubo con la monnezza; tubi di plastica, pezzi di rame, palline da golf (i tecnici accettano suggerimenti).

Poi si spediscono dei robot a più di millecinquecento metri di profondità e si mettono in fila le sezioni piene di monnezza, per formare un lungo tubo che viene innestato nel condotto principale del pozzo. All'estremità libera del tubo, si attacca una pompa di fango. A questo punto, viene accesa la pompa esterna, che spinge il fango ad altissima pressione dentro il tubo, sparando la monnezza ad alta pressione dentro il pozzo petrolifero, intasandolo. Se il primo colpo non funziona, si potrà staccare il tubo esterno, portarlo in superficie per ricaricarlo di spazzatura, e giù di nuovo in fondo al pozzo. Finché non si tappa il buco, oppure finché i tecnici non si stufano.

Questa procedura, detta “the junk shot,” è stata già usata in Kuwait durante la prima guerra del Golfo, per bloccare i pozzi incendiati da Saddam nella sua ritirata. Solo che questa volta dovrà essere ripetuta a profondità abissali, manovrando dei sommergibili robot telecomandati dal quartier generale della NASA a Houston, Texas.

Tutte le altre soluzioni finora escogitate dai tecnici petroliferi sono fallite miseramente. Prima la grande cupola, che doveva incanalare il petrolio dalla falla. Poi la piccola cupola, in termini tecnici il cosiddetto “cappellino,” anch'esso fallito. In seguito, la British Petroleum è riuscita ad inserire un tubo nel pozzo principale, per drenare una piccola quantità del petrolio e farlo affluire ad una nave d'appoggio in superficie. Più per recuperare un po' di proventi che per ridurre in modo significativo la falla.

Dopo questo “ridicolo spettacolo” - parola di Obama - offerto al mondo dalla BP e dalle sue sorelle petrolifere nel tentativo di scaricare il barile delle responsabilità, è chiaro a tutti che nessuno si era nemmeno lontanamente posto il problema di cosa fare, nel caso una piattaforma si fosse inabissata. Alla faccia della sostenibilità ambientale. L'ottimo lavoro di squadra che da una parte le multinazionali e dall'altra i controllori delle agenzie statali hanno eseguito è ora sotto gli occhi di tutti, ma soprattutto sotto inchiesta al Congresso.

La commissione d'inchiesta è partita in quarta e si può prevedere che molte teste cadranno, anche se il grosso punto interrogativo riguarda i risarcimenti miliardari che le compagnie petrolifere dovranno pagare. BP in testa, ma anche la Halliburton di Dick Cheney, che operava sulla piattaforma e altre compagnie coinvolte.

Che la situazione sia di una gravità senza precedenti è chiaro a tutti, soprattutto dopo aver assistito all'attacco frontale del Presidente Obama alle compagnie coinvolte nel disastro. Una marcia indietro clamorosa, a poche settimane dal via libera della stessa Amministrazione al trivellamento vicino alle coste degli Stati Uniti, cavallo di battaglia della campagna presidenziale McCain-Palin nel 2008 e progetto resuscitato a sorpresa da Obama. Senza dubbio la scelta più clamorosamente toppata dal Presidente finora, che è stato svelto a fare una parziale retromarcia.

Mentre si prevede almeno un mese per trivellare un altro pozzo di fianco a quello esploso e chiudere definitivamente la perdita, circa 9 milioni di litri di petrolio si stanno disperdendo in mare ogni giorno. Una vera e propria apocalisse, che stravolgerà per sempre il Golfo del Messico, in maniera molto più grave del famigerato incidente della Exxon Valdez in Alaska.

Una piccola parentesi di folklore: il termine “junk shot” significa letteralmente “foto del pacco”, nel senso dello spassoso film inglese Full Monty, che narra la storia di spogliarellisti squattrinati.

Rimane un mistero il perché i tecnici della BP abbiano scelto proprio questo soprannome per il loro asso nella manica.

 

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a cura di:
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