Il nuovo assalto del Congresso americano alla popolare app cinese TikTok si è materializzato questa settimana con una proposta di legge che mette assieme contemporaneamente gli impulsi più retrogradi e autoritari della classe dirigente degli Stati Uniti: dall’anticomunismo alla guerra “ibrida” contro la Cina, dall’abrogazione di fatto dei più basilari diritti democratici alla censura e al controllo degli spazi di discussione e scambio di idee in rete. Il provvedimento, non ancora definitivo, non ha insomma nulla a che fare con gli scrupoli legati alla sicurezza nazionale dichiarati dai suoi promotori, mentre è da collegare in parte anche all’offensiva condotta da Washington contro Pechino per la supremazia nell’ambito dell’innovazione tecnologica.

Dopo l’approvazione unanime di settimana scorsa in una commissione della Camera dei Rappresentanti, mercoledì il “Protecting Americans from Foreign Adversary Controlled Applications Act” è stato licenziato dall’aula con 352 voti favorevoli e 65 contrari (15 democratici e 50 repubblicani). Secondo il testo, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, TikTok dovrà sganciarsi dalla società che ne detiene la proprietà, la cinese ByteDance. In caso contrario verrà rimossa dagli “store” delle app per smartphone, ovvero dovrà pagare una sanzione fino a 500 dollari per ogni utente americano, pari, ad oggi, a un totale di circa 85 miliardi di dollari.

La motivazione ufficiale alla base della legge è che TikTok rappresenta una minaccia alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti, poiché l’applicazione è detenuta da una società cinese che, in quanto tale, consentirebbe al governo di Pechino di accedere alle informazioni personali degli americani che ne fanno uso. In perfetto stile mafioso, uno dei due sponsor della legislazione, il deputato repubblicano Mike Gallagher, dopo il voto alla Camera ha affermato che “TikTok non può continuare a operare negli USA con l’attuale struttura proprietaria”.

Com’è fin troppo ovvio, non sono finora emerse prove del fatto che la Cina utilizzi TikTok per spiare gli americani. Il complottismo della politica USA deriva da una vera e propria paranoia nei confronti della Repubblica Popolare che, in qualche modo, ha a che fare col successo di questa app nonostante non sia stata ideata e sviluppata dalle società della Silicon Valley. L’ossessione non è peraltro un fenomeno recente. Già nel 2020, l’allora presidente Trump ne aveva ordinato il bando, ma la decisione era stata annullata al termine di una successiva azione legale. A livello locale, le autorità dello stato del Montana avevano a loro volta provato a vietare l’app, ma anche in questo caso un giudice aveva bocciato il provvedimento.

TikTok è la app che ha fatto registrare la crescita più rapida in assoluto nella storia degli smartphone. Dopo essere stata creata nel 2016 da ByteDance, ha raggiunto i 100 milioni di utenti entro il primo anno di vita. Dopo nemmeno sette anni, nel 2023 ha sfiorato i due miliardi. Per avere lo stesso numero di utenti, Facebook ha ad esempio impiegato circa 13 anni. I download complessivi dalla sua fondazione sono stati invece oltre 4 miliardi.

I dati di TikTok sono impressionanti anche per quanto riguarda i soli Stati Uniti. Nel 2023 gli utenti americani sono arrivati a 170 milioni, di cui poco meno della metà è compreso nella fascia di età tra i 18 e i 34 anni. Gli utenti sotto i 18 anni utilizzano TikTok in media quasi 56 minuti al giorno, cioè un tempo superiore a qualsiasi altra app di social media. Come ha spiegato l’amministratore delegato di TikTok, Shou Zi Chew, in un video pubblicato in risposta all’approvazione della legge alla Camera dei Rappresentanti, l’applicazione è utilizzata anche da 7 milioni di piccole imprese e la loro possibile chiusura comporterebbe la perdita di circa 300 mila posti di lavoro negli USA.

Le implicazioni della legge sono molteplici e tutte preoccupanti. La misura non è infatti limitata a TikTok, ma consente la chiusura, secondo le stesse modalità, di qualsiasi app di social media con più di un milione di utenti che venga ritenuta una minaccia alla sicurezza nazionale, tramite il ricorso alla vaghissima formula di “applicazione controllata da un avversario straniero”. Anche un deputato americano, il repubblicano Thomas Massie, ha avvertito dei rischi per la libertà di espressione, definendo la legge un “cavallo di Troia”, visto che l’autorità derivante da quest’ultima potrebbe essere utilizzata per vietare o chiudere anche siti web.

La campagna al limite dell’isteria contro TikTok è diretta in realtà contro il governo della Cina e contribuisce ad alimentare il clima di allarme per le attività di spionaggio attribuite alla Repubblica Popolare. Questa strategia rientra nei preparativi in corso per una futura guerra contro la Cina. Non essendoci alcun consenso popolare per una soluzione estrema al “problema” cinese, è necessario orchestrare una campagna volta a criminalizzare le attività di questo paese, così da rendere la norma il clima di muro contro muro e le tensioni che caratterizzano le relazioni bilaterali.

Come tutte le prese di posizione della classe politica americana che fanno appello alla difesa di principi democratici, anche quella relativa a TikTok e alla Cina serve a sviare l’attenzione dalle responsabilità e dal comportamento del governo USA. Le attività di spionaggio, sorveglianza, intercettazione e raccolta di dati personali vengono svolte su scala industriale principalmente dagli Stati Uniti e di ciò, al contrario della Cina per mezzo di TikTok, vi sono ampie prove da tempo di dominio pubblico. È evidente, di conseguenza, che l’eventuale vendita forzata dell’app da parte di ByteDance, verosimilmente a una o più società americane, aumenterebbe le probabilità di violazioni della privacy degli utenti. D’altra parte, la cessione di dati e informazioni di questi ultimi alle autorità di Washington da parte di social media americani è molto ben documentata.

L’urgenza con cui gli Stati Uniti stanno rilanciando l’attacco contro TikTok va ricondotto in parte anche alle crisi internazionali di questi mesi, che stanno segnando il progressivo fallimento delle strategie di propaganda di Washington. Tramite l’app cinese e altri media che sfuggono almeno parzialmente al controllo governativo o all’autocensura dei media ufficiali, milioni di utenti, in particolari i giovani e giovanissimi americani, stanno assistendo quotidianamente e senza filtri a quanto accade nella striscia di Gaza, cioè al genocidio in diretta condotto da Israele.

Un recente articolo del New York Times ha confermato questa ipotesi quando ha ricordato che il bando di TikTok era un’idea ancora vaga fino a qualche mese fa, ma ha preso vigore di recente tra i membri del Congresso di entrambi i partiti, allarmati dal pericolo “disinformazione” legato ai contenuti dell’app in merito alla “guerra tra Israele e Hamas”. Lo scorso novembre aveva inoltre seminato il panico tra la classe politica USA la circolazione virale sempre su TikTok della cosiddetta “Lettera all’America” di Osama bin Laden. Nel documento già pubblicato in passato, il defunto leader di al-Qaeda spiegava le ragioni che avevano portato all’organizzazione degli attentati dell’11 settembre 2001 con le politiche criminali degli Stati Uniti nei confronti dei paesi e dei popoli musulmani.

Il “Protecting Americans from Foreign Adversary Controlled Applications Act”, dopo il voto della Camera, si sposterà al Senato di Washington per essere approvato in via definitiva. L’appoggio è anche qui piuttosto ampio, ma svariati senatori sembrano avere qualche perplessità e, quanto meno, il testo potrebbe subire modifiche e tornare alla Camera bassa per un ulteriore voto. In molti ritengono ad esempio che la legge sarebbe esposta nuovamente al rischio di annullamento da parte della giustizia. Il leader di maggioranza al Senato, il democratico Chuck Schumer, non ha ancora fissato una data per la discussione del provvedimento in aula, mentre nei prossimi giorni ha in programma consultazioni sull’iter della legge con i vari presidenti delle commissioni della camera alta del Congresso.

Il presidente Biden ha da parte sua espresso la disponibilità a ratificare la legge nel momento in cui arriverà sul suo tavolo. Ci sono tuttavia preoccupazioni per i possibili contraccolpi di un provvedimento che minaccia di mettere fuori legge uno strumento popolarissimo tra i giovani americani a pochi mesi dalle presidenziali. Sul fronte opposto, forse proprio per quest’ultima ragione, Donald Trump ha preso una posizione pubblica contraria alla legge, nonostante, come già ricordato, quattro anni fa avesse egli stesso cercato di escludere TikTok dal mercato americano.

Oltre a questioni di opportunità elettorale, l’ex presidente avrebbe cambiato idea sull’app cinese in seguito a una campagna di “lobbying” collegata a un superfinanziatore del Partito Repubblicano vicino al suo clan. Uno dei finanziatori della campagna elettorale di Trump, il miliardario Jeff Yass, possiede infatti il 15% di ByteDance, ovvero una quota pari a circa 40 miliardi dollari, e ha elargito importanti donazioni anche all’organizzazione conservatrice Club for Growth, che ha a libro paga l’ex consigliera di Trump, Kellyanne Conway, impegnata a difendere le ragioni di TikTok al Congresso di Washington.

Esordio alla regia per Micaela Ramazzotti, con il film Felicità, di cui è anche la protagonista, che sarà presentato in concorso nella sezione Orizzonti Extra alla 80ª Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia.

La storia è quella di una famiglia storta, di genitori egoisti e manipolatori, un mostro a due teste che divora ogni speranza di libertà dei propri figli. Desirè è la sola che può salvare suo fratello Claudio e continuerà a lottare contro tutto e tutti in nome dell’unico amore che conosce, per inseguire un po’ di felicità.

Una sorella che tenta in tutti i modi di far uscire dalla depressione il fratello, vittima dei suoi stessi genitori, troppo debole per riuscire a salvarsi da solo. Un film sulla famiglia e sulla costante lotta per riuscire a distruggere legami sbagliati e che fanno stare male.

Con Max Tortora, Anna Galiena, Matteo Olivetti, Micaela Ramazzotti e con la partecipazione di Sergio Rubini, il film  è prodotto da Lotus Production con Rai Cinema e sarà distribuito da 01 Distribution.

"Sono onorata e orgogliosa che proprio la Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia sia la prima a voler bene a Felicità - dichiara la regista - . Cosa di cui tutti noi abbiamo bisogno".

Il film arriverà nella sale italiane il 21 settembre.

Felicità (Italia, 2023)

Regia: Micaela Ramazzotti

Attori: Micaela Ramazzotti, Max Tortora, Anna Galiena, Matteo Olivetti, Sergio Rubini

Distribuzione: 01 Distribution

Sceneggiatura: Micaela Ramazzotti, Isabella Cecchi, Alessandra Guidi

Fotografia: Luca Bigazzi

Montaggio: Jacopo Quadri

Produzione: Lotus Production con Rai Cinema

Presentato in anteprima mondiale al Sundance Festival 2023 e vincitore del Gran Premio della Giuria per miglior film drammatico, A Thousand and one, primo film dietro la macchina da presa, della sceneggiatrice A.V. Rockwell,  narra la storia di Inez (Teyana Taylor), una donna determinata e impetuosa, la quale rapisce il figlio Terry, di sei anni, dal sistema di affidamento nazionale. Aggrappandosi uno all’altro, madre e figlio cercano di ritrovare il senso di casa, di identità e di stabilità in una New York in rapido cambiamento.

Siamo di fronte ad un dramma familiare contemporaneo, che racconta le difficoltà di una donna sola e certamente non benestante, in una città difficile come NY. Terry sogna di poter stare con sua madre e lega subito con Lucky (Aaron Kingsley Adetola), il compagno di Inez. Quando diventa adolescente, Terry (Aven Courtney) si rivela essere un ragazzo intelligente e studioso e così sua madre sogna per lui un futuro migliore del suo, lontano dalla strada, ma ciò che ha segnato all’origine la loro difficile storia familiare sta per tornare a galla.

Un film sicuramente interessante sia dal lato della sceneggiatura, che della regia, che ha nel realismo di cui è intriso quella giusta carica che serve a sondare e comprendere la vita dei suoi protagonisti.

A Thousand and one (Usa 2023)

Regia: A.V. Rockwell

Cast: Teyana Taylor, William Catlett, Josiah Cross, Aven Courtney, Aaron Kingsley Adetola, Terri Abney, Delissa Reynolds, Amelia Workman, Adriane Lenox

Sceneggiatura: A.V. Rockwell

Fotografia: Eric Yue

Montaggio: Sabine Hoffman, Kristan Sprague

Distribuzione: Lucky Red e Universal Pictures International Italy

Firmato da Giuseppe Piccioni, L'ombra del giorno racconta una storia d'amore in un periodo storico difficile. Siamo nel 1938. È un giorno qualunque, in una città di provincia come tante altre in Italia (Ascoli Piceno). I tavoli sono apparecchiati e Luciano ha appena aperto il suo ristorante. Dalla vetrina vede un corteo ordinato di bimbi di una scuola elementare, accompagnati da una maestra. Camminano disciplinati sul marciapiede al sole, in fila per due, con i loro grembiuli infiocchettati e i capelli pettinati con cura. Luciano è tentato di credere a quell’immagine di serenità, di fiducia nel futuro. Ha un’andatura claudicante a causa di una ferita della prima guerra mondiale, un ricordo permanente della ferocia di quel conflitto.

Dietro le ampie vetrine che danno sull’antica piazza scorre la vita di quella piccola città in quegli anni. Sono gli anni del consenso, delle operepubbliche, e delle nuove città. Luciano è un fascista, come la maggior parte degli italiani in quel periodo, ma lo è a modo suo; ha preferito rimanere in disparte e si è tenuto lontano dall’idea di trarre vantaggio dalle sue decorazioni di guerra e dalla militanza ottusa e obbediente nelle gerarchie del partito.

Però si sente partecipe di quel generale entusiasmo, nonostante per indole tenda a occuparsi solo dei fatti propri, perché “il lavoro è lavoro”: quello che gli sta a cuore è il suo ristorante e i compiti quotidiani a cui lui si dedica con scrupolo taciturno. Finché fuori dalla vetrina, appare una ragazza. Mi chiamo Anna Costanzi, gli dice, e timidamente chiede se cercano personale. Di lì a poco l’avvento di quella ragazza e le prime evidenti crepe che si evidenziano in quel mondo che guarda dalla vetrina cambieranno la vita di Luciano.

Com’è strana la vita, pensa Luciano. Un tempo, del suo lavoro, gli piaceva proprio essereaffacciato sulla strada, guardare la gente che passeggiava, che correva in fretta al lavoro, gli dava l’illusione di essere insieme a quelle persone, al loro stesso livello. Adesso invece tutto si confonde e ogni giorno si rinnova la sorpresa. E ha il volto di Anna. Ora, in entrambi, si è fatto strada un sentimento, qualcosa a cui Luciano aveva rinunciato da tempo. Ma quella giovane donna ha un segreto. Ad interpretare i protagonisti ci sono due bravi attori come Riccardo Scamarcio e Benedetta Porcaroli, che vestono alla perfezione i panni di questi due innamorati.

 

L'ombra del giorno (Italia 2022)

Regia: Giuseppe Piccioni

Soggetto e sceneggiatura: Giuseppe Piccioni, Gualtiero Rosella, Annick Emdin

Cast: Riccardo Scamarcio, Benedetta Porcaroli, Waël Sersoub

Distributore: 01 Distribution

La riconferma della saldissima alleanza con gli Stati Uniti e i benefici teorici derivanti dall’organizzazione delle prossime Olimpiadi estive a Tokyo non sono bastati al primo ministro giapponese, Yoshihide Suga, a evitare nel fine settimana una vera e propria umiliazione elettorale. Nelle tre elezioni speciali tenute per altrettanti seggi vacanti in parlamento (“Dieta”), il Partito Liberal Democratico (LDP) di governo non ha infatti raccolto nulla, pagando caramente gli scandali giudiziari che hanno coinvolto svariati suoi membri e la gestione insoddisfacente della pandemia in atto. Per il premier conservatore si prospettano ora mesi complicati, con la sua leadership in serio dubbio alla vigilia sia delle elezioni generali sia della scadenza del mandato alla guida del più importante partito nipponico.

Il recente appuntamento con le urne era particolarmente atteso perché era il primo dall’insediamento di Suga, succeduto lo scorso settembre al più longevo primo ministro della storia del Giappone, Shinzo Abe, ufficialmente costretto a lasciare per ragioni di salute. Sull’adeguatezza di Suga a ricoprire l’incarico di capo del governo c’erano state subito accese discussioni. L’ex consigliere di Abe è la quintessenza dell’insider, privo di talento per la comunicazione e per la gestione della propria immagine. Le sue origini relativamente umili, in un paese dove i membri che contano della classe politica appartengono a dinastie politiche illustri, non hanno inoltre aiutato il consolidamento della sua posizione. La competizione interna al LDP per rimpiazzare Suga, già esplosa mesi fa all’indomani della notizia del ritiro di Abe, tornerà così a infuriare dopo la pessima prestazione elettorale del partito al potere.

La sconfitta più pesante è stata senza dubbio quella per un seggio della camera alta del parlamento in rappresentanza della città di Hiroshima. Quest’ultima è considerata una roccaforte dei conservatori e nelle elezioni del 2017 il LDP si era aggiudicato sei seggi su sette. Qui, il voto si era reso necessario in seguito alla condanna per compravendita di voti della senatrice Anri Kawai, moglie dell’ex ministro della Giustizia del LDP, Katsuyuki Kawai. Il candidato governativo, un ex funzionario del ministero del Commercio, ha lasciato strada all’ex presentatore Haruko Miyaguchi, appoggiato dal principale partito di opposizione, il Partito Costituzionale Democratico di centro-sinistra, e da altre formazioni minori.

Gli altri due seggi in palio erano rispettivamente a Nagano e a Hokkaido, il primo sempre per la camera alta (“Camera dei Consiglieri”) e il secondo per la camera bassa (“Camera dei Rappresentanti”). In entrambi a prevalere sono stati i candidati del Partito Costituzionale Democratico. Mentre a Nagano il seggio vacante era appartenuto a un “consigliere” morto per COVID lo scorso dicembre, a Hokkaido si doveva scegliere il successore di un altro parlamentare del LDP finito nei guai con la legge, l’ex ministro dell’Agricoltura Takamori Yoshikawa, dimessosi dopo essere stato accusato di avere ricevuto tangenti da un imprenditore agricolo. A Hokkaido, il LDP non aveva nemmeno presentato un proprio candidato per l’elezione speciale.

Per il premier Suga forse l’unica notizia positiva arrivata dal voto nel fine settimana è che la sconfitta di Hiroshima rappresenta uno schiaffo anche per uno dei suoi più agguerriti rivali interni al partito, l’ex ministro degli Esteri Fumio Kishida. Uno dei più influenti leader del LDP, Kishida è il numero uno dei liberaldemocratici a Hiroshima e la batosta incassata domenica nel suo feudo potrebbe quanto meno rallentare la sua corsa alla successione all’attuale primo ministro.

I problemi del LDP e la tripla affermazione dei democratici indicano evidentemente una tendenza sfavorevole al partito che ha quasi monopolizzato la politica giapponese dal dopoguerra a oggi. Sono in pochi tuttavia a credere in una sconfitta dei conservatori nelle elezioni generali, che dovrebbero tenersi non oltre il 21 ottobre prossimo. L’opposizione di centro-sinistra in Giappone continua a essere divisa e screditata, non essendosi più ripresa dalla catastrofica esperienza al governo tra il 2009 e il 2012.

Lo stato di salute dei liberaldemocratici sarà messo alla prova nuovamente il prossimo 4 luglio dall’importante voto per il rinnovo dell’assemblea metropolitana della capitale. In ogni caso, come già spiegato, in dubbio non c’è la continuità al governo del LDP, quanto la leadership di Yoshihide Suga e le possibile scosse che una guerra interna al partito potrebbe produrre per la terza economia del pianeta. Soprattutto in un contesto fatto di gravi tensioni sul fronte domestico, per via degli effetti della pandemia, e con l’intensificarsi del conflitto tra Stati Uniti e Cina, che si svolge in larga misura in Estremo Oriente.

Un articolo del sito web della Nikkei Asian Review ha spiegato lunedì come la sconfitta del LDP nelle tre elezioni suppletive del fine settimana non prometta nulla di buono per l’amministrazione Biden, “fattasi in quattro per sostenere politicamente il premier giapponese sul fronte interno”. Suga era stato un paio di settimane fa il primo leader straniero a essere ricevuto alla Casa Bianca da Joe Biden, in un segnale del carattere cruciale dell’alleanza con Tokyo per gli Stati Uniti. Un portavoce del presidente aveva in quell’occasione insistito sull’importanza del fattore “continuità” nelle relazioni bilaterali, in modo da garantire, dopo quasi un decennio di governi guidati da Shinzo Abe, un ambiente politico stabile e senza conflitti.

È evidente che una classe politica intenta a competere per la leadership del partito di governo non può che compromettere quell’allineamento ai propri interessi strategici che Washington chiede agli alleati per contrastare l’avanzata della Cina. Mentre gli Stati Uniti stanno intensificando le pressioni su Pechino, insomma, l’ultima cosa che l’amministrazione Biden auspica per il Giappone è una competizione interna al LDP che si protragga virtualmente fino al prossimo autunno.

A parte il caso di Shinzo Abe e pochi altri, la storia del Giappone è ricca di esempi di capi di governo durati pochi mesi. Suga è ai minimi in termini di gradimento da quando ha assunto la carica di primo ministro e sta pagando in particolare la nuova impennata di contagi nel paese, nonché e forse ancora di più il faticosissimo lancio della campagna vaccinale. Proprio nei giorni scorsi, il governo ha dovuto imporre nuove misure restrittive in alcune prefetture che, complessivamente, ospitano circa un quarto della popolazione giapponese. Per quanto riguarda i vaccini, invece, il Giappone ha finora somministrato dosi ad appena l’1% della popolazione.

La decisione di adottare lo stato di emergenza in alcune parti del paese a causa del Coronavirus rappresenta un motivo di imbarazzo per Suga, il quale aveva promesso ai giapponesi che non avrebbero più dovuto sopportare altre restrizioni. Ancora peggio per le sue prospettive politiche, il premier è oggetto di critiche da parte del mondo del business, nuovamente penalizzato dalle chiusure entrate in vigore nel fine settimana. Anche l’organizzazione delle Olimpiadi, rinviate lo scorso anno sempre a causa della pandemia, rischia di trasformarsi in un flop, visto che le speranze di ricavare dai giochi un impulso all’economia sembrano ormai svanite. Infatti, le competizioni si terranno senza pubblico proveniente dall’estero, togliendo così una fonte cruciale di entrate al settore turistico e non solo.

La palla resta ad ogni modo in mano a Suga che avrà facoltà di sciogliere anticipatamente il parlamento se lo riterrà necessario per rinsaldare la sua posizione. Nelle sue intenzioni vi era probabilmente un voto in tempi brevi, ma le tre sconfitte del fine settimana suggeriranno quasi di certo un rinvio nel tentativo di stabilizzare la situazione interna e veder risalire i propri consensi nel paese.

A complicare le cose c’è anche la scadenza a settembre del mandato di Suga alla guida del LDP. La pessima figura rimediata domenica potrebbe fare aumentare i malumori di molti nel partito, preoccupati alla prospettiva di andare a elezioni con un leader che potrebbe portare a una riduzione della maggioranza parlamentare dei liberaldemocratici. Le azioni dei rivali di Suga sembrano perciò in rapida ascesa, soprattutto di quelli che vantano un’immagine più dinamica e un maggiore appeal tra gli elettori, come i due recenti ex ministri degli Esteri, il già ricordato Kishida e Taro Kono, o Shinjiro Koizumi, ministro dell’Ambiente in carica e figlio dello storico leader liberaldemocratico ed ex primo ministro Junichiro Koizumi.


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