di Sara Seganti

José Graziano da Silva è il nuovo direttore generale della Fao, eletto con 92 voti su 180, dopo 17 anni di ininterrotta presidenza di Jacques Diouf. La Fao elegge al vertice un brasiliano di grande esperienza nel campo della sicurezza alimentare e della lotta alla fame: di formazione agronomo ed economista, Graziano era sostenuto da tutti in paesi in via di sviluppo, in uno scontro di potere con il vecchio continente che, questa volta, ha perso la partita.

Graziano da Silva è la mente che, dal 2001, coordina l’innovativo programma “Fome Zero” (“Zero Fame”) con l’obiettivo di concretizzare la promessa fatta dall’ex Presidente del Brasile, Lula da Silva, nella sua prima campagna elettorale: tre pasti al giorno per ogni brasiliano. “Fome Zero” ha contribuito, in 5 anni, a far uscire dalla povertà estrema circa 24 milioni di brasiliani e a ridurre la malnutrizione del 25%. In seguito a questo successo, Graziano è stato nominato Ministro straordinario per la sicurezza alimentare e la lotta alla fame dall’allora governo Lula.

L’approccio olistico e innovativo del programma conteneva l’apertura alla partecipazione della società civile nella definizione delle politiche da adottare. Graziano ha dato centralità al ruolo delle donne, puntando su microcredito e incentivi per la piccola agricoltura, collegamento dei piccoli agricoltori ai mercati locali, programmi di sostegno, rafforzamento delle reti sociali e educazione alimentare.

Forte di questa esperienza, nel 2006 Graziano fu nominato rappresentante regionale Fao per l’America Latina, i Caraibi e Assistente del Direttore Generale, maturando un’esperienza interna alla Fao che gli ha permesso di individuare la direzione in cui riformare l’istituzione.

Il suo programma per la presidenza, quindi, si può riassumere in 5 pilastri: sradicare la fame e malnutrizione, promuovere la sostenibilità della produzione e del consumo di alimenti, concordare le regole per una maggiore correttezza della gestione del cibo, concludere la riforma della Fao verso la decentralizzazione, e aumentare la collaborazioni con altri enti e la cooperazione sud-sud, a livello economico, ma soprattutto a livello di conoscenze ed expertise.

Questi 5 pilastri segnano un netto cambio di rotta rispetto alle attuali politiche Fao e al recente G20 dei ministri dell’agricoltura, fortemente voluto dalla Francia di Sarkozy per affrontare la volatilità dei prezzi delle materie prime agricole, all’origine dello scivolamento di milioni di persone sotto la soglia di povertà.

Dopo anni di allarmi rimasti inascoltati sui rialzi eccessivi dei prezzi delle materie prime alimentari, solo in minima parte riconducibili all’aumento della domanda di cibo da parte di una popolazione mondiale in continua crescita, Graziano arriva alla presidenza Fao in un momento in cui le maggiori economie del mondo sono tornate a discutere di fame e povertà estrema.

Negli ultimi dieci anni, i prezzi dei generi alimentari di base non hanno fatto che crescere, con un picco nel 2007-2008, e poi ancora quest’anno, contribuendo ad accelerare le rivolte e le proteste contro i governi nord-africani, per citare un esempio tra i molti. Secondo l’ultimo rapporto Fao, il prezzo per un paniere di generi alimentari di base è aumentato dall’anno scorso del 37%, aumenti che si assesteranno su una media del 20% nei prossimi dieci anni. Questo vuol dire che la crescita dei prezzi dei beni alimentari diventerà la norma e, come sempre, a pagarne le peggiori conseguenze saranno i più poveri, coloro che destinano fino al 90% del loro reddito per nutrirsi.

La comunità internazionale è concorde nel dire che le prospettive non più sostenibili, ma le soluzioni adottate non sono, ad ora, che il riflesso di uno scontro tra interessi nazionali. Infatti, questo inedito G20 alimentare ha prodotto un accordo su 5 punti di dubbia efficacia, in cui si fa riferimento a una serie di azioni, non vincolanti, destinate a non incidere sulle cause, molteplici e complesse, della crisi alimentare.

Cosa propongono i ministri dell’agricoltura del G20? E’ stato trovato accordo sulla necessità di favorire la produttività grazie ai trasferimenti di tecnologie nord-sud e di creare una banca dati internazionale, gestita dalla Fao ma senza finanziamenti ad-hoc, per limitare le speculazioni sui generi alimentari agendo sulla trasparenza delle informazioni sulla produzione e sugli stock delle materie prime agricole.

Tutto ciò senza però impegnarsi verso una vera e propria regolamentazione dei mercati finanziari, come avrebbe voluto la Francia e contro cui l’Inghilterra, con la sua tradizionale propensione finanziaria, si è strenuamente battuta. Il testo si limita a sancire dei limiti di volumi che un operatore può scambiare sul mercato, senza incidere sulla generale anarchia della compravendita di derivati finanziari legati alle materie prime.

L’accordo prevede anche un maggiore “coordinamento della politica internazionale” per evitare che si verifichino ancora casi come quello avvenuto in Russia l’anno scorso. Nell’agosto 2010, Mosca prese la decisione unilaterale di adottare una moratoria di sei mesi sulle sue esportazioni di cereali, sostenendo che era necessario per la sicurezza alimentare nazionale, provocando un drammatico aumento del prezzo del grano sul mercato internazionale. Un altro punto riguarda la Banca Mondiale e la facilitazione dell'accesso al credito, attraverso un pacchetto di misure per agevolare i finanziamenti destinati ai paesi più vulnerabili.

Complessivamente, sono misure blande di fronte all’urgenza del problema. Riconoscere la necessità di rendere maggiormente trasparente il mercato finanziario, condividere le informazioni sulle scorte disponibili, agevolare gli aiuti per i paesi in difficoltà senza produrre un quadro di regole vincolanti è il minimo che poteva uscire da una riunione di questo tipo.

Cosa si poteva fare di più? Occorre chiarire innanzitutto che se l’aumento della popolazione, e di conseguenza della domanda alimentare, è sicuramente parte della corsa al rialzo dei prezzi, non ne è la causa principale, dato che è nelle nostre possibilità produrre alimenti a sufficienza per tutti.

Le questioni spinose da affrontare, invece, sembrano essere la speculazione finanziaria, i cambiamenti climatici e i biocarburanti. Dal 2003, gli Stati Uniti hanno deregolamentato il mercato dei generi alimentari generando un forte aumento di capitali investiti. Dal 2003 al 2008, gli investimenti nei fondi legati alle materie prime alimentari sono aumentati da 13 miliardi di dollari a 317 miliardi.

La speculazione alimentare è altamente redditizia, si tratta di un “piccolo mercato” relativamente facile da turbare, in grado di garantire una certa stabilità di profitti al contrario del mercato immobiliare, vista la recente bolla speculativa. Per di più, è un business in grado di generare un potere di scambio concreto: la politica è molto sensibile alle condizioni alimentari delle proprie popolazioni. Ormai si scambiano derivati di materie prime alimentari in misura molto maggiore rispetto alla loro reale quantità esistente sul mercato, mettendo a rischio la stabilità dei prezzi alimentari.

Sugli altri fattori implicati nel rialzo dei prezzi, il surriscaldamento climatico e l’aumento della produzione di biocarburanti, il G20 non ha saputo dire praticamente nulla. Stanno uscendo ora i primi studi che dimostrano le conseguenze negative del riscaldamento globale sull’agricoltura e la comunità internazionale ha di recente discusso alcune misure sui biocarburanti. Queste forme di energie rinnovabili, infatti, godono di forti incentivi che rendono molto conveniente sottrarre la terra alla produzione alimentare, per destinarla alla produzione di energia “verde”. Guarda caso Stati Uniti e Brasile, i maggiori produttori di biocarubranti, non hanno voluto accettare alcuna limitazione a riguardo.

A questo proposito, sembra di buon auspicio la dichiarazione di Graziano, brasiliano, che sostiene che “i biocarburanti sono buoni solo se non competono con la produzione di cibo, altrimenti diventano cattivi”. Così com’è particolarmente significativa l’importanza data nel suo programma alla sostenibilità della pesca e alla salute dei mari, tema non molto dibattuto ancora, ma di vitale importanza per la sicurezza alimentare.

Se il G20 ha, in sostanza, mancato l’obiettivo di affermare che ulteriori giochi speculativi sulle materie prime alimentari non sarebbero stati più tollerati, con l’elezione di Graziano al vertice Fao è lecito sperare che la questione ritorni presto d’attualità.

 

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