di Bianca Cerri

Ronald Reagan morì il cinque agosto 2004. La ricorrenza è caduta proprio mentre George Bush era in Europa, e i suoi funerali sono stati celebrati molti giorni dopo proprio per dare tempo al presidente di tornare negli Stati Uniti. Nel frattempo, è iniziata una campagna mediatica tesa a pennellarne l’immagine fino a trasformarla in quella di un eroe. In realtà, Reagan non fu altro che l’espressione peggiore di un’America guerrafondaia all’estero e patriarcale e razzista all’interno; che segregava le donne con il pretesto di proteggerle e sottometteva con la forza i migranti che osavano oltrepassare i suoi confini. Come ha osservato un grande poeta, ci sono uomini simili ai porcospini, che sanno essere furbi solo quando conviene. Il segreto di Ronald Reagan fu tutto qui, nel saper capitalizzare a proprio vantaggio lo scontento del suo paese. Tutti gli attribuiscono oggi doti oratorie che in realtà non ebbe mai. Sono semmai le sue gaffes, che lo resero celebre in tutto il mondo. L’uomo era dotato, soprattutto, di una crassa ignoranza riguardo i temi con i quali un uomo di stato dovrebbe avere confidenza; ma forse proprio questa fu in qualche modo la sua fortuna. Le sue doti di attore non furono certo memorabili, mentre risultò assai più efficace come spia del FBI in pieno maccartismo; denunciava i colleghi e chiunque gli capitasse a tiro sospettando di comunismo chiunque avesse un pensiero. Arrivato alla politica dopo aver girato trenta film di cui si è persa la memoria, venne eletto governatore della California nel 1967 e non esito a reprimere duramente la protesta degli studenti di Berkley nei confronti della guerra del Vietnam per crearsi una fama di “uomo d’acciaio”.

Nel 1980, venne eletto presidente e resterà alla Casa Bianca per otto anni. L’America era allora in un momento buio della sua storia, essendo uscita umiliata dalla vicenda degli ostaggi in Iraq. Reagan fu estremamente abile nel convincere il paese che il grande sogno non era finito. Invece sarà proprio lui a fare a pezzi l’economia impoverendo ulteriormente i ceti poveri e aprendo la strada ad un neo-liberismo privo di qualsiasi regolamentazione. Milioni di giovani afro americani ed ispanici vennero arrestati con il pretesto della guerra alla droga, Chiusi in fortezze di acciaio e cemento avrebbero conosciuto abusi e sevizie sessuli, razzismo, terrore, brutalità.

Come tutti i soggetti monomaniacali, che difficilmente hanno amici veri, Reagan restò, a dispetto del potere, un uomo solo, condizionato da un’unica grande fissazione: sconfiggere il comunismo. Per scongiurare il rischio alquanto remoto di una calata di bolscevichi a Wall Street,strinse alleanze con i dittatori più sanguinari del Centro America e mise in piedi il più efficace apparato di “agit prop” della storia. Nel 1983, con la scusa di compiere un “intervento umanitario”, Reagan fece invadere Grenada ed ebbe inizio un’intricatissima storia della quale nessuno riuscirà mai a venire a capo. Chi non aveva creduto di trovarsi davanti ad un uomo pericoloso perché troppo stupido fu costretto a ricredersi davanti all’infinita serie di follie e alla lunga scia di sangue che caratterizzarono la presidenza Reagan.

L’olocausto del Centro America, che toccò Guatemala, El Salvador e Nicaragua rimane ancora oggi uno dei crimini più atroci mai commessi contro l’umanità. Decine di migliaia di persone furono uccise e mutilate dagli squadroni della morte addestrati dagli americani e altre migliaia scomparvero nel nulla per non ricomparire mai più. Quelle che riuscirono a sopravvivere videro lacerarsi la propria anima a causa degli orrori cui avevano assistito. Almeno 200.000 esseri umani furono immolati alle fobie anti-comuniste di Ronald Reagan. Tra loro c’erano studenti, sacerdoti, attivisti politici, contadini. E quando tre anni fa si tennero le sue esequie, il pensiero di molti volò alle madri dei cinquemila bambini del Salvador uccisi senza motivo dalle milizie armate e sepolti in fosse comuni.

Il suo vice, George Bush, padre dell’attuale presidente, ne seguì – con maggiore acume politico – le orme ideologiche. Stesso discorso per l’attuale inquilino della Casa Bianca, che con le stesse facoltà cognitive di Reagan, determina un identico pericolo per la sicurezza collettiva. La morte di un presidente si riflette inevitabilmente sulla memoria collettiva di un paese. E non c’è dubbio che le strategie di Reagan siano state una tragedia anche per la coscienza politica ed il tessuto sociale degli Stati Uniti.

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