di Daniel A. Casari

Quando si pensa ad un gruppo musicale in giro per il mondo si parla di tournée e s’immaginano luoghi dove si ascolta musica, pensati per il divertimento. Ma se il gruppo si chiama Banda Bassotti, allora lo scenario cambia completamente. Venezuela, Ecuador, Cuba, El Salvador, Argentina e Messico, l’America Latina è stato uno dei teatri dove la Banda si è recata per solidarietà con i processi rivoluzionari sotto attacco. Poi la Palestina, nel 2002, con Arafat  assediato alla Mukata. E oggi Donbass e Siria, dove il rumore della guerra sovrasta la realtà ma dove quella miscela d’impegno politico e culturale che la Banda Bassotti ha nel suo DNA, trova la sua collocazione quasi naturale.

 

Come è nato il viaggio in Donbass?
Siamo molto attenti a ciò che accade nel mondo ed in Italia. Le prime notizie su Maidan arrivarono negli ultimi mesi del 2013 e, come sempre accade, i media ufficiali ci raccontavano di “giovani democratici”, di una “ventata di democrazia in Ucraina”. La chiamavano la rivoluzione arancione, ma poi abbiamo constatato come fosse soprattutto nera, visto che i protagonisti più attivi nelle violenze erano fascisti e il personale politico che li guidava era composto da agenti dell’intelligence statunitense e tedesca. Insieme alla cosiddetta ventata di democrazia però qualche compagno mandava in rete anche foto di nazisti in piazza a Maidan. La paginaa facebook di “Con l'Ucraina Antifascista” raccontò quello che stava succedendo in piazza. Abbiamo voluto documentarci prima dall’Italia e poi recandoci sul posto.

E cosa avete visto?
Possiamo dire che a Maidan abbiamo visto le stesse identiche cose che ci spacciano sulle manifestazioni in Venezuela di questi giorni. Lo stesse menzogne con le quali ci hanno raccontato le rivolte siriane. In questo i media occidentali ed ora anche internet, sono bravissimi e coerenti. Lanciano campagne mediatiche enormi per raccontare una menzogna colossale che poi si tramuta in una verità. Il paradosso diventa il racconto, la narrazione che stravolge la verità dei fatti allo scopo di produrre una verità politica, diviene il modo d’informare. La verità è che a tre ore di aereo da Roma un popolo di una intera regione si batte contro un governo fascista come quello di Kiev. Un governo che riceve aiuti economici dagli stessi paesi europei che lottarono contro il nazismo 70 anni prima. E che stravolge la sua politica estera e i suoi stessi interessi imponendo sanzioni alla Russia, aggredita e minacciata (ma certo non indifesa) dall’avanzata delle truppe NATO e degli interessi geopolitici statunitensi e tedeschi.

Come è nata la “carovana antifascista”?
La notte del 2 maggio 2014 arrivarono in rete le prime foto del massacro di Odessa. La Casa dei Sindacati incendiata, ragazzi e anziani bruciati vivi da un branco di assassini nazisti. Un numero imprecisato di antifascisti veniva ucciso a tre ore di Roma. Il nazismo bussava alle nostre porte. Ci siamo parlati e abbiamo deciso di organizzare la Carovana Antifascista della Banda Bassotti. Non era la nostra prima esperienza Internazionalista e sapevamo che la nostra grande famiglia composta da compagni in tutto il mondo non ci avrebbe lasciati soli. Difficoltà enormi e ostacoli ma anche moltissima solidarietà ci ha spinti ad andare avanti. Purtroppo una parte di una sinistra che ormai si forma opinioni con quello che gli raccontano in TV, ci ha criticato.

L’impegno in Donbass, in cosa consiste?
Consiste in cibo, medicine, presenza, condivisione, solidarietà. Portiamo 23 chili a testa di tutto quello che serve. Siamo armati di strumenti musicali, passione per la musica e per le cause giuste. Suoniamo e cantiamo quello che vediamo, le nostre vite, le vite dei nostri fratelli in giro per il mondo. Visitiamo orfanatrofi, ospedali, sedi di istituzioni, case. Abbiamo portato aiuti al sindaco di Stakhanov, alle famiglie di Gorlovka, un paese che viene quotidianamente bombardato dall’aviazione di Kiev che decolla solo con gli aiuti europei. Gli occhi dei bambini e le lacrime degli adulti che ci raccontano il terrore delle bombe rimarranno scolpiti per sempre nella nostra memoria. Per questo non possiamo, né vogliamo, restare con le mani in mano a leggere la narrazione finta di ciò che avviene.

Con l’esperienza recente in Donbass vi siete guadagnati l’incriminazione per “terrorismo” da parte del Governo ucraino..
La prima Carovana Antifascista è partita nel settembre 2014 e da quel momento ci aspettavano una comunicazione da parte del governo di Kiev. La terza Carovana ha portato una rappresentanza di molti paesi europei, dimostrando ancora una volta che il popolo dei lavoratori, dei disoccupati, è a fianco della lotta del popolo del Donbass. Ora ci chiamano terroristi per aver visitato il Donbass, per aver portato giochi e medicine. Nessuno invece è incriminato per la strage di Odessa e per altri assassinii perpetrati dal governo di Kiev.

E adesso? Che progetti avete in cantiere?
Stiamo pensando e preparando altre azioni ma non ci piace parlarne prima di renderle pubbliche. Quello che possiamo dire è che la realtà che ci circonda è il tema principale del gruppo. Molti vorrebbero unirsi a noi ma la mancanza di denaro e di tempo non glielo permette; però prima di partire ci consegnano medicine, giocattoli, denaro, tutto ciò che possono per contribuire. Partiamo in pochi ma portiamo i sentimenti di molti.

Molti dei paesi da voi visitati non sono famosi per le loro band punk. Ti è rimasto impresso qualcuno dei vostri live per la risposta locale?
Ricordiamo molto bene quasi tutti i posti dove abbiamo suonato e credo che la piazza di San Salvador alla fine della Campagna elettorale del FMLN e' un ricordo indelebile nella storia della Banda Bassotti. Lo stesso possiamo dire di BELLA CIAO al Fuji Rock Festival in Giappone. O il 9 maggio 2015 ad Alchevsk, in Donbass alla Parata del Giorno della Vittoria, così come HITZ EGIN, il concerto ad Oiartzun, nei Paesi Baschi. Migliaia e migliaia di persone contro la censura. Sono anni di luoghi e musica dove la risposta è stata enorme e dove abbiamo lasciato un pezzo di cuore.

Da arma di distrazione di massa a mezzo di disinformazione, internet ha cambiato radicalmente il mercato discografico. Nemico o risorsa?
Siamo sempre stati interessati ad internet. Ricordiamo spesso tra noi un concerto a Buenos Aires in un locale strapieno. Impossibile quasi respirare, caldo terribile e tutto il pubblico che cantava. Considerando che in Argentina abbiamo venduto pochissimi dischi, il merito è tutto di internet. Scaricare gratuitamente su mille siti i nostri dischi è una ricchezza. Poi certo, Internet diventa lo strumento preferito anche per la mala informacion, che trasforma la Rete da opportunità a nemico.

30 anni fa il ’77, anno simbolo per il punk ma anche per la storia della sinistra. Cosa rimane di entrambe e cosa vorreste vedere di diverso nelle nuove generazioni?
Nessuno dei due ambiti gode di salute eccellente. Il tempo usura e allora tu cerchi in qualche modo di confermare quello che sei e cosa proponi nel campo musicale Non riusciamo nemmeno ad immaginare una musica che non sia incentrata sulla vita di milioni di esseri umani in lotta contro il pensiero unico e l’impero militare d’occidente. E, sinceramente, ci auguriamo che nel mondo musicale i molti gruppi che affrontano temi politici e culturali per così dire impegnati, siano sempre più coerenti e solidali con ciò che li circonda. Così da fare della cultura e della musica una barricata per il futuro delle nuove generazioni.




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