di Carlo Benedetti

MOSCA. Come in un copione scritto da Stephen King: a volte ritornano. E questa volta tocca a Lev Davidovic Trotskij che, assassinato il 20 agosto del 1940 e bollato dalla storia del comunismo sovietico come "nemico acerrimo del leninismo”, si presenta, puntuale, all’appuntamento del XII congresso dei comunisti di Zjuganov. Tutto avviene mentre un documento “riservato” (saverscenno sekretno) circola nelle organizzazioni periferiche del Partito Comunista della Russia. Viene dal vertice dell’ortodossia - la Commissione centrale di Controllo - e mette in guardia gli iscritti da un serio “pericolo” che minaccia l’unità del partito. Perchè - è detto nella circolare - ci sono elementi che diffondono teorie e tattiche neotrotkiste. E vengono fuori i nomi. In primo luogo quello di Pavel Basaniez, un attivo e combattivo dirigente dei comunisti che operano nei quartieri occidentali della capitale. Personaggio sempre presente in tutte le manifestazioni di massa e noto per aver più volte attaccato la politica del Cremlino e di Putin in particolare. Scomodo, quindi, perchè incontrollabile. Esponente di uno zoccolo duro ma anche forte dell’appoggio dell’ex vice direttore della Prava, Anatoly Baranov, che oggi è la voce su Internet dell’intero partito. Ed è appunto in questa funzione che s’impegna a diffondere i discorsi del “neotrotskista” Basaniez. Zjuganov, per ora, incassa in silenzio perchè sa che la situazione si sta complicando sempre più. C’è in vista la sua sostituzione e la lotta all’interno del Partito è notevole. C’è l’ideologo Ivan Melnikov - un docente universitario ben visto negli ambienti dell’intellighentsija post-sovietica - che è già vice presidente del Partito; quindi l’agronomo Vladimir Kascin, un duro che non cura l’immagine e che si presenta come custode della vecchia ortodossia. Dalla sua parte c’è Ziuganov e, soprattutto, c’è (indirettamente) gran parte dell’entourage di Putin che punta a fare di lui una testa di ponte allo scopo di screditare sempre più il volto dell’organizzazione comunista.

Lotta aperta, quindi. Tanto che tra le file dei comunisti russi il tema centrale è oggi quello della successione a Zjuganov. Si legge e si rilegge il documento intitolato: “Sulla pericolosità di manifestazioni trotskiste nel Partito”. E c’è già chi - su indicazione del vertice - compila le liste dei trotskiti che si annidano nel Partito. Si torna, indirettamente, a quella lotta che si scatenò nelle organizzazioni dei bolscevichi dopo la morte di Lenin, quando tutti i potenziali successori si unirono contro quello che era considerato come il più probabile candidato alla direzione: Lev Trotskij. Ora la corsa ad unirsi è contro Melnikov, accusato di simpatia per le ali trotskiste. Ma la storia ricorda ed insegna che negli anni del dopo-Lenin le accese competizioni finirono per dare la “vittoria” ad un personaggio che sembrava un po’ in ombra: Stalin. Anche questa volta una figura nuova starebbe per salire al vertice dei comunisti russi?

La domanda è così quella relativa al dopo-Zjuganov: Melnikov o Kascin? Su questa vicenda aleggia l’idea di una eventuale scissione. Che potrebbe portare ad una rifondazione dello stesso Partito, con la comparsa sulla scena di un’ala riformista legata alle grandi socialdemocrazie europee contrapposta all’ala trotskista. All’erede di Ziuganov, l’agronomo Kascin (nel 2005 fu lui a lanciare un documento antisemita), resterebbe un partito che non ha ancora trovato la sua precisa collocazione nella società post-sovietica e che ora, tra l’altro, “riscopre” il trotskismo come pericolo per la vita stessa del comunismo russo.

Ma c’è un altro aspetto che si presenta con forza nella vita politica locale. Riguarda lo sviluppo di formazioni di stampo anarchico. Si registrano, infatti, nuove testate giornalistiche ispirate ai principi del vecchio Bakunin e torna di moda l’ucraino Nestor Machno, sul quale la tv punta la sua attenzione con un serial di nove puntate. E così il movimento anarchico, che in tutto il periodo sovietico si era mosso in maniera clandestina, torna alla luce. Escono libri e riviste e si torna a scoprire l’eroe leggendario degli anni rivoluzionari. Esce, in proposito, anche un libro di Paul Avrich (“Russkie anarchisti - 1905-1917”) edito dall’editrice Zentrpoligraf in 3000 copie.

Contemporaneamente i nuovi anarchici russi diffondo alcuni brani scelti dall’opera di Avrich “Gli Anarchici nella rivoluzione russa”. In particolare l’introduzione del libro viene presentata come un nuovo manifesto. Ed è in questi volantini che appaiono a Mosca che si ricorda come “per un certo periodo, i rapporti tra Machno e i bolscevichi rimasero ragionevolmente amichevoli e la stampa sovietica lo esaltò come un "coraggioso partigiano" e un grande leader rivoluzionario”. Ma si sa che la buona armonia non poteva nascondere la fondamentale ostilità tra i due gruppi. Ai comunisti non andavano a genio né il carattere indipendente dell'esercito degli insorti di Machno, né il forte potere di attrazione che questo esercitava sui loro seguaci nelle campagne; i machnovisti, dal canto loro, temevano che prima o poi, l'Armata Rossa avrebbe tentato di ricondurre all'ovile il movimento. Poi, col crescere degli attriti, i giornali sovietici cessarono di elogiare i machnovisti e cominciarono ad accusarli di essere "banditi anarchici".

Oggi si torna a parlare sia di Trotskij che di Machno. Trotskisti ed anarchici si incontrano in alcune librerie della capitale dove si possono trovare opere sulla storia della rivoluzione e del movimento operaio internazionale. Il tutto nel quadro di una rilettura della società che va seguita con attenzione: emergono nuovi interessi politici ed ideologici che vengono avanti nonostante le manovre e le “idee” del capitalismo selvaggio. Che, guarda caso, riscopre in questi giorni anche Gorbaciov, che del vecchio partito comunista dell’epoca sovietica fu l’ultimo segretario destinato a spegnere la luce nella sede del Pcus. L’attenzione nei suoi confronti è dovuta al fatto che per fargli fare cassa viene di nuovo utilizzato per la pubblicità. Un tempo era con la Pizza Hut ed ora è passato alla Louis Vuitton: appare seduto in una auto lussuosa e ha accanto, in bella evidenza, una borsa della ditta per la quale “lavora”.

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