di Carlo Musilli

Il mirino dei mercati punta su Lisbona e la tensione finanziaria sale in tutta la periferia d’Europa. Ieri lo spread italiano è tornato per qualche minuto sopra la soglia psicologica dei 300 punti base e Piazza Affari, dopo un avvio positivo, ha chiuso in ribasso di oltre un punto e mezzo, il secondo peggior calo fra le principali Borse europee dopo quello di Madrid (-2,32%). A incidere non sono state solo le difficoltà politiche nostrane, ma anche (e soprattutto) quelle del Portogallo.

La crisi di governo che si è aperta nel Paese iberico alimenta la possibilità che il piano di salvataggio siglato con i creditori internazionali possa essere rinegoziato, come chiede Antonio José Seguro, leader dell’opposizione socialista. La sola ipotesi, naturalmente, fa la gioia degli speculatori, che ad agosto potrebbero allestire un nuovo attacco ai membri periferici dell’unione valutaria. Il grido di battaglia è sempre lo stesso: “Rischio contagio!”. 

Ma cosa sta accadendo di tanto preoccupante in quel di Lisbona? Com’è ovvio, ai mercati non interessano affatto i disastri prodotti dall’austerity. Al contrario, tutta l’attenzione degli investitori si concentra sulla possibilità che il Portogallo venga meno ai patti siglati con la Troika per ottenere gli aiuti internazionali. 

Lunedì i rappresentanti di Ue, Bce e Fmi dovrebbero tornare in terra portoghese per l'ottava missione di revisione, che ha il compito di valutare fino a che punto siano stati attuati i piani per la riduzione della spesa (i risparmi previsti per il prossimo biennio valgono 4,7 miliardi di euro). Il Governo portoghese ha però chiesto di rinviare l'esame a settembre "a causa dell'attuale situazione politica".

Da circa due settimane, infatti, il governo guidato da Pedro Passos Coelho cammina su un filo sottilissimo. Dopo giorni tribolati, l’Esecutivo sembrava aver trovato una faticosa quadra, eppure non è riuscito a convincere il presidente della Repubblica, Aníbal Cavaco Silva, che ha bloccato il piano per ricompattare il governo, invocando un nuovo accordo fra la coalizione di maggioranza e l'opposizione socialista. L’obiettivo è blindare le misure di austerità per uscire nel giugno 2014 dal programma di salvataggio e allo stesso tempo traghettare il Paese verso nuove elezioni politiche.

L’appello del Presidente è rivolto ai tre partiti protagonisti dell'accordo con la Troika per ottenere il prestito di 78 miliardi. Nel 2011, quando era il governo, fu il partito socialista a chiedere gli aiuti internazionali. Gli impegni che ciò ha comportato sono poi stati rispettati dalla coalizione di centrodestra salita al potere dopo le elezioni anticipate del 2012.

Cavaco Silva ha chiarito che se non arriverà l’accordo "cercherà altre soluzioni", ma ha escluso di convocare nuove elezioni quest'anno, come invece vorrebbero il Partito socialista, gli altri gruppi d’opposizione e i sindacati. Il Presidente ritiene comunque ancora aperta la crisi politica iniziata ufficialmente la settimana scorsa, quando il ministro delle Finanze Vitor Gaspar si era dimesso in segno di dissenso con le misure di eccessivo rigore previste dal secondo piano anticrisi (il primo era stato bocciato dalla Corte costituzionale).

A stretto giro aveva dato forfait anche il ministro degli Esteri, Paulo Portas, il quale, essendo anche leader del Centro Democrático Social-Partido Popular, aveva minacciato di far cadere il governo. Venerdì scorso, tuttavia, Portas aveva trovato un nuovo accordo con il socialdemocratico Passos Coelho, ottenendo la nomina a vicepremier e ministro degli Affari finanziari. L'alleanza fra i due partiti di maggioranza, per quanto fragile, sembrava ristabilita, ma il Presidente della Repubblica ha rimesso tutto in discussione. 

A questo punto è possibile che il "governo di salvezza nazionale" chiesto dal Capo dello Stato veda effettivamente la luce. Il Premier si è detto pronto a trovare un accordo con i principali partiti del Paese per gestire il piano di salvataggio. Timide aperture sono arrivate anche da Portas e da Seguro.

Mentre le manovre politiche proseguono, tuttavia, il Portogallo è alle prese la più grave crisi economica dagli anni settanta e la tensione sociale è ormai alle stelle. L'austerity imposta da Bruxelles ha prodotto un aumento generalizzato delle tasse sui redditi e sui consumi, il calo delle retribuzioni nel pubblico impiego e il taglio alle spese per sanità e istruzione.

La recessione dura dal 2011 e il tasso di disoccupazione è al 18%, mentre fra i giovani raggiunge il 43%. In questo quadro non si può escludere che per risollevare le finanze pubbliche del Paese sia necessaria una soluzione simile a quella adottata in Grecia, ovvero una rinegoziazione del debito a discapito dei creditori privati. Ma a quel punto torneremmo a fare i conti ogni giorno con lo spettro più temuto dai mercati e più sfruttato dagli speculatori: il rischio contagio.

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