di Carlo Musilli

Il grande medico dell'economia mondiale si è sbagliato: ha sottovalutato gli effetti collaterali delle medicine che ha prescritto. Ora, mentre il suo paziente agonizza, non può far altro che ammettere l'errore. Ma anche di fronte al disastro, sceglie comunque di proseguire con la stessa cura. Il sanitario in questione è l'Fmi. Il malato è la Grecia.

Come ampiamente sottolineato di recente dalla stampa greca (non da quella europea), Olivier Blanchard, direttore del settore ricerche del Fondo Monetario Internazionale, ha ammesso che le previsioni dell'istituzione sugli effetti dell'austerity erano sbagliate. E non di poco. I grandi tecnici del Fondo avevano stimato che ogni punto di spesa pubblica tagliato avrebbe prodotto una contrazione del Pil pari allo 0,5%. Purtroppo per i greci, proprio sulla base di questo calcolo sbagliato sono stati allestiti i piani d'austrità imposti ad Atene.

Peccato che nell'economia reale, fuori dagli asettici uffici degli economisti, le cose siano andate diversamente. Il moltiplicatore esatto si è rivelato ben più alto, oscillando fra lo 0,9 e l'1,7%. Questo significa che gli effetti negativi sulle attività e sulle vite dei greci sono stati fra le due e le tre volte superiori al previsto.

Come ampiamente prevedibile, né il buon Blanchard né gli altri illustri esponenti del Fondo hanno avuto il buon gusto di scusarsi per l'errore marchiano. Anzi, hanno addirittura avanzato nuove pretese, prospettando un futuro insostenibile per la Grecia e bacchettando l'Europa.

Dopo aver dato il via libera mercoledì scorso alla propria quota della nuova tranche di aiuti in favore di Atene (3,2 miliardi di euro, ma l'esborso complessivo da qui al 2016 sarà di 28 miliardi), l'Fmi ha lanciato l'ennesimo allarme. Poul Thomsen, rappresentante del Fondo all'interno della Troika (che comprende anche esponenti della Bce e della Commissione europea) si è prodotto in una sentenza sena appello: il debito greco "non è sostenibile" senza "trasferimenti diretti nel budget da parte della Ue. Abbiamo rilevato un buco nei conti. E' fondamentale che gli europei lo sappiano, perché dovranno riempirlo".

Vale a dire: non contate più su di noi. Anche perché, all'interno dell'Fmi, i Paesi emergenti fanno pressing per una riduzione dell'impegno nei confronti dell'Europa. "C'è un gap, in base alle nostre proiezioni preliminari per il 2015-2016", ha detto ancora Thomsen, precisando che la somma da reperire si aggira intorno ai "9,5 miliardi di euro".

Come se la passano intanto gli sventurati greci? Quanto ha pesato sulla vita delle persone quello strafalcione nei calcoli del Fondo? Dopo il massacro d'austerità imposto dai creditori, i lavoratori non hanno alcuna speranza che la loro economia possa tornare a crescere. Il prodotto interno lordo ellenico è calato del 7,2% nel terzo trimestre, dopo il -6,3% registrato fra aprile e giugno. La recessione - che dura da 5 anni - sta quindi accelerando.

Ma, al di là dei conti, per un quadro abbastanza significativo della situazione è sufficiente citare quello che negli ultimi giorni sta accadendo in città come Atene, Salonicco e Patrasso, avvolte in una surreale nube di fumo.

Parlare di smog è improprio: non c'entrano la benzina, le auto, i tubi di scappamento. La storia ha dell'incredibile: il cielo ellenico è sempre più inquinato perché le persone non hanno più i soldi per pagare il riscaldamento e devono tornare al metodo antico, la cara vecchia combustione. Nel migliore dei casi si brucia il legno, ma - visto che il mercato è crudele - di recente il suo prezzo è raddoppiato (il Wall Street Journal ha documentato il caso di vari parchi pubblici presi d'assalto e semi-disboscati per ricavarne i ceppi da ardere in salotto).

Stufe e caminetti vengono riempiti spesso con oggetti di tutti i giorni, compresi quelli di plastica, che naturalmente creano un'insopportabile nube tossica. In tutto, circa 500 mila famiglie sono rimaste anche senza elettricità, perché la bolletta da pagare era diventata troppo cara per le loro tasche. Chissà se all'Fmi ci avevano pensato.




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