di Cinzia Frassi

E' ormai famosa, se non eccessivamente inflazionata, l'affermazione risalente agli inizi degli anni 90 di un pentito “illustre” della nomenclatura camorristica napoletana: Nunzio Perrella, davanti ai magistrati, dichiarava ".. ma quale cocaina, la monnezza è oro", a sottolineare le nuove frontiere del business della malavita organizzata. Citata in molti recenti lavori tanto da farne uno slogan, risulta piuttosto riduttiva ormai. Intanto, ad ogni picco di emergenza nell'annosa e cronica emergenza napoletana, le telecamere approdano nel golfo partenopeo e nell'entroterra per mostrare agli italiani e al mondo ammassi enormi di immondizia lungo i marciapiedi, i cittadini che si oppongono con forza alle discariche come ad impianti di incenerimento di rifiuti – pensare che in altre città si chiamano termovalorizzatori - alla mancanza di impianti adeguati e di una raccolta differenziata efficace. In Campania quindi sarebbero in sostanza fisiologicamente inadatti a gestire i loro rifiuti, geneticamente impermeabili al cassonetto ed irrimediabilmente incapaci di produrre ricchezza con i rifiuti, come paiono invece eccellere in altre regioni italiane. Non sanno mai dove portarli, non fanno la raccolta differenziata, non vogliono discariche e via così. Questo sarebbe il punto. E' così? La monnezza è oro, tuttavia, e non solo per la camorra, bensì per quella zona grigia di contorno, che non sai dove inizia e dove ha fine, fra il mondo del lecito e quello della malavita. Il business si rappresenta bene immaginando un colabrodo lascivo dal quale scorrono fiumi di denaro con intorno opportunisti di ogni risma e colore. Perché dal ‘94 ad oggi non si è riusciti a risolvere il problema fino a creare una situazione drammatica sia in termini ambientali che di salute? Non che le altre regioni del bel paese abbiano a gonfiare il petto, dato che il problema rifiuti è tale su tutto il territorio nazionale. Certamente, alle falde del Vesuvio è abnorme, indefinibile, impronunciabile, indecifrabile.

Lasciando per un attimo da parte il discorso oggettivo della crisi cronica dei rifiuti campani, così come il ruolo determinante giocato dall’emergenza a fare da spalla agli sversamenti abusivi di rifiuti speciali industriali di varia importazione, riportata anche qui su Altrenotizie da mano autorevole, le risorse impegnate per fronteggiare e risolvere l’emergenza e dove sono finite? Se nulla è stato fatto né risolto, perché i cittadini campani, in particolare napoletani, dovrebbero pagare per un servizio mai ricevuto, oltre che sostenere gli effetti di un ambiente irrimediabilmente insalubre e un tasso di neoplasie in crescita esponenziale?

Tanti interrogativi, tante domande, perplessità. Le cifre tuttavia non lasciano dubbi e a darle sono proprio le istituzioni. La Commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti ha ammesso recentemente l’impronunciabile in un paese civile: “La struttura del commissariato ha finito sovente con il dirottare parti consistenti delle risorse per la propria autosussistenza, assumendo sempre di più l’aspetto di un orpello inutile e dannoso”. Niente meno. Non solo: la Commissione sentenzia anche che c’è da “nutrire più di un dubbio” sull’opportunità delle consulenze “non sempre imposte dalla straordinarietà e dall’emergenza”. Ammonta a 857 mila euro il gruzzolo dilapidato per l’affitto di quattro sedi del commissariato all’emergenza. E ancora: automezzi acquistati per la raccolta e subito, guarda caso, rubati. Poi, per fare solo un altro esempio, 2361 stipendiati per la raccolta differenziata, mai fatta in realtà.

Nella relazione territoriale sulla Campania della Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti, approvata nel gennaio 2006, si leggeva, a proposito delle voci di spesa del commissariato: “..a queste voci vanno aggiunte le spese per i lavoratori socialmente utili assunti dal Commissariato per la (sostanzialmente inesistente) raccolta differenziata con rapporto di lavoro, dapprima a tempo determinato, poi trasformato, nel 2001, in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, per un ammontare annuo di 55 milioni di euro.

Ma, ancor più preoccupante, nel recente rapporto si legge: “La storia ha registrato numerose e allarmanti vicende criminose che hanno visto come protagonisti rappresentanti anche apicali dell’apparato burocratico commissariale (da leggersi politici con le stesse tessere di partito nei vari colori) tanto da contribuire a radicare nei cittadini una percezione di inaffidabilità, se non proprio di collusione con la criminalità di impresa e di tipo mafioso, delle istituzioni preposte alla soluzione dell’emergenza”.

Per continuare a raccogliere numeri sull’emergenza, basta leggere l’ultimo rendiconto generale della Corte dei Conti, che conteggia 1.8 miliardi di euro per l’emergenza rifiuti, il 21%di questi spesi per stipendi e funzionamento sedi. La Corte rileva inoltre, tra le altre cose, che “la situazione non si giustifica più con gli originari caratteri della eccezionalità e si configura come complessa e duratura organizzazione extra ordine”. Si, c’è scritto proprio “extra ordine”.

Non solo. Per riprendere ancora alcuni passi della citata relazione territoriale sulla Campania della Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti: “...ciò in quanto le spese della struttura commissariale non sono state iscritte in un vero e proprio bilancio, essendo stata adottata una contabilità “semplificata”. Non essendo stato approntato un bilancio di competenza, sono stati assunti impegni di spesa senza il presupposto dell'esistenza di fondi di copertura.” Altra voce interessante, si fa per dire, è quella delle “spese generali” che riguardano gli importi che si è messa in tasca ogni dirigenza del Commissariato. Si parte con 16.638 di Rastrelli nel ’98, 1.140.000 della stagione 2003 di Bassolino. Cifre da capogiro che sarebbero aggiornate dalla 21esima seduta della Commissione rifiuti, tirando le somme di 15 anni di emergenza, in 780 milioni di euro l’anno, dal 1997 al 2007.

Intanto il Presidente del Consiglio, Romano Prodi, dice di voler prendere in mano la situazione una volta per tutte. Gli altri, dalle amministrazioni locali fino agli ex commissari per l’emergenza, si stracciano le vesti, chi sta all’opposizione si indigna e via così verso un emergenza che, sulle spalle dei cittadini e dell’ambiente, non finirà mai: perchè la monnezza è oro.

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