di Ilvio Pannullo

Dopo la Microsoft è toccato alla Intel comprendere che aria tira nella vecchia Europa quando si parla di libera concorrenza. La Commissione Europea ha infatti deciso di infliggere al colosso dei microprocessori una gigantesca multa da 1,06 miliardi di euro per abuso di posizione dominante e pratiche anticoncorrenziali illegali. In ambito europeo si tratta della più grande singola multa mai comminata ad un’azienda. Insomma una sonora legnata sui denti, se si unisce all’ingente importo sottratto ai dividendi della multinazionale anche l’obbligo di modificare drasticamente le pratiche commerciali sino ad ora tenute. La Commissione ha inoltre assicurato che vigilerà sull'ottemperanza di questa decisione. "Per tutto il periodo ottobre 2002-2007 - si legge nel comunicato diffuso a Bruxelles - Intel ha avuto una posizione dominante nel mercato mondiale dei CPU (microprocessori) x86, per almeno il 70% della quota di mercato". Bruxelles ricorda che il mercato mondiale di questi microprocessori rappresenta circa 22 miliardi di euro l'anno e la quota europea è di circa il 30% del totale. Ma non basta. "La Commissione - prosegue la nota - ha ritenuto che l'Intel abbia fatto ricorso a due specifiche forme di pratiche illegali. Intel ha dato sconti integralmente o parzialmente occulti a fabbricanti di computer, a condizione che acquistassero la totalità o la quasi totalità dei processori x86 di cui avevano bisogno". Inoltre, si legge ancora nel comunicato, il gigante americano dei chip ''ha effettuato pagamenti diretti in favore di un grande distributore a condizione che questo vendesse esclusivamente computer dotati di processori x86. Questi sconti e pagamenti hanno effettivamente impedito ai clienti - e in fin dei conti ai consumatori - di rivolgersi a prodotti alternativi". Inoltre, "Intel ha effettuato pagamenti diretti a favore di fabbricanti di computer allo scopo di arrestare o ritardare il lancio di prodotti specifici contenenti processori di tipo x86 dei concorrenti e di limitare i circuiti di vendita utilizzati da questo prodotti".

La Commissione cita tra i fabbricanti di computer coinvolti Acer, Dell, Hp, Lenovo e Nec. Il distributore di cui si parla al primo punto, invece, è Media Saturn Holding, proprietario della catena MediaMarket (in Italia MediaWorld). In questo contesto, è scritto ancora nella nota ufficiale, "la Commissione ha ritenuto che tali pratiche costituiscano, da parte di Intel, abuso di posizione dominante nel mercato dei processori x86, che hanno danneggiato i consumatori in tutto lo Spazio economico europeo". Secondo Bruxelles, "riducendo la capacità dei concorrenti di fare concorrenza attraverso la qualità intrinseca dei loro prodotti, le azioni di Intel hanno minato la concorrenza e l'innovazione".

L'Europa ha insomma pienamente accolto le argomentazioni di AMD, da cui partirono le indagini degli ufficiali nell'ormai lontano 2001. "Intel - ha commentato il commissario alla Concorrenza Neelie Kroes - ha danneggiato milioni di consumatori europei agendo deliberatamente per tenere i concorrenti fuori dal mercato dei processori da computer per molti anni. Un'infrazione così grave e così sostenuta nel tempo delle regole antitrust Ue non può essere tollerata". Come si poteva facilmente prevedere e come, in effetti, era già stato previsto, la Commissione non ha avuto tentennamenti. Dura era d'altronde stata già la risposta nei confronti della precedente richiesta del chipmaker di avere più tempo per rispondere alle obiezioni europee, richiesta poi rifiutata.

Nella sua prima dichiarazione ufficiale seguita alla sentenza antitrust - scrive Alfonso Maruccia di Punto Informatico - il presidente della divisione EMEA di AMD, Giuliano Meroni, sostiene che "la decisione odierna della Commissione Europea contribuirà a creare un nuovo equilibrio, diminuendo il potere di mercato di un'impresa che abusa della propria posizione dominante a favore dei produttori di computer, dei rivenditori e degli utenti finali". Rincara la dose il CEO Dirk Meyer: "La decisione di oggi rappresenta un passo importante nella creazione di un vero mercato competitivo. AMD è sempre stata un leader nell'innovazione tecnologica e finalmente potremmo passare da un mondo regolato da Intel ad uno regolato dai consumatori".

Sulla sentenza si è pronunciato anche il CEO di Intel, Paul Otellini, che in precedenza aveva preferito non commentare i rumors da tempo circolanti sulla questione: "Intel non condivide assolutamente questa decisione" dice schietto Otellini nella dichiarazione inviata a Punto Informatico, definendo la posizione di Bruxelles sbagliata e inappropriata alla "realtà di un mercato dei microprocessori altamente competitivo - caratterizzato da costante innovazione, performance crescenti e prezzi in calo".

Ovviamente Intel ricorrerà in appello, conferma Otellini, perché ritiene che la sua attività "non abbia violato le leggi europee", che i consumatori non siano stati affatto danneggiati e che la Direzione Generale per la Concorrenza della Commissione Europea abbia ignorato o non abbia voluto acquisire prove significative che avrebbero contraddetto la sua decisione. Per loro ovviamente era tutto regolare e la loro onnipresenza nel settore era da considerarsi solo come la prova della loro straordinaria abilità nel costruire processori ultra performanti ed ultra economici. Non si capisce se sia necessario un bagno di umiltà o forse solo un minimo di pudore, ma si sa, un amministratore delegato risponde solo ai comandi e alle necessità dei suoi azionisti. Non serve nient’altro.

E se Intel rischia grosso in Europa, per Microsoft ancora non si sono chiusi i giochi: la decisione sulla presunta posizione monopolistica della creatura di Bill Gates nel mercato del browser web è attesa per il 3-5 giugno e, tra i punti trattati dalla risposta dell'azienda alle accuse della Commissione, c'è la dubbia legalità di un'eventuale obbligo a fornire un software di rete "alternativo" a Internet Explorer preinstallato in Windows. Un problema analogo a quello relativo all’affaire Window Media Player, già costato all’azienda 497 milioni di euro nel 2004 (poi saliti a 1,2 miliardi nel corso degli anni). Par di capire, dunque, che non vi sia nulla di buono all’orizzonte per Redmond. Una simile scelta, tuttavia, a detta di Microsoft potrebbe non già sanzionare, bensì favorire, posizioni monopolistiche nel settore, giacché due dei suoi principali competitor, Opera e Mozilla, hanno già stretto accordi con Google per la scelta del motore di ricerca di default del browser.

Come già riportato da Punto Informatico la situazione potrebbe ulteriormente peggiorare, come puntualizzato da Microsoft all'Europa, se Google stringesse accordi con i produttori OEM (i produttori di personal computer ndr) come si prevede possa fare in qualsiasi momento. Microsoft, essendo rimasta scottata dalla super multa cui è stata condannata, chiede insomma alla Commissione di posare il suo sguardo anche su quello che combina Mountain View, che già nelle parole di Ballmer era stato definito un” gigante inarrivabile nel business di rete”, il cui aumento di market share non potrebbe certo non impattare sul libero mercato.

D'altronde Google è un "osservato speciale" al di là dell'oceano e la FTC (Federal Trade Commission ndr) già indaga sui legami tra Apple e Google e la relativa compresenza di Eric Schmidt nei consigli di amministrazione delle due aziende. Dopo un lavoro tanto ammirevole e portato a termine con tanta tenacia, è inevitabile aspettarsi una puntatina della Direzione Generale per la Concorrenza della Commissione Europea anche negli uffici del Googleplex. La legge è tale infatti, solo se è uguale per tutti.

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