di Daniele John Angrisani

Della vittoria elettorale, più o meno lecita, del partito di Vladimir Putin alle elezioni della Duma, si è detto di tutto e di più in questi giorni. Ma, a prescindere dalle parole, un dato è certo: la popolarità di Putin, sebbene spinta alle stelle dalla massiccia propaganda a suo favore da parte della televisione (completamente controllata dal Cremlino), è genuina e radicata nel popolo russo, che lo vede come colui che ha permesso alla Russia di riprendere il proprio posto nel mondo dopo le umiliazioni degli Anni Novanta e la profonda crisi economica del periodo post-sovietico. In questi ultimi anni, infatti, grazie sia alla stabilità politica garantita dal regime Putin, sia dagli enormi afflussi di denaro a causa dell'aumento siderale del prezzo del petrolio e del gas, principali prodotti di esportazione dell'economia del Paese ex sovietico, i cittadini russi hanno potuto sperimentare sulla propria pelle un benessere mai ottenuto prima. Le città russe, in particolar modo Mosca e San Pietroburgo, hanno visto un proliferare di negozi di lusso e di ricchezza sempre più diffusa, che ha permesso, tra le altre cose, la nascita di un embrione di classe media che potrebbe essere molto importante per il futuro del Paese. Diciamocelo: nonostante il quadro oscuro dipinto dai media occidentali, la Russia attuale, come ha dovuto ammettere la stessa Condoleeza Rice, non è certo l'Unione Sovietica. Non sarà il paradiso della democrazia, di sicuro, ma i russi si concedono oggi libertà che solo 20 anni fa erano per loro impensabili, come quella di criticare più o meno apertamente il proprio governo, o ancora di più muoversi al di fuori dei confini senza problemi di alcun tipo. Per un Paese che era conosciuto al mondo per la sua Cortina di Ferro, è un enorme passo avanti. Questo senza nulla togliere alle tante, troppe, distorsioni del regime di Putin: anzitutto la quasi cronica mancanza di libertà di stampa (le voci indipendenti sono poche e spesso sottoposte a pressioni di tutti i tipi) e la completa dipendenza dell'apparato politico-giudiziario dalla volontà del Cremlino, ovvero di Vladimir Putin, di cui abbiamo parlato più volte. Ma come afferma Evghenyi Evtushenko, poeta famoso in tutto il mondo ed oppositore della prima ora del regime di Putin, "quale Paese può oggi nel mondo affermare di essere una democrazia perfetta?". Non certo l'America di Bush, soprattutto dopo le vergogne di Abu Ghraib e Guantanamo. Ma la questione è ben più complessa di questa.

Anzitutto che tipo di alternativa hanno oggi i russi al regime di Putin? I due partitini liberali che hanno preso meno del 2% ognuno, Yabloko e Unione delle Forze di Destra, sono dei fantasmi appassiti rispetto alla loro forza durante gli Anni Novanta, quando (guarda caso) erano funzionali alla politica del Cremlino di Eltsin. In particolare Unione delle Forze di Destra, partito che afferma di riconoscersi nel liberalismo all'occidentale, è ispirato da uno dei più grandi monopolisti di Stato russi, Anatolj Chubais, il presidente della società elettrica statale UES Energy, nonché patrono indiscusso delle privatizzazioni corrotte degli Anni Novanta e per questo motivo una delle persone più odiate dai russi. Poteva forse una persona del genere mettere in discussione la popolarità di Vladimir Putin? O forse poteva farlo il nuovo eroe dell'Occidente, l'ex campione di scacchi ora datosi alla politica, Garry Kasparov, che le spara sempre più grosse per avere un minimo di popolarità?

"Non stanno solo rubando le elezioni", ha affermato il nostro alla Reuters, "ma stanno violentando l'intero sistema elettorale. Queste elezioni sono una farsa, sono come le elezioni sovietiche dove non vi era alcuna scelta... Putin vuole governare come Stalin". Putin come Stalin? Prima di tutto, è curioso notare come la Reuters si sia finalmente interessata alle irregolarità elettorali, a distanza di quasi otto anni dalla vergogna delle elezioni in Florida che hanno dato la presidenza a George W. Bush. Ma allora, di tutto questo can can non vi era quasi alcuna traccia, e men che meno di interviste a persone che dichiaravano l'illegittimità di quelle elezioni. Ma tralasciando questi "piccoli" particolari, c'è da dire che se veramente Putin fosse come Stalin, ora Kasparov non si potrebbe permettere certo queste dichiarazioni (riportate tra l'altro da buona parte dei blog russi su Internet ed in diretta televisiva in tutto il mondo, Tg1 compreso), ma si troverebbe, molto probabilmente, in ceppi su un treno diretto in qualche gulag siberiano, assieme a qualche centinaia di suoi collaboratori.

Ma quello che più fa riflettere del fenomeno Kasparov è altro. Riportando sempre dal citato articolo della Reuters, ad un certo punto si afferma testualmente che "il movimento di Kasparov non ha granché supporto in Patria, ma è molto popolare in Occidente". Vale a dire, in altre parole, che Kasparov non ha alcuna base reale in Russia, e viene definito, abusivamente, come capo dell'opposizione, solo perchè così è stato deciso altrove. Come mai? Garry Kasparov, tra le altre cose, scrive articoli per il Wall Street Journal, testata storica della destra americana, da poco finita nelle mani di Murdoch. Ma i suoi legami con i neoconservatori USA non si fermano qui. Nel 1991 infatti, Kasparov aveva ricevuto un premio dal Centro per la Politica di Sicurezza (un think tank della destra americana), per la resistenza al regime comunista e la sua propaganda a favore della democrazia. Come è stato scritto nero su bianco nel documento che accompagnava il premio da lui ricevuto, si era trattato di una eccezione nel suo caso in quanto, solitamente, tale premio era dato solo "a coloro che avevano devoluto la propria intera carriera pubblica alla difesa degli Stati Uniti e dei valori americani nel mondo".

Ma non è finita qua. Nell'aprile 2007, fonti vicine al Cremlino hanno lasciato trapelare la notizia che Kasparov fosse stato, per un momento della sua vita, membro direttivo del Consiglio di Sicurezza Nazionale del Centro per la Politica di Sicurezza. Lo stesso Kasparov ha dovuto ammettere tale episodio, ma anche affermato di aver chiesto di essere rimosso, non appena venutone a conoscenza. Lo stesso Kasparov ha poi affermato di non aver saputo nulla della sua membership e di ritenere che questa gli fosse stata assegnata di default, per il premio ottenuto nel 1991. Molto strana come cosa, ma sta di fatto, comunque, che lo stesso Kasparov ha mantenuto forti i suoi legami con i neocon americani, ed è spesso l'ospite d'onore in incontri organizzati da think tank della destra americana come l'Hoover Institute.

Dubbi? Per concludere questa piccola carrellata sulla carriera politica di Kasparov, diamo allora nomi e cognomi. Ecco la lista di alcuni personaggi che hanno ottenuto lo stesso premio di Kasparov, dopo di lui: 1995, Ronald Reagan; 1996, Newt Gringrich; 1998, Donald Rumsfeld; 2003, Paul Wolfowitz; 2007, Joe Lieberman (appena passato ai repubblicani). E chi sono i principali esponenti del Centro per la Politica di Sicurezza che dona questo premio? Richard Perle e Douglas Feith, solo per fare alcuni nomi. Vi suonano per caso familiari? Dovrebbe, in quanto si tratta del fior fiore dell'estabilishment neocon dell'Amministrazione Bush. Bisognerebbe chiedersi a questo punto se la presenza di Kasparov, tra questi personaggi, sia solo un caso o meno. Lascio all'intelligenza dei lettori di questo taccuino trarne le ovvie conclusioni. Quel che è sicuro è che, finché queste persone rappresenteranno all'occhio del mondo, e soprattutto dei russi, l'opposizione al regime di Putin, a quest'ultimo non serviranno neppure i brogli per durare almeno altri venti anni, senza paura di essere scalzati da nessuno. E tanti saluti alla democrazia.

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