di Alessandro Iacuelli


E' stato pubblicato il "Rapporto Ecomafie" di Legambiente, dossier annuale sui crimini ambientali in Italia. Dai numeri pubblicati si evince con estrema chiarezza che non solo le ecomafie italiane godono di ottima salute ma anche che, nonostante le tante campagne ed azioni contro di esse, aumentano il loro raggio d'azione. Infatti, sono aumentati del 27,3% i reati contro l'ambiente per un giro d'affari da 18 miliardi e 400 milioni di euro per i clan delle ecomafie, un quinto del totale annuo del business delle mafie. Un sistema ed un mercato eco-criminale che conta tre reati ogni ora con illeciti accertati nei cicli del cemento, dei rifiuti, e non ultimo un incremento di incendi boschivi dolosi. In pratica, i numeri dell'illegalità ambientale sono ogni anno più impressionanti: 83 reati contro l'ambiente al giorno, gli illeciti accertati dalle forze dell'ordine nel corso del 2007 sono 30.124, le persone denunciate 22.069, con un incremento del 9,7%; i sequestri effettuati 9.074 (più 19% rispetto al 2006). La Campania occupa stabilmente il primo posto nella classifica dell'illegalità ambientale, seguita dalla Calabria. In queste due regioni si concentra il 30% degli illeciti registrati in tutta Italia. La prima regione del Nord come numero di infrazioni è la Liguria. Oltre questo, c'è anche un altro dato importante: la maggior parte dei reati ambientali sono di tipo transfrontaliero: dall'Italia escono rifiuti verso Hong Kong, la Tunisia, il Pakistan, il Senegal, la Cina, ed entrano rifiuti dalla Croazia, dalla Serbia, dall'Albania. Così, viene finalmente smentita la tesi, sostenuta da certa stampa nazionale, che sia l'Italia a mandare verso i Balcani i propri rifiuti. Certo, l'Italia invia eccome scarti produttivi verso quei territori - dove spesso sono impegnate proprio aziende del Bel Paese, ma facendo un bilancio sono di più quelli che importiamo, spesso illecitamente.

Restando in tema di rifiuti, i reati accertati dalle forze dell'ordine nel 2007 per violazione alla normativa sui rifiuti sono oltre 4800, il 36% dei quali commessi nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa. Alla catena montuosa di rifiuti speciali scomparsi nel nulla, si aggiunge una nuova vetta di 1970 metri, con base di 3 ettari. Per illegalità nel ciclo dei rifiuti è sempre in testa la Campania, dove lo smaltimento illegale di rifiuti pericolosi, spesso di provenienza extraregionale, è la principale causa della nota e recente emergenza rifiuti. Ma al secondo posto c'è ora il Veneto, che
conferma lo spostamento verso nord del baricentro di questi traffici, non solo come zona di procacciamento degli scarti industriali smaltiti illegalmente nelle regioni centrali e meridionali d'Italia ma anche come sito finale. La Puglia mantiene saldamente il terzo posto dello scorso anno, e il foggiano si conferma una terra dove si scaricano illegalmente nei terreni agricoli i rifiuti prodotti dal centro nord, scorie sempre piu' spesso spacciate per compost.

Tutto questo avviene nonostante l'anno 2007 detenga il record di inchieste contro i trafficanti di veleni. Grazie all'applicazione dell'articolo 260 del Codice dell'Ambiente, che introduce il delitto di organizzazione di traffico illecito di rifiuti, sono 96 le indagini condotte fino a marzo 2008, ma il sommerso rimane ancora a spadroneggiare, e a guadagnare spazio. Anche l'agricoltura, in tutte le sue filiere, è diventata da tempo una delle frontiere per lo sviluppo dei traffici illeciti. Secondo le stime della Confederazione Italiana Agricoltura, il giro d'affari delle cosche nel settore agricolo si attesta sui 15 miliardi di euro, con oltre cento reati al giorno, e un agricoltore su 3 subirebbe gli effetti dell'illegalità. Ed il fenomeno è diffuso in tutto il Paese, anche se sono sempre le regioni del sud quelle più colpite, Campania in primis.

Tra le diverse tipologie di reato, aumentano in particolare gli incendi boschivi. 225.000 ettari di boschi e foreste andati in fumo, 18 persone uccise dalle fiamme, 7 milioni e mezzo di tonnellate di CO2 rilasciate nell'aria sono il bilancio degli oltre diecimila incendi dell'estate scorsa nel nostro Paese, quasi sempre di natura dolosa.

Da questi dati si evince con chiarezza che sul fronte della tutela dell’ambiente l’Italia sta arretrando, e l'ecomafia invece avanza a spron battuto, ed il futuro non promette niente di buono, anzi. Quel che si vede nell'immediato futuro è la proroga dalla Legge Delega in materia ambientale: un emendamento dell’esecutivo, già votato in sede di commissioni, che proroga al 30 giugno 2010 il termine per l’emanazione di correzioni e integrazioni in materia ambientale. Legambiente e le maggiori associazioni ambientaliste italiane hanno scritto ai capigruppo del Senato per chiederne la cancellazione perché con un simile emendamento una normativa importante e complessa come quella ambientale sarà dominio pressoché esclusivo del Governo a netto discapito del ruolo del Parlamento.

Così come la delega in bianco al Ministero dell’Ambiente per l’inquinamento industriale che prevede, tra le altre cose, l’istituzione di una procedura alternativa di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di bonifiche e di risarcimento del danno ambientale, che potrebbe togliere la possibilità a enti locali, cittadini, associazioni di avere un ruolo nei procedimenti per danno ambientale e in materia di bonifiche di siti inquinati.

Viceversa, l'introduzione dei delitti ambientali nel codice penale è stata chiesta a gran voce da ambientalisti ma anche legislatori, industria e magistratura, ma il disegno di legge giace ancora in Parlamento da ben tre legislature. Per la difesa del territorio, a quanto pare, non c'è alcuna
urgenza politica, secondo chi governa.

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