di Luca Maio

In questi giorni altalenanti di “Follia Pura” nei mercati internazionali, e in special modo in quello italiano, la Lybian Investment Authority , la Central Bank of Lybia e la Lybian Foreign Bank hanno acquistato sulla piazza milanese, il 16 ottobre 2008, una quota aggiuntiva dell’UniCredit, arrivando al 4,9 per cento del capitale sociale e “piazzandosi” in seconda posizione alle spalle della Fondazione Cariverona con il 5,08 per cento. Le opportunità economiche che gli arabi si sono “conquistate”, erano state smentite, il giorno prima dell’“arrembaggio libico”, e “paventate nel panico” dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che, nel corso della conferenza stampa, aveva affermato i rischi di opa ostili sulle aziende italiane da parte degli stranieri, in modo particolare dagli arabi, aggiungendo che sia la Consob che il Tesoro avrebbero studiato delle contro-misure per scoraggiare tali operazioni. L´allarme, semmai, potrebbe essere servito a confondere le acque e a preparare il campo a ciò che è successo, in queste giornate poco esaltanti dei nostri mercati azionari. L’attuale maggioranza del Pdl è stata eletta grazie alla paura dello straniero e ai sentimenti d’insicurezza dei cittadini, e quindi è stato necessario intorbidire le acque. Per il premier è stato un “gioco da ragazzi”, poiché è veramente in gamba a saper interpretare molti ruoli. La sua uscita è servita a coprire una manovra del tutto opposta: ovvero puntellare i grandi gruppi italiani in difficoltà con partecipazioni di minoranza da parte dei fondi sovrani arabi, considerati più affidabili e più moderati nelle pretese dei concorrenti europei o degli asiatici. Comunque l’operazione dei libici è avvenuta nei giorni antecedenti il 16 ottobre 2008, sia in maniera diretta, “conquistando” quote azionare UniCredit che attraverso altre istituzioni da essa controllate.

Gli istituti di credito libici sono pervenuti ad un accordo di partecipazione, all'aumento di capitale dell’istituto creditizio italiano, attraverso il bond convertibile (cashes) fino a un potenziale ammontare di 500 milioni di euro. Questo è servito per partecipare al consorzio di garanzia del prestito obbligazionario convertibile da 3 miliardi di euro, il quale fa parte del piano di ricapitalizzazione da 6,6 miliardi totali varato nel cda straordinario di domenica 5 ottobre 2008. “Siamo azionisti di lungo termine e nella banca vediamo solide opportunità industriali” si sono affrettati a chiarire, con una nota diffusa a mercati chiusi, Central Bank of Lybia, Lybian Investment Authority e Lybian Foreign Bank.

I libici, investitori presenti in Italia da almeno trent’anni, possedevano una quota inferiore al 5 per cento circa detenuto nella ex Banca di Roma; poi sono saliti, nel 2003, fino a raggiungere la quota del 5 per cento nel capitale dell'Istituto Romano. Dopo la fusione tra Capitalia e UniCredit di un anno fà, la quota libica si diluì fino allo 0,9 per cento circa. Nei giorni, nei quali si è varato il cda straordinario UniCredit, Roberto Nicastro, uno dei tre deputy ceo dell’ istituto creditizio, ha contattato gli investitori libici per verificare se erano disposti a investire nel gruppo. Il segnale verde all’operazione è stato effettuato anche grazie ai legami strettissimi che Nicastro, come Profumo, possiede con i fondi sovrani del Paese guidato da Gheddafi.

Naturalmente la Consob stava monitorando da alcune settimane alcune anomalie sull'andamento del titolo in questione e vorrà capire se tutte le regole di comunicazione e di rispetto al mercato sono state rispettate oppure sono state falsate. Pare - così da più parti affermano - che il Governo Italiano fosse totalmente all'oscuro dell'operazione, tanto che non risulta che il ministro, né la stessa amministrazione governativa siano stati avvisati dell'ingresso dei fondi di Gheddafi nel capitale di UniCredit; altre voci dicono invece che il nostro Governo sia stato informato di questa manovra solo a “lavoro” concluso. L’unica cosa certa è che Profumo, il 16 ottobre 2008, ha informato personalmente il Governatore della Banca d'Italia Mario Draghi. Pochi giorni fa, 22 ottobre 2008, il consiglio di amministrazione di UniCredit, ha preso atto del rafforzamento dei soci libici nel capitale sociale ed ha avviato la discussione per un loro rappresentante nel consiglio di amministrazione.

Tale ingresso dovrebbe arrivare con l'assemblea di novembre, ma pare che non sarebbe invece stata affrontato il tema del posto di peso, ossia una vicepresidenza, che in teoria dovrebbe aspettare ai libici. Questo sarà solo l’inizio di una “campagna acquisti” da parte dei fondi libici, iniziata nella Fiat - la prima volta nel '76 (ne uscì 10 anni dopo), la seconda nel 2002 (scese sotto il 2% nell'agosto 2006) - poi nella Juventus, in Tamoil, in Banca di Roma, quindi in Eni e in Telecom. Sarà interessante vedere se cresceranno le loro quote anche in queste società, poiché i soci arabi potrebbero giocare un ruolo difensivo in caso di attacco da parte di banche straniere. Lo lasciano presagire le relazioni ottimali tra che vi sono tra Roma e Tripoli.






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