di Ilvio Pannullo

Un tempo si diceva che se l'economia americana starnutiva il resto del mondo aveva il raffreddore. Purtroppo per noi l'attuale situazione negli States assomiglia più ad un febbre virale che ad un raffreddore e, questo, nonostante tutte le istituzioni finanziarie, americane ed europee, facciano a gara per diffondere, il più possibile, l'idea che tutto vada bene e che la crisi sia già passata. Nella sola giornata di ieri le borse asiatiche hanno infatti registrato pesantissime perdite per la paura di un recessione negli Usa. Non convince i mercati il piano da 140 miliardi di aiuti fiscali presentato dal presidente americano George W. Bush e si teme anche una nuova ondata della crisi dei mutui subprime. Tokyo è sceso ai minimi da due anni e l'indice Nikkei ha perso il 3,86% a 13.325,94 punti. Giù tecnologici e bancari. La borsa di Shangai è crollata di oltre il 5%. Arretrata quasi del 5% anche Hong Kong, mentre Taiwan ha perso lo 0,9% e Seul ha ceduto il 2,6%. In India l'indice BSE di Mumbai, se possibile, va anche peggio chiudendo in perdita del 7,13% a 17.657,37 punti, trainato al ribasso da Reliance Industries e Icici Bank, registrando un -15 % da inizio anno. Trascinati dalle borse asiatiche, affondano anche gli indici continentali: così Parigi, alle ore 13, cede il 6,8%, Francoforte il 7,2%, Londra il 5%, Madrid il 7% e Zurigo il -5,2%. Fallito il tentativo di resistenza di Milano, con il Mibtel e l'S&P Mib in rosso del 5 per cento. Come venerdì scorso in Europa sono nella bufera soprattutto le assicurazioni (-7,6% l'indice di settore eurostoxx), ma anche le banche (-6,5%) e le costruzioni (5,7%). Le Borse americane, per contro, sono rimaste chiuse per la festività della nascita di Martin Luther King. I settori sono tutti marcatamente in rosso.

E' da lunedì 19 novembre 2007, giorno in cui, a causa di un ritorno della paura per la crisi dei mutui subprime, i mercati finanziari europei persero 187 miliardi di euro, che la fanatica gestione dell'economia americana genera oscillazioni nei mercati oramai assomiglianti sempre di più a vere e proprie correzioni strutturali. Il giorno successivo, il 20 novembre, le perdite di Swiss Re aprirono, poi, un nuovo e temibile scenario: la diffusione della crisi dei mutui subprime anche nel settore assicurativo.

Il peggio deve ancora venire. Se, infatti, si può essere d'accordo con Steven Wieting, economista di Citygroup, quando sostiene nel report "Globaliser", che la recessione Usa è già cominciata e che occorre solo prenderne atto senza indulgere in considerazioni accademiche; meno lo si può essere quando, riferendosi alla sicura recessione, aggiunge che “...sarà più probabilmente leggera e prolungata che rapida e profonda”. Per comprendere il quadro generale, non serve, infatti, avere una laurea in Economica alla Bocconi, ma basta semplicemente usare il proprio cervello (e non quello altrui) e soprattutto avere tutte le informazioni (ovviamente non quelle dei giornali e della televisione).

Per molti anni le banche centrali (Fed, Bce, Bank of England etc...) hanno tenuto artificialmente bassi i tassi di sconto e cioè il costo del denaro. Tassi estremamente bassi hanno, da una parte, indotto milioni di persone, in Europa ma in particolar modo negli states, ad indebitarsi nei confronti delle banche, ad esempio per acquistare una casa; dall’altra hanno permesso a centinaia di migliaia di aziende di investire nella propria attività. Di punto in bianco - nel giro di pochissimi mesi – le banche centrali hanno iniziato - lentamente ma inesorabilmente - ad alzare i tassi di sconto, sostenendo le loro decisioni unilaterali da motivazioni macroeconomiche contingenti.

Tutti hanno assistito impotenti ai rialzi alternati dei tassi di sconto della Fed e della Bce, in un gioco al rialzo pericoloso e assai criminale. La comprensione per tutti si è avuta quando la rata del mutuo è diventata così alta da non riuscire più a sostenerla. La crisi è stata, dunque, causata dal sempre crescente numero di insolvenze; insolvenze causate a loro volta dall'aumento del costo del denaro deciso dalle stesse Banche Centrali.

Nei mesi passati Bernanke, il capo della Federal Reserve, (la banca centrale statunitense ndr), e Paulson, il capo del Dipartimento del Tesoro Usa, hanno messo in piedi alcune strategie fallimentari: prima hanno cercato di salvare i bilanci delle grandi banche di investimento prospettando la creazione del cosiddetto “super Siv”, uno strumento creato apposta per scaricare su di esso un gran numero di mutui che stavano in conto alle banche.

Poi, dopo che il piano Siv non è riuscito, ha proposto un congelamento dei tassi di interesse per le rate dei mutui dei cittadini a rischio di insolvenza. Come era prevedibile, anche questo progetto è stato abbandonato perché dei 3,5 milioni di proprietari immobiliari a rischio fallimento solo 140 mila sarebbero stati temporaneamente salvati.

Paulson non si è dimostrato all’altezza dei suoi compiti, esattamente come il capo della Fed, Bernanke, la cui ultima mossa a favore della ripresa economica strozzata da problemi di disponibilità di credito che non si vedevano da decenni, è stata il misero taglio dei tassi di soli tre quarti di punto. Pare che Bernanke stia facendo del suo meglio nel seguire il consiglio di Lenin: “Il miglior modo per distruggere il capitalismo è svalutare la sua moneta”. Il dollaro è infatti in caduta libera a causa della politica monetaria seguita dalla Fed, che non sa più come tenere a galla un'economia irreale come quella americana.

La decisione della Fed e di altre banche centrali di aggiungere liquidità nel sistema per abbassare il tasso Libor - cioè il tasso a cui le banche si prestano denaro tra di loro - che è a livelli pericolosamente alti, è stato solo poco più che un piccolo regalo alle banche in difficoltà. Inoltre le banche che approfitteranno del regalo avranno la facoltà di chiedere l’anonimato, per evitare che si diffonda il panico tra i risparmiatori. Dopo queste audizioni comunque il tasso è rimasto pressoché ai livelli precedenti indicando quanta paura hanno le banche nel farsi vicendevolmente dei prestiti, preferendo accumulare liquidità per far fronte all’emergere delle loro prossime gravi perdite legate al tracollo dei mutui.
Questa, infatti, è la grande paura che serpeggia segretamente nei mercati tra gli operatori: il fallimento di una grande banca.

Nel settore bancario l'aria che si respira ricorda quella in tempo di carestia: tutti temono per la propria sopravvivenza ed ogni occasione è buona per pensare a rinfoltire il frigo prima che in giro non si trovi più nulla. Nessuno, infatti, si fida di nessuno e le eventuali agevolazioni garantite dai banchieri centrali vengono viste solo come occasioni per rafforzare la propria stabilità patrimoniale.

Dopo il caso della inglese Nothern Rock, negli ambienti finanziari c'è infatti paura che il giochino si possa rompere, mostrando tutte le falle del sistema che, chi lavora in questo ambiente, conosce molto bene. Tutti noi, infatti, ricordiamo l'immagine di quelle centinaia e centinaia di persone in fila davanti alle filiali della Nothern Rock, la banca inglese specializzata in mutui. Era il 17 novembre, poco dopo il crollo di Wall Street legato alla crisi dei mutui sub-prime, e gli sportelli della banca inglese, aperti in via eccezionale un'ora prima, furono presi d'assalto da migliaia di persone decise a ritirare i propri soldi. Il titolo della banca che il venerdì precedente aveva perso il 32%, quel giorno perse un ulteriore 33% alla Borsa di Londra.

A scuola ci avevano insegnato che il mercato avrebbe, in autonomia, trovato una sua stabilità, incrociando domanda ed offerta attraverso l'azione di una “mano invisibile”. Tanto invisibile era questa mano che non si è vista e continua a non vedersi. Se, infatti, allora non fosse intervenuta la mano pubblica, la cui consistenza è garantita dalla reale tassazione che lo Stato impone ai propri cittadini, l'intera Borsa di Londra sarebbe collassata. E' utile sottolineare che è stato l'intervento pubblico a salvare dall'insolvenza la banca inglese risparmiando all'Inghilterra milioni di disoccupati e garantendo la salvezza del mercato del risparmio. Quell'intervento pubblico che nei manuali liberisti è visto come la peggiore delle sciagure.

E' ovvio che qualcosa non abbia funzionato, così come è chiaro che qualcosa continui ancora a non funzionare. Questi signori della finanza, infatti, ci devono ancora spiegare il perchè se salta una banca deve necessariamente intervenire lo Stato, ma se a saltare sono 10 milioni di posti di lavoro nulla deve accadere perchè, dopotutto, ci penserà il mercato. Per queste persone una cosa, infatti, è l'Argentina con i suoi poveri cittadini di serie B, altra cosa è la City di Londra, il cuore dell'impero. Fino a quando ci sarà qualcun altro a pagare per i loro errori, tutto proseguirà nell’allegria delll'impunità.


Pin It

Altrenotizie.org - testata giornalistica registrata presso il Tribunale civile di Roma. Autorizzazione n.476 del 13/12/2006.
Direttore responsabile: Fabrizio Casari - f.casari@altrenotizie.org
Web Master Alessandro Iacuelli
Progetto e realizzazione testata Sergio Carravetta - chef@lagrille.net
Tutti gli articoli sono sotto licenza Creative Commons, pertanto posso essere riportati a condizione di citare l'autore e la fonte.
Privacy Policy | Cookie Policy