di Michele Paris

Trarre vantaggio dal cambiamento climatico invece di prendere seri provvedimenti per combatterlo. Prosperare in un prossimo futuro caratterizzato da temperature più elevate adattandosi ai mutamenti prodotti dall’inquinamento atmosferico. Questa è la sconcertante conclusione di un rapporto sul clima planetario elaborato da una commissione di esperti voluta dal governo canadese (Tavola Rotonda sull’Ambiente e l’Economia o NRTEE) per contribuire a sostenere il benessere e la sicurezza del paese nei prossimi decenni.

L’iniziativa, promossa in collaborazione con la prestigiosa Royal Canadian Geographical Society, ha dato alla luce un diagramma interattivo denominato “Gradi di cambiamento”, pubblicato sull’ultimo numero della rivista Canadian Geographic. Senza farsi troppi scrupoli per le conseguenze del cambiamento climatico sulla maggior parte del pianeta, anche a causa delle emissioni di paesi avanzati come il Canada, il presidente della NRTEE, David McLaughlin (già capo di gabinetto dell’ex primo ministro conservatore Brian Mulroney negli anni Novanta), ha chiarito in questi termini l’obiettivo principale della propria ricerca: “Man mano che questi effetti diventeranno più evidenti, adeguarsi e prosperare diventerà sempre più importante per il governo, per le comunità locali e per le imprese del Canada”.

Lo studio, voluto dal governo di Ottawa, se pure riconosce in maniera inequivocabile l’esistenza di un problema derivato dal cambiamento climatico e contribuisce ad animare un dibattito interno al Canada sull’argomento, sembra concentrarsi in maniera decisamente troppo ottimistica sui possibili “effetti benefici” del surriscaldamento globale. Ad esempio, viene sottolineata la maggiore facilità d’accesso alle riserve petrolifere, minerarie e di gas naturale presenti nel nord del paese grazie al progressivo scioglimento dei ghiacciai. Allo stesso modo, l’innalzamento delle temperature favorirebbe la pesca al largo delle coste atlantiche e prolungherebbe la stagione golfistica nelle province sud-orientali.

Come hanno evidenziato alcuni scienziati indipendenti, il diagramma partorito dalla NRTEE contiene gravi imprecisioni sull’evoluzione del cambiamento climatico della terra. Tanto per cominciare, lo studio prende le mosse dalla previsione errata che i ghiacciai marini dell’Artico diminuiranno del 50 per cento entro il 2070. Con un declino effettivo molto più rapido, all’attuale ritmo gli esperti prevedono piuttosto la sparizione pressoché totale dei ghiacciai entro i prossimi due o tre decenni.

Palesemente sottovalutate sono poi le conseguenze che ne deriverebbero. Nel rapporto si legge, ad esempio, che la “fauna marina risulterà influenzata” dalla progressiva acidificazione degli oceani a causa delle emissioni di combustibili fossili, mentre la letteratura scientifica più autorevole, come ha spiegato in un’intervista il climatologo dell’Università di Toronto, Danny Harvey, afferma chiaramente che lo scenario futuro previsto è quello di un “completo collasso dell’ecosistema marino”.

Ancora, secondo l’interpretazione della NRTEE, alcune popolazioni di orsi polari sarebbero a rischio di estinzione nel caso la temperatura del pianeta dovesse aumentare di quattro gradi entro la fine del secolo. In realtà, fino al 30 per cento delle specie animali che vivono sulla terra rischierebbe di sparire solo con un aumento di due gradi, uno scenario che potrebbe diventare reale già nel 2050 agli attuali ritmi di emissione di CO2. Infine, un clima più caldo permetterebbe di ottenere migliori raccolti, anche se praticamente nessuna menzione viene fatta dell’inaridimento di altre aree del pianeta e delle crescenti devastazioni causate dal manifestarsi di condizioni atmosferiche estreme.

Se il diagramma della NRTEE e della Royal Canadian Geographical Society riconosce la possibilità di una crescita delle temperature anche superiore ai cinque gradi, ciò che incredibilmente omette sono le disastrose ripercussioni che ne seguirebbero. Il tentativo appare insomma quello di attenuare gli allarmismi con un’operazione che intende sottovalutare l’impatto del cambiamento climatico, dal quale il Canada potrebbe addirittura trarre più di un vantaggio.

Dietro al progetto di ricerca, secondo alcuni media, ci sarebbe l’impronta dell’industria energetica canadese. Tra gli sponsor spicca Suncor Energy, la maggiore corporation canadese del petrolio che estrae greggio nello stato dell’Alberta dalle cosiddette sabbie bituminose tramite un procedimento altamente inquinante. Questa compagnia è stata più volte sanzionata per violazioni delle leggi sull’inquinamento dallo stesso governo canadese, ritenuto uno dei più accomodanti in Occidente verso l’industria petrolifera.

A comporre la Tavola Rotonda sull’Ambiente, oltre a membri di organizzazioni ambientaliste, accademici ed esponenti delle comunità locali, sono inoltre svariati ex amministratori delegati e politici vicini all’attuale governo guidato dal Partito Conservatore. Il documento finale, quanto meno, sembra essere passato al vaglio di esperti climatologi, anche se tutti alle dipendenze di agenzie governative. A questi ultimi è stato vietato ogni commento ai media sul loro lavoro, in ottemperanza di una direttiva emanata qualche anno fa e che vincola ogni loro dichiarazione pubblica a un’esplicita autorizzazione del governo.

L’intera operazione rispecchia dunque l’atteggiamento nei confronti della questione ambientale tenuto dal governo conservatore canadese. Il premier Stephen Harper, infatti, pur avendo preso negli ultimi anni qualche modesto provvedimento per ridurre le emissioni in atmosfera, non ha mai dimostrato particolare entusiasmo per la lotta al cambiamento climatico. L’impegno preso dal Canada per ridurre le proprie emissioni di CO2 nel 1997 a Kyoto è stato ritrattato, mentre lo stesso accordo firmato nella città giapponese venne definito da Harper una “cospirazione socialista” per trasferire denaro dai paesi più ricchi a quelli più poveri.

Non a caso, il paese che promosse la prima conferenza internazionale sul cambiamento climatico - tenuta a Toronto nel 1988 - è diventato oggi uno dei maggiori inquinatori dell’intero pianeta, con un livello di emissioni inquinanti aumentato del 30 per cento negli ultimi vent’anni. Il Canada è anche uno degli stati che maggiormente si sono opposti ad un trattato più efficace nella fallimentare conferenza ONU di Copenhagen dello scorso dicembre e promette di distinguersi allo stesso modo nell’imminente nuovo summit che prenderà il via a Cancún, in Messico, il 29 novembre prossimo.

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