di Michele Paris

Il dipartimento di Giustizia americano ha annunciato mercoledì l’ammissione di responsabilità da parte di cinque grandi banche internazionali nella creazione di una sorta di “cartello” per la manipolazione del mercato dei cambi delle valute. L’ennesimo patteggiamento che ha coinvolto i colossi finanziari ha comportato l’insolita accettazione delle accuse di condotta criminale e di quelle relative alla legislazione anti-trust, ma, come nei casi precedenti, le conseguenze effettive per i responsabili saranno del tutto trascurabili.

Quattro banche - Citigroup, JPMorgan Chase, Barclays e Royal Bank of Scotland (RBS) - si sono dichiarate colpevoli delle accuse mosse loro dal governo USA, mentre un quinto istituto - la svizzera UBS - pur essendo stata anch’essa accusata di avere manipolato il mercato delle valute, non è stata incriminata per questa ragione.

La condotta di UBS, cioè, ha spinto il dipartimento di Giustizia di Washington a revocare un precedente patteggiamento che aveva risparmiato alla banca l’incriminazione in un altro scandalo, quello del LIBOR, ovvero il tasso di riferimento interbancario. UBS ha dovuto così ammettere la propria colpevolezza in quest’ultima vicenda, caratterizzata dalla manipolazione del tasso di interesse da cui dipendono ogni giorno transizioni finanziarie in tutto il mondo per migliaia di miliardi di dollari.

Complessivamente, le cinque banche coinvolte dovranno pagare sanzioni per circa 5,6 miliardi di dollari, pari a una minima parte dei loro profitti annuali. Inoltre, buona parte della sanzione potrà essere dedotta dalle tasse.

Come hanno chiarito i giornali americani, a livello pratico nessuno di questi istituti bancari subirà conseguenze negative per i propri affari. Secondo il New York Times, “nonostante il divieto previsto dagli enti di vigilanza statunitensi”, vista l’ammissione di colpa, “queste banche si erano date da fare dietro le quinte” per ottenere apposite esenzioni che consentano loro di continuare a condurre affari negli ambiti finanziari più redditizi.

La Commissione per i Titoli e gli Scambi (SEC), ad esempio, ha già emesso numerose esenzioni di questo genere a favore delle cinque banche, in grado perciò di operare come se nulla fosse accaduto.

Oltre a ciò, il Dipartimento di Giustizia ha come al solito evitato di incriminare un solo dipendente o top manager delle banche colpevoli, accontentandosi con ogni probabilità dei già avvenuti licenziamenti dei rispettivi impiegati coinvolti nella trama criminale.

Le commissioni delle prime dieci banche del pianeta sulle operazioni relative ai mercati valutari sono state pari a 11,6 miliardi di dollari nel 2014, in calo da un picco di quasi 22 miliardi nel 2008. Secondo la stampa finanziaria, i margini di guadagno in questo settore sarebbero minori rispetto ad altri, ma le banche continuano a operarvi sia per fornire un servizio richiesto da clienti consolidati sia per cercare di attrarne di nuovi.

Il mercato dei cambi sembra essere particolarmente esposto ad abusi, poiché le agenzie federali di vigilanza negli Stati Uniti non hanno un mandato formale per sorvegliare le operazione che vengono svolte. Per fare ciò esistono speciali commissioni ma sono spesso create dalle stesse banche.

La “riforma” del sistema finanziario approvata dal Congresso americano dopo la crisi del 2008, inoltre, aveva escluso svariate transazioni in valute straniere dalle nuove regolamentazioni implementate.

Le operazioni incriminate delle cinque banche sarebbero avvenute tra il 2007 e il 2013. Lo schema preferito prevedeva che un operatore doveva acquisire un quantitativo importante di una certa valuta per poi disfarsene in un momento cruciale, così da influenzare l’andamento delle quotazioni. Queste iniziative erano in genere coordinate con gli operatori delle altre banche attraverso “chat room” on-line.

La gravità dei fatti è apparsa evidente dalle durissime parole pronunciate dalle autorità americane per descrivere le azioni delle banche. L’assistente direttore dell’FBI, Andrew McCabe, ha affermato che “il crimine è stato commesso su vastissima scala”, mentre il neo-ministro della Giustizia, Loretta Lynch, ha parlato di una “cospirazione sconvolgente”.

Queste denunce stridono però fortemente con i modesti provvedimenti punitivi stabiliti dal patteggiamento. Anzi, se simili dichiarazioni dovrebbero servire a convincere il pubblico della durezza del governo nei confronti di Wall Street, l’effetto risulta esattamente opposto, non facendo altro che sottolineare l’esiguità della pena erogata.

La più recente vicenda relativa al mercato delle valute si aggiunge allo scandalo ancora più clamoroso della manipolazione del LIBOR, scoppiato nel 2012 e nel quale erano coinvolte anche queste stesse banche.

L’elenco delle attività criminali operate da Wall Street è però molto lungo e comprende, tra l’altro, il riciclaggio del denaro dei cartelli del narcotraffico messicano, la truffa dei mutui, l’occultamento di massicce perdite dovute a investimenti speculativi e il coinvolgimento nelle operazioni illegali del finanziere ora in carcere, Bernie Madoff.

All’ampiezza e alla varietà dei crimini commessi dai grandi istituti finanziari non è mai corrisposto un solo caso di condanna esemplare, bensì quasi sempre sono stati concordati patteggiamenti tra i responsabili e il governo americano con sanzioni relativamente contenute e, in ogni caso, quasi mai pagate per intero.

Negli ambienti finanziari e sulla stampa, poi, i guai giudiziari delle banche non fanno più scalpore, come confermano anche i significativi guadagni registrati mercoledì dai titoli di UBS, Barclays e RBS.

Le autorità politiche e giudiziarie, a loro volta, hanno più volte riconosciuto pubblicamente come i giganti finanziari debbano operare di fatto al di sopra della legge, poiché l’adozione di seri provvedimenti nei loro confronti determinerebbe rischi eccessivi per la stabilità del sistema.

Così, mentre le proteste popolari nelle città americane contro la brutalità della polizia e la devastazione sociale provocata dalla crisi economica vengono represse con tutto il peso dell’apparato della sicurezza e del sistema giudiziario, i crimini infinitamente più gravi dell’industria finanziaria sono sempre perdonati o, tutt’al più, scontati senza sforzo con multe più o meno ridicole, considerate a tutti gli effetti come una sorta di tassa per continuare a fare affari al di fuori dei vincoli della legge.

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