di Sara Michelucci

Un rapporto stretto quello che c’è tra gli animali e gli esseri umani. Tanto che per ogni uomo esiste un corrispondente nel mondo faunistico, che ne rispecchia le caratteristiche. E così le aragoste sono i nuovi ricchi, difficili da prendere e che non provano dolore. È la metafora che Piero Balzoni usa nel suo romanzo d’esordio, Come uccidere le aragoste (Giulio Perrone editore), per raccontare la storia di Claudio Amodio, 34enne che lavora per una organizzazione non governativa, adora lo stadio, fuma hashish.

Claudio perde la vita a bordo del suo scooter, dopo essere stato travolto da un’auto pirata sulla tangenziale. Un Suv nero che corre via e non si ferma a prestare soccorso. Spetta a suo fratello Luca ricevere la notizia e comunicarla ai suoi genitori. Ma ben presto Luca si metterà a caccia degli assassini di suo fratello, in una Roma che è sempre più misera moralmente e dove la prepotenza ha la meglio sulla vita degli individui.

“Avevo scritto una prima raccolta di racconti, Animali migratori, che era il tentativo di raccontare gli essere umani attraverso gli animali”, spiega Balzoni. “Successivamente è nata l’idea di realizzare un romanzo e il rapporto che c’è tra animali e esseri umani è diventato quasi una filosofia di pensiero. In ogni essere umano, infatti, si può riscontrare una particolare tipologia di animale. Le aragoste nel mio romanzo sono i nuovi ricchi e mi serviva questa immagine per raccontare la storia di Luca”. Nel romanzo “la metropoli si popola di essere viventi che appaiono a Luca come animali”.

Un modo, questo, per raccontare anche una città difficile come Roma. “Ho sempre provato ad andare via da Roma - prosegue Balzoni - ma sono sempre stato restio a lasciarla. Ho un rapporto di amore e odio con la mia città e nel romanzo non poteva non essere una delle protagoniste. Anzi forse è la vera protagonista. Una città prepotente e dove la violenza è alla base di ogni gesto. Mi interessava, però, parlare di una vicenda umana, personale, non politica, ma che attraversa quella prepotenza. Il mondo in cui si muovono i miei personaggi è fatto di aggressività e di soprusi”.

Un mondo sicuramente sbagliato, ma reale, concreto e che non è difficile da riconoscere come vicino alla propria esistenza. “Quello in cui Luca trova a doversi destreggiare è un universo che non lo considera, un mondo dove è difficile avere giustizia, sostiene Balzoni”.

E in Luca c’è sicuramente parte del suo autore. “Ovviamente mi sento vicino a questo personaggio. Mi ci ritrovo nell’immobilismo, nei concetti primitivi che si fanno azione, nella ricerca di giustizia, nella solitudine e nella incapacità totale di rispecchiarsi in un ambito preciso”.

Balzoni racconta in un certo senso la normalità, ma lo fa mettendo l’accento sulle difficoltà di relazionarsi con una metropoli difficile. “Non è né povero né ricco. Fa parte di una famiglia che tutto sommato ce l'ha sempre fatta. Tutto quello che ha fatto fino al momento dell’incidente lo ha fatto pensando che il fratello maggiore potesse rappresentare per sempre la sua guida. Invece sarà costretto a diventerà la guida di se stesso”.

La mancanza di un punto di riferimento fermo e preciso, è un altro tema che si ritrova nel romanzo. “É vero che anche la nostra generazione non ha mai avuto una guida, abbiamo sempre avuto delle figure 'adottive' mutuate dal passato. Da Pasolini a Che Guevara, passando per miti musicali o cinematografici. Figure di leadership che non appartengono al nostro tempo, in cui mancano totalmente”.

E anche il concetto stesso di fare cultura diventa uno spunto: “La cultura è una cosa spontanea, che nasce come un fungo, quindi naturalmente. È vero, però, che va coltivata, rilanciata e sostenuta. Certo è che, come paese, non siamo stati capaci di stimolare e di far cresce alcuni movimenti culturali che ci sono stati e che rappresentavano delle occasioni importanti”.

Come Uccidere le aragoste è vincitore del Premio Orlando Esplorazioni 2015 e si è guadagnato un secondo posto al Premio Letterario Nazionale Città di Forlì XI edizione.

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