Il 24 marzo 2016 la Corte Penale Internazionale per l’ex Jugoslavia nel totale silenzio mediatico, ha scagionato Slobodan Milosevic dalle responsabilità per i crimini di guerra della guerra serbo-bosniaca 1992-1995.Inizio modulo Erano passati dieci anni dal 15 marzo 2006, quando a Belgrado, davanti a 50.000 persone, si celebrava il funerale di Slobodan Milosevic, l’ex-leader della Serbia che fu al potere nel decennio del sanguinoso tracollo della Jugoslavia. Dieci anni fa i suoi fedelissimi in strada gridavano il loro atto di accusa contro il Tribunale Penale Internazionale dell’Aja, gli USA e l’Occidente imperialista che per anni definirono Milosevic il “macellaio dei Balcani”. 

 

Il 24 marzo 2016, il Tribunale Penale Internazionale per la Jugoslavia condannò a 40 anni Radovan Karazdic, capo dei serbi di Bosnia, per il massacro di Srebrenica e i crimini compiuti durante l’assedio di Sarajevo, rivelando però come non esistessero prove contro Milosevic. Si è trattato di una assoluzione - per quanto irrituale e postuma - a tutti gli effetti di un presidente socialista eletto più volte dal suo popolo, morto tra le sbarre in circostanze ancora non chiare dopo anni di detenzione.

Il magistrato coreano O-Gon, prima di scrivere le motivazioni di condanna per Karazdic, era anche tra i giudici che stavano processando Milosevic. I magistrati internazionali hanno fatto il loro lavoro in tempi lunghi perchè enormi erano le implicazioni politiche che essa comportava. 

Con una sentenza conclusiva, la Camera di primo grado del TPI dell’Aja ha unanimemente sentenziato che Slobodan Milosevic non era parte di una “impresa criminale congiunta” per perseguitare musulmani e croati durante la guerra in Bosnia. La sentenza del 24 marzo 2016 afferma che “la Camera ha stabilito che non vi erano prove sufficienti presentate in questo caso, per stabilire che Slobodan Milosevic fosse parte di un progetto per scacciare i musulmani bosniaci e i croati bosniaci dal territorio serbo-bosniaco…”.

I giudici hanno sottolineato come Slobodan Milosevic e Radovan Karadzic avessero, all’inizio della guerra, operato per la conservazione della Jugoslavia e che Milosevic era rimasto sempre schierato su questa posizione. La Camera del TPI ha stabilito che … Slobodan Milosevic ha sempre perseguito questo obiettivo ed era contro la secessione della Bosnia-Erzegovina…”. La Camera ha rilevato che “…l’autoproclamazione di sovranità da parte dell'Assemblea della BiH in assenza dei delegati serbo-bosniaci il 15 ottobre 1991, fece precipitare la situazione”, e che Milosevic aveva una posizione cauta circa la costituzione della Repubblica Srpskaja come risposta, a cui si oppose decisamente. Milosevic, fino all’inizio dei bombardamenti della Nato sulla Serbia, aveva cercato un accordo con gli occidentali e fu la Segretaria di Stato USA Madeleine Albright a decidere che quell’accordo non dovesse essere siglato. La stessa sentenza, a più riprese ribadì, citando documenti, l’esistenza di divergenze sostanziali tra Milosevic e Karadzic in diversi passaggi cruciali della tragica crisi. Negli anni Ottanta, gli Stati Uniti hanno pianificato la frammentazione della Jugoslavia e nel 1991 con alcuni partner europei (Inghilterra, Germania) davano inizio alla sua dissoluzione. La Federazione Jugoslava era uno Stato internazionalmente riconosciuto, ogni ingerenza esterna implicava atti contrari al Diritto Internazionale. Il protocollo distruttivo, testato in Jugoslavia, consisteva in cinque punti dal risultato micidiale per la nazione sotto tiro: annullamento di qualsiasi prestito, finanziamento e richiesta di restituzione del debito; finanziamenti a gruppi nazionalisti d’estrema destra perché acquisiscano il potere e intervengano nell’equilibrio politico del Paese; imposizione di sanzioni commerciali, culturali e sanitarie sulla base di eventi improbabili, spesso provocati se non inventati; lancio di una campagna di disinformazione mainstream martellante per convincere l’opinione pubblica che l’antagonista è il grande nemico, e la creazione di notizie o false flag per giustificare qualsiasi azione militare; intervento armato per “ragioni umanitarie”.

In un discorso profetico alla nazione del 2 ottobre 2000, Slobodan Milosevic disse chiaramente come sarebbero andate le cose, come sarebbe avvenuto lo smembramento della Jugoslavia a seguito di manifestazione organizzate dalla destra nazionalista di Opposizione Democratica di Serbia e del movimento studentesco Otpor!, finanziati dal filantrocapitalista George Soros, non sicuri di vincere le elezioni. Tutto sfociò nella Bager Revolucija, la “Rivoluzione dei bulldozer” che detronizzò il Presidente serbo il 5 ottobre 2000. Il 30 ottobre 2005 lo stesso Milosevic aveva osservato con grande realismo: “…se questo Tribunale per quanto illegale, riesce anche a ignorare le falsità clamorose contenute negli atti di incriminazione… tanto vale che leggiate la sentenza contro di me, la sentenza che siete stati istruiti ad emettere… Se la Corte non si rende conto dell’assurdità del rinvio a giudizio letto ieri in aula, dove si sostiene che la Jugoslavia non è stata vittima di un attacco della NATO, ma ha aggredito sé stessa, è consigliabile risparmiare tempo e passare direttamente alla sentenza. Leggetela e non mi annoiate…”.

Slobodan Milosevic ha dovuto trascorrere gli ultimi cinque anni della sua vita in carcere, difendendo se stesso e la Serbia dalle false accuse di crimini di guerra che, come è stato rivelato, stava cercando di fermare. Le accuse più gravi che Milosevic ha dovuto affrontare, tra cui quella di genocidio, erano tutte in relazione alla Bosnia. Solo dieci anni dopo la sua morte, il TPI dell’Aja ha ammesso che non era colpevole.

Il TPI ha cercato di non pubblicizzare il fatto che Milosevic era stato giudicato estraneo a crimini di guerra ed alla loro pianificata, confidava che le 1.303 pagine riguardanti il presidente serbo-jugoslavo, sepolte tra le 2.590 pagine del verdetto Karadzic, sarebbero rimaste ignorate. Infatti è stato solo grazie a siti serbi e russi, e ad una delle poche eccezioni in Occidente, rappresentata dal sito del giornale inglese The Guardian, che questa notizia si è diffusa a livello internazionale.

Occorre ricordare che Slobodan Milosevic è morto per un attacco di cuore dopo 5 anni di detenzione e appena due settimane dopo che il Tribunale gli aveva negato la sua richiesta di sottoporsi ad un intervento chirurgico al cuore in Russia. È stato trovato morto nella sua cella, meno di 72 ore dopo che il suo avvocato aveva consegnato una lettera al Ministero degli Esteri russo in cui denunciava il timore di essere stato avvelenato. Il rapporto ufficiale del Tribunale sulla motivazione circa la morte ha confermato che nel campione di sangue, prelevato da Milosevic il 12 gennaio 2006, era stato trovato del Rifamicin (un farmaco non prescritto per le sue cure), e che per “intoppi burocratici” non era stato comunicato a Milosevic fino al 3 marzo 2006. Milosevic è infatti deceduto l’11 marzo 2006. La presenza di Rifamicin nel sangue di Milosevic avrebbe contrastato il farmaco per l’alta pressione del sangue che egli stava prendendo, aumentando così il rischio di attacco di cuore come quello che alla fine l’ha ucciso.

A causa della sua morte, il processo contro di lui è stato sospeso il 14 marzo 2006, ma il TPI non ha mai effettuato alcuna indagine adeguata ed indipendente sulle reali cause della morte del presidente Milosevic. I risultati delle indagini interne svolte dal Tribunale stesso sono stati bocciati con una riserva della Russia nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU, basata su una serie di accertamenti medici, dove è chiaro che al Presidente Milosevic è stato rifiutato un trattamento adeguato, quando a causa della sua malattia, la sua vita era gravemente a rischio, e quindi che il Tribunale sia colpevole di un omicidio giudiziario. Intercettazioni prese al Dipartimento di Stato USA e svelate da Wikileaks, confermano che il TPI ha discusso lo stato di salute di Milosevic e le sue cartelle cliniche con il personale dell'ambasciata degli Stati Uniti all’Aja senza informare nessuno. Molti esperti e studiosi internazionali hanno denunciato tutto questo come un disegno intenzionale di potenti interessi geopolitici, che preferivano non far arrivare vivo Milosevic alla fine del suo processo, con la possibilità che finisse assolto e che le loro criminali menzogne ​​rivelate.

Nel caso di Slobodan Milošević c’è stato una condanna politica ed umana senza appello e senza prove. Nel 2021 è stato ripubblicato il libro della casa editrice Zambon curato da Jugocoord che racconta minuziosamente il “processo” contro il leader jugoslavo, nel tentativo di affermare la verità storica su quello che successe non solo a Milošević ma all’intero popolo jugoslavo. 

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