- Dettagli
- Scritto da Atilio Boron
Questa domenica il mondo ha assistito a un miracolo senza precedenti nella storia politica mondiale. Il secondo turno delle elezioni presidenziali, che vedeva contrapposti il “candidato-presidente” - così chiamato perché Daniel Noboa, milionario e prepotente, ha violato la norma che impedisce a un presidente ecuadoriano di restare in carica se si candida per la rielezione - e Luisa González, ha prodotto un risultato sorprendente: la candidata della Revolución Ciudadana ha ottenuto il 44,35% dei voti, una cifra quasi identica a quella ottenuta nel primo turno: 44,0%. Noboa, dal canto suo, ha raccolto il 55,65% dei voti, mentre al primo turno si era fermato al 44,17%, ed è stato rieletto presidente.
Il tasso di partecipazione è stato in linea con la media del Paese: 83,70% del corpo elettorale. Contrariamente a quanto accade solitamente a livello internazionale nei ballottaggi, González ha incrementato di appena lo 0,35% i propri voti, mentre il suo rivale è cresciuto di oltre undici punti percentuali. Come si spiega una discrepanza del genere?
Diciamo innanzitutto che il Consiglio Nazionale Elettorale, controllato a piacimento dal presidente, ha cambiato i luoghi di voto pochi giorni prima del processo elettorale. Inoltre, il governo ha dichiarato lo stato di emergenza limitando fortemente la libertà di movimento e di riunione, e negli ultimi dieci giorni di campagna Noboa ha distribuito bonus a piene mani: per i giovani, per gli imprenditori, per le vittime di disastri, per i poliziotti, eccetera, per un totale pari allo 0,5% del PIL dell’Ecuador.
Inoltre, per tutta la durata della campagna si è registrata un’inedita presenza delle forze armate, è stato cambiato il comando incaricato di proteggere González, mentre nel Paese arrivava Erik Prince, fondatore e leader del sinistro gruppo paramilitare Blackwater, invitato a “collaborare” nella lotta al narcotraffico e per eliminare la violenza nel Paese. In altre parole, domenica scorsa in Ecuador sono venute a mancare le condizioni minime di prevedibilità, libertà e tranquillità sociale.
Andrés Arauz, Segretario Generale della Revolución Ciudadana, così come Luisa González, ha denunciato la “semina di verbali” in diversi luoghi del Paese e, come prova, ha pubblicato sui social sei verbali elettorali privi della firma congiunta del presidente e del segretario dei seggi elettorali. Tutti favorivano Noboa.
Ma ciò che sorprende e solleva numerosi interrogativi è il fatto che Luisa González abbia ottenuto un numero di voti praticamente identico, salvo un paio di decimali, a quello raggiunto nel primo turno. È ragionevole che ciò accada in un ballottaggio? La risposta è un netto no. Se analizziamo l’esperienza dell’America Latina in materia, vediamo come invariabilmente, in ogni ballottaggio, entrambi i contendenti aumentano il proprio bacino elettorale.
In Argentina, al secondo turno delle presidenziali del 2023, Javier Milei, che al primo aveva ottenuto il 29,9% dei voti, è salito al 55,6%, mentre Sergio Massa è passato dal 36,6% al 44,3%. In Cile, nel 2021, Gabriel Boric, che al primo turno era stato sconfitto da José A. Kast (27,9% contro 25,8%), riesce a ribaltare il risultato e vince il ballottaggio con il 55,9% contro il 44,1% di Kast. Come nel caso argentino, entrambi i candidati hanno aumentato il proprio peso elettorale.
Lo stesso è avvenuto nelle presidenziali colombiane del 2022: Gustavo Petro ha vinto il primo turno con il 40,3% dei voti, mentre l’ultradestra Rodolfo Hernández si è fermato al 28,1%. Ma nel ballottaggio Petro sale al 50,4% e il suo rivale cresce di quasi venti punti, arrivando al 47,3%. In Uruguay, nel 2024, il candidato del Frente Amplio, Yamandú Orsi, vince il primo turno con il 43,8%, contro il 26,8% di Álvaro Delgado, del Partido Nacional, ma nel ballottaggio quest’ultimo guadagna venti punti e arriva al 48%, insufficienti però per battere Orsi, che raggiunge il 52%.
Restando in Ecuador, nelle elezioni dell’agosto 2023, Luisa González ottiene la prima maggioranza relativa con il 33,6% contro il 23,4% di Daniel Noboa. Nel ballottaggio, Noboa aggiunge quasi trenta punti e finisce per vincere con il 51,8%, superando González che cresce, ma non abbastanza per vincere, e si ferma al 48,1%. Ripeto: nei ballottaggi entrambi i finalisti aumentano il proprio consenso elettorale.
Tuttavia, ci troviamo ora di fronte a un’anomalia più che sospetta, perché la candidata di Revolución Ciudadana, che aveva ottenuto il 44,0% dei voti al primo turno (contro il 44,1% di Noboa), nel ballottaggio ripete quasi millimetricamente il risultato, ottenendo il 44,3%, mentre l’illegittimo “candidato-presidente” cresce fino a raggiungere il 55,6%. Dal punto di vista statistico, la probabilità che un candidato ottenga un risultato quasi identico, con una differenza di appena due o tre decimi, in due elezioni separate, è prossima allo zero. Non dico che sia impossibile, ma è altamente improbabile, considerando che dopo la chiusura del primo turno era stata siglata un’alleanza con il movimento indigeno Pachakutik, che aveva ottenuto poco più del 5% dei voti, e che undici sondaggi di diverse società di rilevazione davano tutti González vincitrice con un margine tra il 3 e il 4%.
È necessario procedere con un riconteggio voto per voto, perché quel fatidico 44% potrebbe essere più il risultato di un’equazione matematica che l’espressione autentica della cittadinanza ecuadoriana.
Perché, riflettiamoci bene: qual è la probabilità che milioni di persone, agendo in totale indipendenza le une dalle altre e in un contesto molto diverso da quello precedente - minacce di morte a Luisa González, nuove alleanze, voti degli indecisi, eccetera - ripetano quasi esattamente una stessa percentuale, con un margine di differenza di un paio di decimali? Senza essere un matematico, ma avendo seguito diversi corsi di statistica, mi sento di dire che quel numero sembra più frutto di un algoritmo matematico inserito nel sistema di conteggio dei voti che di un autentico conteggio della volontà popolare.
I sondaggi non sono infallibili, ma nemmeno tendono a sbagliare con margini così ampi come quelli che emergono da questo risultato elettorale così anomalo. È necessario un riconteggio, voto per voto. In caso contrario, il sospetto che Noboa abbia rubato le elezioni graverà sulla sua presidenza fino all’ultimo giorno del suo mandato.
Fonte: Pagina 12
- Dettagli
- Scritto da Redazione
Dalle armi al commercio, passando per logistica e spionaggio, le monarchie del Golfo Persico stanno silenziosamente finanziando la guerra dello stato ebraico contro Gaza.
Il silenzio - e in molti casi la complicità - degli stati del Golfo Persico durante la guerra in corso di Israele contro Gaza non rappresenta una sorpresa. Questi governi, da tempo allontanatisi dalla causa palestinese, hanno coltivato per anni rapporti cordiali, anche se discreti, con Tel Aviv.
- Dettagli
- Scritto da Redazione
Circa 40 persone formano un cerchio sull'erba polverosa di fine estate. Dopo giorni di incertezza e paura, tagliate fuori dalla maggior parte dei mezzi di comunicazione, famiglie delle comunità Mapuche nella provincia argentina di Chubut si riuniscono per parlare di ciò che è accaduto l'11 febbraio.
Quel martedì, alle 7 del mattino, centinaia di agenti della polizia provinciale e federale argentina hanno fatto irruzione nelle loro case, distruggendo finestre e beni personali. Le forze speciali, armate di fucili d'assalto, hanno tenuto uomini, donne e bambini sotto la minaccia delle armi per oltre dieci ore.
Durante la giornata di terrore contro le famiglie Mapuche, la polizia ha sequestrato cellulari e computer, lasciando le comunità—sparse per miglia ai piedi delle Ande—isolate tra loro. Hanno confiscato libri e attrezzi agricoli, costretto indigeni, donne e bambini a fornire campioni di DNA, quasi denudato giovani donne e fotografato tatuaggi e altri segni corporei, maltrattato anziani e separato bambini piccoli dai genitori, obbligando i più piccoli ad assistere alla violenza contro le loro madri. Nelle dodici incursioni simultanee, la polizia ha anche fatto irruzione nella radio comunitaria Mapuche di El Maitén, Radio Petu Mogelein, distruggendo apparecchiature di comunicazione vitali.
Queste comunità, spesso composte da poche famiglie indigene sopravvissute alle sanguinose campagne di genocidio e dislocamento durante la storia coloniale dell'Argentina, sono ora nel mirino di una nuova offensiva sotto le politiche "anarcocapitaliste" di Javier Milei. La repressione mira a privarli del poco che resta del loro territorio ancestrale per consegnarlo nelle mani di alcune delle più grandi multinazionali e miliardari del mondo.
Trawun, testimonianze
Fuori da una delle case perquisite, i membri della comunità Mapuche hanno descritto la violenza subita. Alcuni giornalisti internazionali e rappresentanti di organizzazioni per i diritti umani regionali hanno osservato il trawun—un'assemblea comunitaria per condividere informazioni, ricostruire i legami e pianificare strategie. Abbiamo faticato a cogliere le parole delle loro testimonianze, mentre il vento sferzava tra i pioppi.
Un anziano di 84 anni ha tirato su la manica per mostrare i lividi lasciati dagli agenti che lo hanno gettato a terra e ammanettato. Giovani donne hanno raccontato di essere state costrette a restare a terra per ore, sotto l’intimidazione delle armi della polizia. I bambini hanno assistito a scene di brutalità che li segneranno per sempre.
Per ore, le forze di sicurezza si sono rifiutate di mostrare un ordine giudiziario o di spiegare alle famiglie indigene il motivo dell’invasione violenta delle loro case. Alla fine, le autorità hanno presentato un mandato firmato dal giudice Jorge Criado—già formalmente accusato di discriminazione razziale contro i Mapuche in un caso del 2020—per indagare su un atto di vandalismo avvenuto il 18 gennaio nell’Estancia Amancay, a 80 chilometri di distanza.
La polizia ha arrestato Victoria Núñez Fernández, una donna di 37 anni membro della Lof Pillan Mawiza, che da anni vive e lavora con la comunità Mapuche. Testimoni e dati GPS dimostrano che Núñez Fernández si trovava a chilometri di distanza quando è avvenuto l’atto, cioè delle attrezzature sono state date alle fiamme, ma il giudice ha ordinato 60 giorni di arresti domiciliari mentre le autorità continuano a dichiararla colpevole.
Gli incendi boschivi come copertura
Da quando sono iniziati a dicembre, la propaganda del governo argentino ha accusato i Mapuche degli incendi che hanno devastato oltre 50.000 ettari di terreno forestale, per lo più pubblico, in Patagonia. Si tratta di un triplo stratagemma: distogliere l’attenzione dal ruolo del cambiamento climatico e dalla negligenza governativa negli incendi, spostare il focus dagli interessi immobiliari pronti a impadronirsi dei terreni per megaprogetti e criminalizzare gli indigeni, ultimo baluardo contro lo sfruttamento massiccio e la distruzione di una delle più grandi riserve di acqua dolce e foreste al mondo.
«È così assurdo che ci accusino, quando in realtà la comunità Mapuche ha sempre fatto tutto il possibile per proteggere la vita qui. Noi siamo parte del territorio che difendiamo, e proteggeremo la vita del fiume, la vita della montagna, la vita della foresta», ha detto Evis Millán della Lof (comunità) Pillan Mawiza durante un’intervista nella sua fattoria vicino al fiume.
«Non lo incendieremmo mai. Questa montatura che il governo del Chubut sta portando avanti con quello nazionale ha un obiettivo chiaro: creare un nemico interno per occultare la criminalizzazione e lo sfratto delle comunità Mapuche».
Senza processo né indagini, il giorno dopo l’operazione, il governatore del Chubut, Ignacio Torres, ha presentato un PowerPoint accusando i Mapuche degli incendi e degli atti di vandalismo. Circondato da agenti incappucciati armati di mitra in quella che avrebbe dovuto essere una conferenza stampa, ha proiettato i volti di quattro donne indigene, definendole "le responsabili dell'attacco [ad Amancay]" e giurando che "marciranno in galera". Tra loro c’erano Victoria Núñez Fernández, ancora in custodia, e Moira Millán, attivista per i diritti della terra nota a livello internazionale, scrittrice e leader del movimento delle donne indigene.
Lo spettacolo di Torres segue un copione dettato dal governo di estrema destra di Javier Milei e dalla ministra della Sicurezza Nazionale, Patricia Bullrich. Bullrich, il cui ministero è anche responsabile della prevenzione e del controllo degli incendi boschivi, da tempo promuove l’esproprio delle terre indigene per la vendita sul mercato internazionale. Dopo i raid, ha diffuso un video con le immagini dell’irruzione nella casa di Millán, dichiarando: "Queste persone saranno dichiarate, ai sensi dell’articolo 41, TER-RO-RIS-TE".
Il governo Milei ha creato il quadro giuridico per questa misura estrema pochi giorni dopo le retate, inserendo la "RESISTENCIA ANCESTRAL MAPUCHE (RAM)" nel Registro Pubblico delle Persone ed Entità legate ad Atti di Terrorismo e al loro Finanziamento. La RAM è un’invenzione per diffamare il popolo Mapuche: le comunità hanno ripetutamente affermato di non conoscerla né di avere alcun legame con essa. L’unico nome associato alla RAM è quello di Facundo Jones Huala, che, nonostante si sia attribuito la responsabilità del vandalismo ad Amancay, non è stato arrestato e non si nasconde dalle autorità. Intanto, il governo continua a detenere Núñez Fernández con accuse infondate e a sostenere l’assurda tesi che un gruppo di donne Mapuche abbia dato fuoco alle foreste in cui vivono per vendicarsi dei tentativi di sfratto.
I Mapuche della Patagonia indicano potenti interessi economici legati al governo Milei come i veri colpevoli degli incendi.
La svendita della Patagonia
Gli incendi boschivi che hanno devastato migliaia di ettari nei mesi estivi vengono finalmente domati dalle piogge autunnali. Gli esperti avvertono che l’aumento della distruzione causata dal fuoco nella regione è legato alle alte temperature e alla scarsa pioggia, conseguenze del cambiamento climatico. Ma i governi locali e quello di Javier Milei – che nega il cambiamento climatico – preferiscono accusare i Mapuche, approfittando nel frattempo della distruzione per privatizzare un territorio ambito per i suoi minerali, l’acqua pura, la bellezza naturale e l’isolamento.
Milei ha iniziato i preparativi per svendere la Patagonia agli stranieri non appena insediato. Con decreti presidenziali, il 21 dicembre ha abrogato la legge che limitava l’acquisto di terreni da parte di stranieri, inserendola in un pacchetto di misure per deregolamentare l’economia e favorire la vendita di risorse a investitori esteri.
In mosse che sembrano voler aumentare la vulnerabilità delle riserve naturali protette, ha eliminato il Fondo per la Protezione delle Foreste e trasferito le competenze al ministero della Sicurezza, lasciando un enorme vuoto di competenze, infrastrutture e fondi per contrastare gli incendi, nonostante ogni anno il fuoco distrugga sempre più superficie boschiva. Milei ha inoltre tagliato dell’81% i fondi del Servizio Nazionale per la Gestione degli Incendi.
Il presidente argentino ha anche annunciato l’abrogazione della legge che vieta la vendita immediata di terreni colpiti da incendi per l’agroindustria e lo sviluppo immobiliare. Questo tipo di normativa esiste nella maggior parte dei paesi come salvaguardia necessaria contro gli incentivi economici a incendiare terreni pubblici. Sebbene l’abrogazione non sia ancora entrata in vigore, ha recentemente superato la commissione al Senato e rimane un elemento chiave nel piano del governo per una svendita massiccia delle terre patagoniche.
Compagnie minerarie, gruppi immobiliari, centrali idroelettriche e altri sviluppatori di megaprogetti aspettano da tempo di mettere le mani su nuove terre nella Patagonia argentina. Milei conta sulla svendita dei territori e delle risorse indigene per aiutare a ripagare l'enorme debito che spera di ottenere, sostenere il peso argentino ed evitare il collasso totale che incombe a causa delle sue politiche di libero mercato radicali.
Neocolonialismo, versione 2.0
Il governo Milei ha tracciato la strada per il futuro della Patagonia, e passa direttamente sui corpi e sui territori del popolo Mapuche. Per nascondere la propria complicità con gli interessi economici che mirano a occupare le terre colpite, il governo Milei ha lanciato una strategia mediatica e legale per distogliere l'attenzione dal legame tra gli incendi e i cambiamenti nell'uso del suolo che avvantaggiano miliardari stranieri, e per neutralizzare i Mapuche-Tehuelche che si frappongono attraverso criminalizzazione, sfratti e sterminio.
La formula non è nuova. Le crociate contro i Mapuche sono iniziate con la conquista delle loro terre ancestrali secoli fa e non si sono mai fermate da allora. L'attuale crisi ha le stesse radici coloniali delle precedenti campagne genocide: razzismo e appropriazione con la forza di terre e risorse.
A gennaio, la ministra Bullrich ha ordinato lo sfratto della comunità Lof Pailako nel Parco Nazionale Los Alerces. Per evitare spargimenti di sangue, i membri della comunità hanno abbandonato le loro case ore prima dell'arrivo delle forze di polizia. Le famiglie sono rimaste senza casa, gli animali senza sostentamento e i bambini senza accesso a abitazioni, salute o istruzione. Bullrich ha dichiarato trionfante: "Questo è il primo sfratto di una serie che segnerà la fine di un periodo in cui in Argentina ha regnato la mancanza di rispetto per la proprietà privata."
La ministra della Sicurezza agisce con il pieno sostegno dei governi federale e provinciali. Milei, ammiratore di Donald Trump ed esponente dell’estrema destra internazionale, ha lanciato l’offensiva contro i Mapuche con il suo tipico fanatismo da libero mercato e supremazia bianca. Mentre concede mano libera agli investitori, ha cancellato i programmi di registrazione delle terre indigene e abrogato la Legge 26.160, la Legge sull’Emergenza Territoriale Indigena del 2006 che almeno nominalmente sospendeva gli sfratti delle comunità nei territori ancestrali. Nonostante la firma di trattati internazionali sui diritti indigeni, i governi sia di destra che di sinistra hanno fallito nell’istituzionalizzare il riconoscimento delle terre e dei diritti, spianando la strada a Milei per annullare conquiste e tutele.
Le organizzazioni per i diritti umani hanno denunciato l’abrogazione dei diritti indigeni alla Commissione Interamericana dei Diritti Umani, alla Corte Interamericana, al Relatore Speciale ONU sui Popoli Indigeni e all’Alto Commissario per i Diritti Umani.
La festa dei miliardari
Mentre i Mapuche vengono sfrattati con violenza dai pochi ettari su cui vivono, miliardari internazionali possiedono già, spesso illegalmente, milioni di ettari in Patagonia e cercano di accaparrarsene altri. L’élite ultra-ricca ha puntato gli occhi su questa terra decenni fa, attratta dalle viste mozzafiato sulle Ande, dai laghi cristallini e dalle foreste incontaminate. La regione custodisce gran parte delle ultime riserve di acqua dolce, aria pulita e boschi primari del pianeta. Le multinazionali sono arrivate per sfruttarne le risorse, mentre i miliardari la considerano un parco giochi privato e un rifugio per quando il resto del mondo diventerà inabitabile.
Un caso esemplare è quello del Lago Escondido, proprietà del multimilionario britannico Joe Lewis. Lewis possiede tra i 12 e i 14mila ettari, incluso l'intero lago. Nonostante abbia ospitato presidenti argentini e dignitari stranieri nella sua proprietà, l'ha chiusa al pubblico con barriere fisiche e guardie armate. Altri interessi stranieri con vasti possedimenti nella Patagonia argentina includono la compagnia israeliana Mekorot, l'azienda italiana Benetton, l'attore Sylvester Stallone e società di investimento degli Emirati Arabi Uniti, tra gli altri.
Come Trump, il governo di Milei, dei ricchi e per i ricchi, ha agito rapidamente per rimuovere le restrizioni ambientali e sociali. Milei ha istituito un nuovo Regime di Incentivo per Grandi Investimenti (RIGI) lo scorso anno che offre agevolazioni fiscali, incentivi doganali e vantaggi valutari per progetti superiori ai 200 milioni di dollari avviati entro due anni. La legge promuoverà il tipo di progetti estrattivi su larga scala che i gruppi di cittadini e le comunità Mapuche hanno contrastato perché sradicano le comunità e distruggono il territorio.
Un'analisi del probabile impatto del RIGI nel Chubut indica che la provincia patagonica potrebbe assistere a un rapido boom nello sfruttamento minerario, petrolifero e del gas. Nella provincia di Chubut vige un divieto sulle miniere a cielo aperto - risultato di una mobilitazione dal basso. Gli esperti temono che una causa legale potrebbe portare a ribaltare la volontà popolare espressa nel divieto.
Il RIGI e gli altri programmi per vendere la Patagonia a investitori stranieri preparano il terreno a conflitti locali sull'uso del territorio e delle risorse. I proprietari terrieri miliardari trarranno enormi profitti dalle misure di Milei e hanno già elaborato piani per espandere i loro possedimenti e le loro operazioni.
Gli attacchi, gli sfratti e la criminalizzazione delle comunità Mapuche possono essere visti come una misura preventiva per indebolire le forze che difendono le terre native e proteggono l’ambiente.
Rafforzamento dello Stato di Polizia
Il governo federale si è preparato a reprimere ogni resistenza legalizzando la repressione violenta delle opposizioni locali e nazionali. Il 10 marzo, il Congresso ha approvato la cosiddetta "Legge Anti-Mafie", che stabilisce che tutti i membri di un gruppo possano ricevere la stessa condanna di un singolo membro. Associazioni internazionali di giuristi e organizzazioni per i diritti umani hanno definito questa legge una "legalizzazione di un virtuale stato d'assedio", concepita appositamente per colpire i più danneggiati dalle misure di Milei: i poveri, l'opposizione politica, i sindacalisti e i popoli indigeni.
Il governo di Milei ha inoltre adottato un "protocollo anti-picchetto" che criminalizza le proteste. Secondo un rapporto di Amnesty International, queste misure hanno già portato a più di mille manifestanti feriti a causa dell'uso eccessivo della forza. Recentemente, durante le proteste del 12 marzo, la polizia ha sparato direttamente un candelotto di gas contro un fotografo. Pablo Grillo, con il cranio fratturato, è ancora in terapia intensiva.
La ricostruzione di uno stato di polizia brutale in Argentina evoca immagini della dittatura militare, un periodo di terrorismo di stato durato dal 1976 al 1983. Millán avverte che il governo Milei è una dittatura e che il paese sta assistendo a un ritorno al "terrorismo di stato" che causò migliaia di assassinii e sparizioni durante la dittatura militare.
Quando difendere terra e cultura significa rischiare la vita
Non sorprende che il regime abbia posto le donne indigene al centro della sua campagna diffamatoria. Le donne sono il cuore della difesa Mapuche del loro territorio e della protezione della terra e della vita contro i progetti estrattivi e le privatizzazioni. Per decenni hanno lavorato per consolidare e ristabilire le comunità nelle terre ancestrali, insegnare alle nuove generazioni la lingua e le usanze Mapuche e costruire una resistenza pacifica. L'ultima offensiva governo-corporations ha messo gravemente a rischio la loro vita e libertà.
"Questo gruppo al potere - patriarcale, razzista - si sente minacciato dalla capacità e dalla difesa della vita che noi donne portiamo avanti", ha spiegato Moira in una recente intervista. "Lo Stato e le corporation sanno che le donne possono costruire alleanze tra settori per difendere i diritti, quindi devono indebolire questo forte processo organizzativo in questo momento storico, incluso a livello globale". In questo contesto, ha aggiunto, gli attacchi apertamente misogini del governo Milei sono strategici, vengono incorporati nelle politiche pubbliche e rappresentano il fulcro delle politiche repressive.
Nonostante tutte le forze contro di loro, le comunità Mapuche di oggi continuano a vivere e a prendersi cura della loro terra. Proteggono fiumi e laghi, gestiscono le foreste per mantenere gli alberi sani, prevenire danni da incendi e controllare specie invasive. Alcune famiglie vivono su queste terre da generazioni, altre sono tornate dalle migrazioni forzate nelle baraccopoli urbane per ricostruire le loro vite, la loro terra e la loro identità.
Quasi ogni giorno durante le settimane della nostra visita, le donne uscivano presto da casa per celebrare cerimonie tradizionali. Lingua, spiritualità e conoscenze ancestrali vengono coltivate attraverso la vita quotidiana, i legami familiari e comunitari. Nonostante le campagne genocide e i discorsi volti a negare la loro esistenza (il governo parla spesso di "pseudo-Mapuches") o a diffondere odio, queste comunità sopravvivono ancora, ed è grazie a loro che la regione conserva le sue acque dolci famose nel mondo, pesce in abbondanza e paesaggi incontaminati.
Il potere dell'esempio può essere più minaccioso di quanto si pensi per un potere illegittimo
Qui si scontrano due visioni radicalmente opposte del territorio e del rapporto tra esseri umani e ambiente. Mentre avanzano i progetti per trasformare questo capolavoro della natura in un'enclave estrattiva, Moira Millán ha riassunto così la posizione Mapuche: "Ci siamo opposti con fermezza alle mega-miniere estrattive, alle dighe, ai progetti idroelettrici che ucciderebbero i fiumi per fornire elettricità alle multinazionali, e più recentemente all'acquedotto promosso dalle compagnie petrolifere. Il popolo Mapuche recupera la terra per riaffermare il suo impegno verso la vita. Per noi la vita è la cosa più importante. E non solo la vita umana, ma la vita di tutto ciò che ci circonda".
di Laura Carlsen
fonte: Counterpunch
- Dettagli
- Scritto da Atilio Boron
Il ritorno radicale al protezionismo non solo è possibile, ma necessario per un impero innegabilmente in declino. È una tesi denunciata da analisti “critici”, ma avallata da intellettuali di primo piano dell’establishment statunitense, come Zbigniew Brzeziński in un testo del 2012 e, successivamente, da diversi documenti della Rand Corporation. Il declino, o dissoluzione se si preferisce, è arrivato di pari passo con fattori interni critici: la crescita lenta dell’economia, la perdita di competitività nei mercati globali e il gigantesco indebitamento del governo federale. Se nel 1980 il rapporto debito/PIL del governo federale USA era del 34,54%, oggi ha raggiunto un livello astronomico del 122,55%. A ciò si aggiunge l’insostenibile bilancio del deficit commerciale, che continua a crescere e nel 2024 ha toccato i 131,4 miliardi di dollari, pari a circa il 3,5% del PIL. Il motivo è semplice: gli Stati Uniti consumano più di quanto producono.
- Dettagli
- Scritto da Redazione
Israele ha annunciato l'istituzione di un ufficio per l’“emigrazione volontaria” dei palestinesi da Gaza. Non è la prima volta che il governo israeliano tenta una mossa del genere, e anche stavolta è destinata a fallire.
Domenica scorsa, il gabinetto di guerra israeliano ha approvato la creazione di un’agenzia speciale per organizzare l’“emigrazione volontaria” dei palestinesi da Gaza. La mossa rientra nel piano originariamente annunciato dal presidente americano Donald Trump per espellere i palestinesi dalla Striscia, sebbene gli Stati Uniti abbiano poi fatto marcia indietro.