di Carlo Musilli

Mentre la bancarotta della Grecia si avvicina, l'unica vera novità arrivata negli ultimi giorni dal fronte Atene-Bruxelles è il depotenziamento di Yanis Varoufakis al tavolo dei negoziati. In termini giornalistici è una gran notizia, perché il soggetto in questione ha la personalità mediatica di una rockstar più che di un ministro delle Finanze, ma la rilevanza pratica dell'episodio rischia di essere sopravvalutata.

Se restiamo alla cronaca, i fatti dicono che il premier Alexis Tsipras ha rinnovato la squadra dei tecnici incaricati di trattare con Ue e Fmi, affidandone il coordinamento al viceministro degli Esteri, Euclid Tsakalotos. Molti hanno letto questa decisione come un commissariamento di Varoufakis, sacrificato dal primo ministro per ammorbidire la linea e favorire l'accordo con i creditori. Altri invece leggono la mossa come una reazione al tentativo internazionale d'isolare il ministro greco. La prima interpretazione è piaciuta molto praticamente a tutti, compresi gli investitori, che hanno reagito facendo salire le Borse. Ma siamo sicuri che abbiano ragione loro?

Dopo l'investitura di Tsakalotos, il governo ellenico ha ribadito di avere fiducia in Varoufakis, che conserva il proprio ruolo nell'Esecutivo e ottiene anche la responsabilità di supervisionare il lavoro dei nuovi negoziatori. "Sono io che imposto il tono: sono sempre io il responsabile nella trattativa con l'Eurogruppo" ha rivendicato il ministro in un'intervista al quotidiano tedesco Die Zeit. E ha precisato: "Ho la presidenza del gruppo negoziale. Prendo io le decisioni e mantengo un rapporto molto collegiale con gli altri ministri di Eurolandia, nonostante i negoziati siano molto difficili". A conferma di ciò, all'Eurogruppo dell'11 maggio, prossima data utile per sbloccare gli aiuti internazionali da 7,2 miliardi e rinviare il rischio default, la Grecia sarà rappresentata ancora una volta da Varoufakis.

Perché mai allora tanta enfasi sulla new entry Tsakalotos? La sua nomina è stata certamente una mossa tattica, ma al momento non c'è alcuna prova che coincida con un cambiamento di rotta nella linea negoziale di Atene. L'interpretazione più verosimile è perciò che Tsipras abbia voluto gettare nella partita una figura meglio inserita nel contesto dei tecnici europei (Tsakalotos, professore ed economista formato a Oxford, porta la camicia nei pantaloni e usa toni meno aggressivi rispetto a Varoufakis).

Non si tratta però solo di etichetta, ma di lavorare sui rapporti personali: l'obiettivo è evitare che l'antipatia suscitata a Bruxelles dal ministro delle Finanze - spesso inutilmente narcisista - ostacoli ulteriormente una trattativa di per sé complicatissima.

L'acme drammatico dello spettacolo "Varoufakis contro tutti" è stato raggiunto a fine aprile, durante l'Ecofin informale di Riga. In quell'occasione, il ministro greco è stato definito da vari colleghi un "incompetente", un "perditempo" e un "giocatore d’azzardo". L'ostilità più accesa pare sia stata come sempre quella del presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, non nuovo a scontri memorabili con Varoufakis.

A guardare solo i curriculum, tuttavia, si rimane un po' disorientati. Si scopre infatti che il "professionista Dijsselbloem " è laureato in economia agraria, ha falsificato il proprio curriculum inventando un master mai conseguito e si è meritato dal Financial Times il soprannome di "Dijsselblood", perché "ogni volta che apre bocca il sangue scorre sui mercati".

Invece "l'incompetente Varoufakis " ha una laurea in matematica e statistica, un dottorato in economia, ha insegnato nelle università di tre continenti e gode della stima e dell'appoggio del premio Nobel Joseph Stiglitz e di James Galbraith.

Sul terreno delle competenze, perciò, la battaglia è impari, ma forse anche inutile. A prescindere da chi abbia ragione, un'atmosfera da saloon non conviene a nessuno. Tsipras lo sa e per allentare la tensione ha scelto di modificare la propria squadra, ma ciò non significa che l'alterego di Varoufakis diventerà il miglior amico di Dijsselbloem.

E' quantomeno avventato, infatti, supporre che la maggiore flemma di Tsakalotos corrisponda a posizioni più concilianti con l'Europa, come dimostra una dichiarazione riportata su vari giornali internazionali: "Se non prendiamo in considerazione la possibilità di far saltare i negoziati, è ovvio che i creditori faranno passare le stesse misure che hanno imposto al precedente governo”  ha detto il viceministro degli Esteri lo scorso 26 marzo.

A rincarare la dose ed a smentire preventivamente eventuali illusioni da parte di Bruxelles, ha poi aggiunto: “Siamo intenzionalmente ambigui con i creditori perché devono rendersi conto che, nel caso in cui le cose vadano male, siamo pronti alla rottura. Se così non fosse, non potremmo negoziare". Insomma, se per Bruxelles Varoufakis è il malvagio Mr Hyde, è probabile che Tsakalotos non sarà l'inerme Dr. Jekyll.

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